Infertilità e Sterilità: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come le definisce?

Qualche anno fa il Ministero della Salute ha promosso la Giornata Nazionale del “Fertility Day”, una campagna dedicata alla formazione e all’informazione sulla fertilità, procreazione e riproduzione umana, con l’obiettivo di aumentare soprattutto nei giovani la conoscenza sulla propria salute riproduttiva e fornire strumenti utili per tutelare la fertilità attraverso la prevenzione, la diagnosi precoce e la cura delle malattie che possono comprometterla. L’idea di promuovere il “Fertility Day” deriva dai risultati di numerose ricerche, i quali riportano che nell’ultimo ventennio 1 coppia su 5 ha difficoltà a procreare per vie naturali per cause di infertilità che riguardano parimenti l’uomo e la donna nel 40% e per il restante 20% la coppia.

L’OMS per infertilità intende quella condizione in cui una coppia dopo almeno un anno di rapporti sessuali continuativi e non protetti non riesce ad ottenere una gravidanza nonostante la presenza di un buono stato di salute apparente dei partner. Per sterilità invece si fa riferimento all’impossibilità del concepimento a causa di una condizione fisica permanente che colpisce uno o entrambi i partner, quali la presenza di azoospermia (assenza di spermatozoi nell’eiaculato), menopausa precoce o Sindrome di Rokitansky (rara malformazione che determina assenza congenita di utero e tube).

Fertility-DayDa un punto di vista psicosessuologico, cosa succede ad una coppia quando la volontà di procreare e il desiderio di un figlio si scontrano con una evidente difficoltà nel concepimento?

L’infertilità e la sterilità rappresentano un momento di forte crisi e stress nella coppia, i partner vivono nell’angoscia di finalizzare l’atto sessuale alla procreazione, ma soprattutto si vergognano di raccontare ai medici la parte più intima della loro relazione. Inoltre, vi è una diminuzione dell’autostima personale e sessuale poiché l’incapacità di generare può essere confusa con l’inadeguatezza sessuale, provocando nel partner infertile la perdita della capacità di sentirsi attraente ed in grado di attrarre. Ulteriormente, i rapporti sessuali esperiti in funzione non più del piacere, ma del desiderio di avere un bambino, possono generare paure, ansie, sconforto, senso di fallimento e perdita della speranza, pertanto l’attività sessuale spogliata del suo potenziale riproduttivo viene vissuta come vuota e meccanica.

relazione-fecondaQual è l’iter che una coppia infertile deve seguire quando decide di rivolgersi al medico o a centri specializzati in medicina riproduttiva per una richiesta di assistenza medica?

In primis, la coppia deve essere consapevole che inizia un percorso che può durare a lungo e che prevede una fase diagnostica e una fase terapeutica, spesso da percorrere a tappe. Pertanto allo stato di grande disagio psichico che la coppia vive dal momento in cui scopre la propria condizione di infertilità, si aggiungono l’ansia di non potere risolvere “subito” il problema, la necessità di utilizzare energie fisiche e psicologiche, oltre che l’impegno di tempo, per affrontare le varie tappe del percorso, la depressione per gli eventuali fallimenti ed il rischio di non recuperare le forze sufficienti per andare avanti, dunque la qualità di vita, le relazioni famigliari, sociali e lavorative ne possono risentire.

La fase diagnostica è finalizzata alla ricerca della causa, o delle cause, dell’infertilità, ma non sempre è possibile giungere ad una diagnosi certa. Nel momento in cui una coppia “scopre” di non riuscire ad avere figli, entrambi i partners devono essere valutati con indagini di primo livello che prevedono:

  • anamnesi personale e famigliare della coppia;
  • esame obiettivo ed ecografia pelvica per la donna;
  • esame obiettivo, eco-colordoppler scrotale, dosaggi ormonali e due o più esami del liquido seminale per l’uomo.

Successivamente, l’iter diagnostico può seguire strade diverse a seconda della presenza di fattori femminili e/o maschili di infertilità.

Quali possono essere i fattori femminili di infertilità?

