Contraccezione: tipologia e scelta

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In un recente articolo (Link) ho parlato di malattie sessualmente trasmissibili, dell’importanza di riconoscerle ma soprattutto prevenirle. Come? Tante sono le accortezze, tra queste si menziona il preservativo (condom o profilattico) l’unico metodo contraccettivo in grado di evitare il contatto diretto degli organi durante la penetrazione.

Ma andiamo con ordine.

Etimologicamente parlando, il termine contraccezione deriva dall’inglese contraception, composto del latino contra (contro) e di (con) ceptio (concezione) ed indica le tecniche e le pratiche utili ad evitare la procreazione. I metodi anticoncezionali vengono distinti in ante e post-concezionali, a seconda che essi prevengano il concepimento o agiscano successivamente. A tal proposito, si parla di metodi contraccettivi e metodi intercettivi (G. Russo, 2004): i primi vengono utilizzati per controllare ed impedire il concepimento, i secondi, invece, si utilizzano a concepimento avvenuto, quindi evitano l’annidamento nell’utero (l’annidamento è l’ultima fase dello sviluppo pre-embrionale). A questi si aggiunge la contragestazione, dunque il distacco dell’embrione dalla parete uterina.

La contraccezione ha origini antiche e molto interessanti: gli antichi egizi erano soliti utilizzare particolari tamponi imbevuti di cera, semi di melograno o miele da inserire in vagina, nello specifico mescolavano escrementi di coccodrillo o di elefante con il miele oppure minerali e latte acido; i greci affidavano la contraccezione a preparati derivati dalle piante con particolare effetto contraccettivo; il preservativo, invece, nasce come intestino essiccato di pecora o budello di vitello che negli anni ha ottenuto perfezionamento e diffusione mondiale. Per fortuna, in materia di contraccezione c’è stata una evoluzione interessante per quanto riguarda la diffusione (prima era utilizzata solo dai ceti benestanti o nei rapporti extraconiugali) e la tipologia, considerando che uomini e donne possono scegliere quella che maggiormente soddisfa il benessere e la comodità individuale e di coppia.

I metodo contraccettivi si dividono in metodi naturali, contraccezione di barriera, ormonale, meccanica, chirurgica e post-coitale.

Metodi naturali

Sono gli unici permessi dalla chiesa cattolica che prevedono un’astensione dei rapporti sessuali nei giorni fecondi nei quali avviene l’ovulazione.

“La regolazione naturale della fertilità (Natural Family Planning) è la consapevolezza da parte della donna dei suoi giorni fertili e infertili al fine di evitare o ricercare il concepimento.” (Perez, 1998)

  • Uno dei più noti metodi naturali è il coito interrotto, volgarmente conosciuto come “Salto della Quaglia”: consiste nell’estrarre il pene dalla vagina prima di eiaculare. E’ sicuramente un contraccettivo a costo zero ma non molto affidabile e con importanti ricadute (a lungo andare può portare nell’uomo ad eiaculazione precoce e influisce nella spontaneità del rapporto). E’ anche molto rischioso perché in qualsiasi momento del rapporto sessuale potrebbe fuoriuscire dal pene una goccia contenente spermatozoi, provocando gravidanze indesiderate.
  • Metodo Ogino- Knaus (o del ritmo): si basa sul ciclo matematico dei giorni fecondi considerando che l’ovulazione avviene a metà ciclo. Per la variabilità fisiologica dei cicli, tale metodo risulta essere poco attendibile.
  • Metodo Billings (o dell’ovulazione): si basa sull’osservazione del muco cervicale. Il momento maggiormente fertile (giorno del picco) coincide con l’ultimo giorno in cui si ha la sensazione di “bagnato”.
  • Metodo della temperatura basale: consiste nella misurazione quotidiana della temperatura vaginale a riposo, ripetuta per più volte al giorno. Questo metodo che permette di distinguere il periodo non fertile da quello fertile mediante i cambiamenti termici, non è molto affidabile perché lo sbalzo termico potrebbe essere causato da febbre, infezioni o cambiamenti nello stile di vita.
  • Metodo Sinto-Termico di Rotzer: si basa sull’osservazione associata di produzione di muco e cambiamenti termici corporei. A questi vengono anche registrare tutte le attività effettuate in giornata: rapporti sessuali, malattie, stress, alcolici, orari di riposo, ecc.
  • Metodi Computerizzati: metodi abbastanza recenti che con l’utilizzo dell’urina consentono di valutare il livello ormonale legato al periodo dell’ovulazione.

 

Contraccettivi di barriera

Femminili:

kaufen-diaphragmen-contragel-und-barrier_1Diaframma: coppa morbida di gomma con il bordo più spesso. Inserendolo in vagina prima del rapporto, consente di creare una barriera tra vagina e utero. La misura varia da donna a donna e va tolta almeno 6 ore dopo dal rapporto sessuale. Simili al diaframma, sono le coppe cervicali che, invece, si posizionano al collo dell’utero.

 

Preservativo femminile: simile a quello maschile, è un cappuccio in imagegomma, si inserisce in vagina e comprendo la vulva evita il contatto con gli spermatozoi e gli organi esterni.                                                                          Come quello maschile, protegge anche dalle MST.

 

 

Spermicidi: sostanze chimiche atte ad uccidere/annientare l’azione degli spermatozoi. Si inseriscono in  vagina prima del rapporto sessuale, durano circa 2 ore e si consiglia di utilizzarli in abbinamento al diaframma e al preservativo. Si tratta di gelatine, creme, ovuli. Ci sono anche spugne vaginali che sono imbevute di spermicidi e si posizionano all’altezza della cervice.

I suddetti contraccettivi pur nella loro validità presentano non pochi punti di debolezza perché, rispetto ad altri, hanno uno scarso potere contraccettivo. Inoltre, considerando che richiedono un adeguato posizionamento e meccanicità, finiscono per influire negativamente sul rapporto sessuale.

Maschili:

PRESERVATIVO-INTELLIGENTE-e1435227925828Preservativo: al pari del femminile, è un cappuccio in gomma morbida che si posizione sul pene in erezione, prevenendo il contatto tra vagina e pene, spermatozoi e la trasmissione di malattie sessuali. E’ importante ricordare che in caso di rottura involontaria o di uno scorretto posizionamento non garantisce la sua efficacia protettiva.

 

Contraccezione ormonale

pillola-anticoncezionale-le-domande-piu-frequenti-e-i-miti-da-sfatare-824-464Pillola: è il metodo contraccettivo più conosciuto dalle donne. Con le sue sostanza simili agli ormoni prodotti dalla donna (estrogeno e progesterone) è in grado di regolare l’attività legata all’apparato genitale e prevenire gravidanze. L’effetto preventivo, però, lo si ha solo seguendo con una certa regolarità l’assunzione giornaliera della pillola, prevista in genere per un ciclo di tre settimane con la sospensione di una. Prima di avviare la contraccezione ormonale è importante consultare lo specialista.

Pillolo: simile alla pillola femminile, ma ancora in fase sperimentale. Allo stato attuale può portare infertilità nell’uomo (al contrario della donna che ovula una volta al mese, nell’uomo la produzione di spermatozoi è continua). L’obiettivo futuro è ottenere l’effetto anticoncezionale evitando ricadute nella fertilità.

e423470cb3eb418f61e97f466cb1feee.jpgAnello vaginale: ha la stessa funzione della pillola, ma, anziché essere assunta per via orale, si inserisce in vagina e passa attraverso la mucosa vaginale al sangue. Ha le stesse  tempistiche della pillola e non richiede particolari manovre per il posizionamento.