  1. Disturbi del ciclo ovulatorio: tra questi, i più frequenti sono rappresentati dall’ovaio micropolicistico (PCOS), dalla assenza (amenorrea) o irregolarità (oligomenorrea) del ciclo mestruale di origine ipotalamo-ipofisaria, dall’aumento della secrezione di prolattina (iperprolattinemia).
  2. Alterata funzionalità delle tube: impervietà, stenosi, alterata motilità, fimosi delle fimbrie, danno dell’apparato ciliare. Nella maggior parte dei casi, il danno alle tube è provocato da episodi infiammatori che sono quasi sempre asintomatici.
  3. Endometriosi o adenomiosi: è una malattia molto frequente e rappresentata dalla presenza di tessuto endometriale (l’endometrio è la mucosa che riveste internamente la cavità dell’utero) in sede ectopica, per lo più pelvica. L’alterazione della funzionalità dell’utero può provocare sintomatologia dolorosa.
  4. Alterazioni dell’utero: rappresentate da malformazioni congenite (utero bicorne, setti, subsetti) o patologie acquisite (fibromi, endometriti, polipi, sinechie).
  5. Fattori genetici e congeniti: alterazioni numeriche o strutturali del cariotipo possono rispettivamente provocare una menopausa precoce o un elevato rischio di aborti ripetuti.
  6. Terapie anti-tumorali: cicli di chemio e/o radioterapia possono distruggere la funzionalità del tessuto ovarico provocando una menopausa precoce.
  7. Fattori nutrizionali, abitudini di vita, malattie sistemiche, stress: è chiaramente dimostrato che l’abuso di alcool, fumo e droghe può costituire un fattore di rischio riproduttivo. Anche l’insorgenza in età giovanile di malattie metaboliche o autoimmuni danneggiano, spesso in maniera importante, gli organi riproduttivi. Disturbi alimentari come anoressia o obesità, possono portare a gravi alterazioni del ciclo ovulatorio, oltre a compromettere lo stato di salute generale della donna.
  8. Fattore età: assume un ruolo di fondamentale importanza nella fecondità femminile. Il culmine della fecondità si raggiunge verso i 20-24 anni, dopo i quali inizia una lenta ma costante riduzione, che diventa più rapida dopo i 38-40 anni. L’età superiore ai 40 anni può rappresentare da sola la causa primaria della infertilità. Con l’avanzare dell’età, da un lato si riduce progressivamente il numero ovociti disponibili, dall’altro essi vanno incontro ad un ineluttabile invecchiamento con conseguente diminuzione della loro qualità. Il maggiore tempo di esposizione a fattori di rischio quali infezioni, endometriosi, fibromi ecc, può inoltre compromettere ulteriormente la fertilità. Il progressivo procrastinare della età media alla quale le coppie decidono di riprodursi, ha quindi ripercussioni fondamentali sulla fertilità.

Quali possono essere i fattori maschili di infertilità?

  1. Alterazioni ormonali: modificazioni del funzionamento dell’ipofisi, della tiroide, delle ghiandole surrenali o della parte endocrina del testicolo stesso possono alterare il processo di formazione degli spermatozoi (gametogenesi).
  2. Varicocele: si tratta di una dilatazione anomala del sistema venoso che drena il testicolo che tende ad alterare la qualità del liquido seminale.
  3. Infiammazioni genitali: acute o croniche dei testicoli, della prostata o dell’uretra possono alterare la qualità dello sperma.
  4. Cause iatrogene: alcuni farmaci possono inibire la produzione di spermatozoi direttamente e/o alterando i livelli di alcuni ormoni.
  5. Patologia testicolare: traumi, torsioni, neoplasie, orchite, criptorchidismo e interventi chirurgici a carico dei testicoli sono coinvolti nell’ alterazione della gametogenesi.
  6. Malattie sistemiche: possono indurre un deficit della gametogenesi quali malattie autoimmuni, diabete, insufficienza epatica e renale, sarcoidosi.
  7. Problemi sessuali: pudori e desiderio di paternità possono nascondere problemi sessuali quali eiaculazione precoce (ante portam), anaeiaculazione o disfunzione erettile.

Il percorso diagnostico prevede su entrambi i partners una serie di esami relativamente semplici. Troppo spesso, però, queste indagini vengono diluite nel tempo (consiglio, prescrizione, effettuazione) e negli spazi (strutture sanitarie di diversa tipologia), richiedendo un consumo di tempo e di energie che non possono che creare “ansia”. La coppia infertile vive il “tempo” come un bene prezioso sotto tutti i punti di vista. Ridurre e razionalizzare i tempi laddove è possibile può aiutare le coppie a vivere con minor ansia la condizione di infertilità.

Come si struttura la fase terapeutica?

Il percorso terapeutico deve osservare alcune regole fondamentali: ripristinare la fertilità spontanea ogniqualvolta sia possibile; consigliare alla coppia un tempo “di attesa” (massimo 6-12 mesi) prima di qualsiasi trattamento quando la probabilità statistica di un concepimento naturale è ancora relativamente elevata; scegliere il trattamento considerato “ottimale” in base a criteri di invasività, efficacia e rischi; sconsigliare di accedere al percorso terapeutico qualora esistano nella coppia condizioni tali da rendere ogni trattamento oggi disponibile ad elevato rischio di insuccesso. Nella scelta del trattamento devono inoltre essere tenuti in considerazione: l’età della partner femminile, ricordando che, oltre i 35 anni, fattori fisiologici di declino della fecondità possono divenire più determinanti dei fattori patologici; la durata della infertilità, ricordando che una durata superiore a 3 anni può sottintendere una compromissione degli organi riproduttivi più severa di quanto gli esami diagnostici abbiano potuto mettere in evidenza; la possibile e frequente associazione di più fattori incrociati nella coppia. Ogni coppia deve di conseguenza essere correttamente informata sulle varie possibilità di trattamento, sulle complicanze, sulle possibilità di successo. La scelta del trattamento deve essere un momento di stretta collaborazione tra medico e paziente, dove il medico ha il dovere di informare e la coppia il diritto di decidere.

Sitografia:

http://www.salute.gov.it

http://www.sismer.it

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

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