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Cerotto: e’ un quadrato di piccole dimensioni, sottile, di colore beige, applicato sulla pelle. Come la pillola, rilascia una determinata quantità di ormoni, estrogeni e progesterone, atti a bloccare l’ovulazione.

 

 

Contraccezione meccanica

SpiraleSpirale o IUD (dispositivo intra-uterino): dispositivo in plastica, rivestito da un filo in rame, applicato nella cavità uterina dal ginecologo. Ha una durata variabile da 2 a 5 anni (esiste anche la spirale ormonale) e dopo la pillola è considerato il contraccettivo femminile maggiormente efficace.

 

Iniezione ormonale: sempre praticata dal ginecologo, si effettua una volta ogni 12 settimane.

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Impianto ormonale sottocutaneo: un dispositivo a forma di bastoncino morbido che, con anestesia, viene applicato sotto pelle ed ha una durata di 3 anni.

 

Contraccezione chirurgica: si tratta di un intervento (generalmente permanente e irreversibile) attraverso il quale si procede alla chiusura delle tube (laparoscopia) o rimozione dell’utero (isterectomia) nella donna e dei deferenti nell’uomo (vasectomia). Proprio per la sua irreversibilità e intrusività, deve essere una scelta pensata e condivisa dai partner.

Contraccezione d’emergenza

Pillola del giorno dopo: compressa che si prende entro le 48 ore e non oltre le 72 ore da un rapporto non protetto, ritenuto a rischio di gravidanza.

Pillola dei 5 giorni dopo: si assume entro 5 giorni dal rapporto a rischio. Come per la pillola del giorno dopo, lo scopo è bloccare la fecondazione dell’ovulo che, se è già avvenuta, non permette alla piccola di agire.

Attualmente, per quanto riguarda la contraccezione di emergenza, le maggiorenni non hanno l’obbligo di prescrizione a differenza delle minorenni che, invece, devono ottenerla recandosi da sole o accompagnate dalla guardia medica, medico di base, consultorio, ginecologo o pronto soccorso. Negli ultimi anni è stata approfondita la questione abortiva: la pillola del giorno dopo o dei 5 giorni dopo non è ritenuta abortiva perché blocca l’ovulazione impedendo la fecondazione. L’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), invece, viene effettuata entro i primi 90 giorni di gestazione e consiste nella rimozione del feto o dell’embrione dall’utero. E’ regolamentata dalla Legge 194/78 e viene attuata mediate metodo farmacologico o chirurgico. Nel primo caso si prevede l’assunzione di mifepristone (RU486) e di prostaglandina, assunti a distanza di 48 ore. Nel secondo caso, invece, viene effettuato l’intervento chirurgico presso ospedali pubblici o privati.

Considerando le numerose modalità contraccettive, la domanda sorge spontanea: come scegliere il metodo contraccettivo migliore?

Innanzitutto, un metodo contraccettivo deve essere efficace (evitare gravidanze indesiderate), sicuro (evitare effetti indesiderati dopo la sospensione), reversibile (non influire sul ritorno alla fertilità dopo la sua sospensione), pratico da utilizzare e accettabile. Detto ciò, l’efficacia di un metodo contraccettivo viene misurata mediante l’indice di Pearl (R. Pearl, 1933) che segnala il numero di gravidanze in un anno nelle donne che utilizzano un determinato contraccettivo non considerando, però, il grado di insoddisfazione della coppia e gli effetti collaterali del metodo utilizzato.

Si può affermare che tendenzialmente la pillola è il metodo contraccettivo più sicuro per le gravidanze indesiderate e il profilattico è l’unico in grado di evitare la trasmissione di malattie.

La contraccezione è una scelta e come tale va rispettata ma anche tutelata e garantita. In questo, la Puglia ottiene un importante primato perché già dal 2008 nei consultori è stata predisposta la distribuzione gratuita dei dispositivi anticoncezionali. Alla Puglia si sono unite, in seguito, Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia con l’augurio che questa iniziativa possa estendersi a livello nazionale e da legge possa trasformarsi in atto. (Link)

 

Dott.ssa Teresa Marrone

 

NB: immagini prese dal web

 

Bibliografia

Russo, G. (2004). Enciclopedia di Bioetica e Sessuologia. Torino: Elledici.

Sitografia: 

http://www.aied.it/it/contraccezione/cenni-di-storia-della-contraccezione/

http://www.salute.gov.it/portale/home.html

http://www.sicontraccezione.it/

 

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Dall’ HIV all’ Aids, contagio e prevenzione

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Acquired Immune-Deficiency Syndrome  è il nome per esteso del più conosciuto acronimo AIDS, ovvero sindrome da immunodeficienza acquisita che compare nei malati di AIDS le cui difese immunitarie  sono fortemente indebolite a causa di un virus denominato HIV (Human Immunodeficiency Virus) che, penetrando nelle cellule, attacca il sistema causandone l’indebolimento.

HIV e AIDS non sono la stessa cosa: le persone affette da HIV sono sieropositive, quindi contraggono il virus, ma non sono malate di AIDS, anche se sono destinate a diventarlo in assenza di cure adeguate. Hanno una speranza di vita indefinita, pur rimanendo sempre portatori del virus.

Secondo un articolo pubblicato nel Giugno 2016 da Lancert Hiv (articolo), nonostante molti Paesi europei abbiano adottato programmi di prevenzione specifici, i rapporti sessuali tra omosessuali rappresentano la principale via di trasmissione del virus HIV nei Paesi dell’Unione europea (Ue). Per quanto riguarda il panorama italiano, nel Novembre 2017 la Lega italiana per la lotta contro l’Aids (LILA) ha pubblicato i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità da cui emerge che ” nel 2016, sono state segnalate 3.451 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 5,7 nuovi casi di infezione da HIV ogni 100.000 residenti. Questo dato continua a collocare l’Italia, al pari della Grecia, al 13° posto in termini di incidenza delle nuove diagnosi HIV tra le nazioni dell’Unione Europea. Nel 2016, le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, le Marche, la Toscana e la Lombardia. (…) L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (14,7 nuovi casi ogni 100.000 residenti di età 25-29 anni); in questa fascia di età l’incidenza nei maschi è 21,8 e nelle femmine 7,5 per 100.000. Tuttavia, l’andamento dell’incidenza in questa fascia di età appare stabile nel tempo. (…) L’incidenza di Aids è in lieve costante diminuzione negli ultimi tre anni, anche se l’Italia resta la seconda tra i Paesi dell’Europa occidentale dopo il Portogallo.(link)

… CONTAGIO

Sono tre le principali vie di trasmissione dell’HIV, anche se alcuni parlano di altre vie come lacrime, saliva e sudore, ma non sono stati dimostrati finora casi di contagio tramite queste vie di trasmissione, probabilmente a causa della insufficiente concentrazione e virulenza del virus in queste secrezioni biologiche. (M. Di Virgilio, 2000)

  • Sangue – Sangue: in questa categorie rientrano tutte le possibili occasioni in cui si prospettano situazioni di contatto sangue-sangue: rasoi, spazzolini, punture accidentali, trasfusioni di sangue (oggi il sangue dei donatori è sottoposto ad accurate verifiche), scambio di siringhe infette, frequente tra i tossicodipendenti. Spesso si parla di allarmismo per le siringhe trovate a terra  che possono costituire fonte di contagio, ma si ricorda, anche, che il virus all’esterno del sangue è molto debole e suscettibile a modificazioni termiche. Ad ogni modo il rischio permane ed è fondamentale avere massima attenzione. 
  • Contatti sessuali: il contagio sperma-sangue o secrezioni vaginali-sangue può avvenire anche attraverso piccole lesioni di cute o mucosa non visibili e di cui non si ha percezione. Molto alto è il rischio tramite rapporti sessuali o orali e spesso questo rischio viene fortemente sottovalutato per una particolare ignoranza e leggerezza sul tema. Questa, costituisce la principale via di trasmissione del virus.
  • Trasmissione per via verticale: avviene ad opera di una donna sieropositiva incinta che trasmette il virus al figlio durante la gravidanza, al momento del parto e durante l’allattamento. In questo caso il bambino ha due possibilità: essere un sieropositivo permanente o esserlo per sempre.                                                    Chiarisco: la mamma ha la possibilità di trasmettere al bambino solo gli anticorpi oppure anche il virus. Il bambino, nel corso dei 18 mesi di vita, elimina tutti gli anticorpi materni: ciò vuol dire che nel primo caso, il bambino elimina i soli anticorpi materni e si negativizza, nel secondo caso, purtroppo, avendo contratto anche il virus, produce anticorpi di sua provenienza anti-HIV e si ha la certezza che il bambino è sieropositivo.

… PREVENZIONE 

stop-aids-shows-acquired-immunodeficiency-syndrome-and-controlDi prevenzione se ne parla tanto e nonostante ciò, non di rado, si hanno notizie poco chiare e non del tutto esatte. Innanzitutto, come detto in precedenza, è d’obbligo evitare che il sangue della persona infettata non entri in contatto diretto con quello del ricevente. Per la trasmissione ematica vengono prese in esame le giuste accortezze, soprattutto dal personale ospedaliero, operatori di case alloggio o comunque da persone che in genere vengono a contatto con oggetti taglienti o con il sangue del portatore. In merito ai rapporti sessuali non protetti vengono fatte numerose campagne di informazione e prevenzione: è un tema scottante e particolarmente spinoso perchè la trasmissione del virus avviene quasi sempre ad opera di questa via. Si raccomanda sempre l’uso del preservativo, dall’inizio del rapporto: nei rapporti vaginali, nei rapporti anali e in quelli orali. Purtroppo in merito a ciò dilaga l’erronea idea di utilizzare il preservativo (maschile o femminile) esclusivamente nei rapporti vaginali. Informazione del tutto errata, perchè: durante la penetrazione anale la mucosa è molto sensibile e delicata, ed essendoci minore lubrificazione, si ha maggior rischio di microtraumi e quindi contatto diretto con il sangue;durante il rapporto orale della donna sull’uomo (fellatio) il contatto diretto con lo sperma, costituisce rischio di contagio. Per alcuni va evitato anche il contatto con il liquido prespermatico, nonostante la ridotta concentrazione del virus. La stessa regola di protezione vale per il rapporto orale dell’uomo sulla donna (cunnilingus) evitando il contatto diretto con secrezioni vaginali e sangue mestruale. A tal proposito, si consiglia l’uso del Dental Dam (lenzuolino dentale) o comunque di un tessuto in lattice per evitare il contatto diretto.                                                                         

… TEST

Un’altra particolare forma di prevenzione, a mio avviso, è l’accertamento della malattia. O meglio: se quelli elencati prima sono accorgimenti per evitare il contagio, il test per diagnosticare la sieropositività costituisce una forma importante di prevenzione per iniziare la terapia ed evitare che dalla sieropositività (Hiv) si passi alla malattia (Aids), ma anche per evitare eventuali possibili contagi. 

image_newsI principali test:

  • “Elisa” (Enzyme linked immuno solid assay)identifica esclusivamente gli anticorpi e non il virus: il test valuta solo la presenza o meno di contagio ma non la via di trasmissione nè tantomeno l’eventuale evolversi del quadro della malattia. 
  • Test Combinato (Combo Test): oltre ad individuare gli anticorpi anti-HIV, rileva anche la presenza dell’antigene P24, una particolare proteina che dopo pochi giorni dal contagio, compare e aumenta in quantità significativa. Questa combinazione di test aumenta l’attendibilità dell’esito.                                                                          

In tanti si chiedono: è possibile curare l’Hiv/Aids?

Per quanto riguarda la cura dell’HIV/AIDS sappiamo che questa, con il passare degli anni, ha ottenuto maggiori esiti positivi e oggi concede finestre aperte dove prima erano serrate. Un tempo AIDS e morte erano un binomio indissolubile e, pur con la sola sieropisitività, le possibilità di vita erano decisamente minime. Oggi, invece, si asssiste a scenari diversi: la qualità della vita è migliorata, nonostante le conseguenze della malattia, e con essa anche la durata. E, sempre più frequentemente, succede che un portatore di AIDS muoia per cause altre (tumore, cancro, insufficienza renale, ecc) e non per la malattia in sè per sè o per problematiche infettive legate alla malattia. Questo grande risultato legato alla cura dell’AIDS è frutto di un lungo lavoro avuto inizio negli anni Ottanta, tra il 1986 e il 1987. Quando ancora si sapeva poco della malattia, l’unico farmaco utilizzato era l’AZT (Azidotimidina), il cui nome commerciale è Retrovir, considerato il capostipite dei farmaci per curare l’AIDS. Gli anni, però, hanno confermato pochi effetti positivi sulle conseguenze della malattia.

“L’AIDS era una tappa obbligatoria nella storia naturale di una persona HIV-positiva. Nell’assenza totale di terapie, di un farmaco anti-HIV, il numero dei linfociti CD4 si erodeva inesorabilmente e l’appuntamento con la prima di una lunga serie di infezioni opportunistiche era solo questione di tempo. La sopravvivenza a partire dalla diagnosi di AIDS variava tra i sei mesi e i tre anni. Erano mesi e anni di infezioni sempre più severe, ravvicinate e di un progressivo, inarrestabile decadimento generale. La morte sopraggiungeva nel 100% dei casi”. (F. Dianzani, G. Ippolito, M. Moroni, 2004)

Il 1996 è per l’AIDS l’anno della svolta: dalla monoterapia con AZT si è passati all’utilizzo di una terapia con almeno tre farmaci antiretrovirali. Si tratta di una terapia combinata, che, presa regolarmente, risulta essere in grado di migliorare il sistema immunitario del soggetto affetto dal virus. La necessità di adottare una terapia combinata è collegata al continuo mutamento del virus: il singolo farmaco perde rapidamente il suo effetto, al contrario della combinazione di diverse sostanze in grado di controllare il virus e il suo cambiamento.

“Ci furono delle vere e proprie rinascite, venne chiamata “Sindrome di Lazzaro”: come Lazzaro resuscita, così numerose persone affette da HIV che erano arrivate vive fino ad allora ma in condizioni disastrose, a un passo dalla morte, letteralmente risorgevano, tornavano a camminare. Si ritornò a parlare di aspettative di vita. Si riaccese veramente la speranza”. (C. Turrisi, 2015)

E’ importante non dimenticare che ad oggi non esistono terapie in grado di guarire l’HIV, ma esistono medicinali in grado di controllare efficacemente l’infezione e, di conseguenza, aumentare la speranza di vita delle persone affette. Senza la quotidiana terapia l’infezione da HIV provoca prima o poi l’AIDS e la morte. Per ovviare, è fondamentale  iniziare la terapia anti-HIV per tempo e condurla correttamente. Agire tempestivamente e correttamente ha una plusvalenza: migliora lo stato di salute delle persone sieropositive e contribuisce a non trasmettere l’infezione al partner o alla partner sessuale. Con una terapia efficace e tempestiva, il rischio di trasmettere il virus mediante rapporti sessuali diventa con il tempo esiguo. Ovviamente, per un rapporto sano e sicuro, non dobbiamo mai dimenticare di adottare la pratica del sesso sicuro per proteggerci dalle malattie sessualmente trasmissibili (MST), che possono essere approfondite qui.

Il tema dell’Hiv/Aids è tanto vasto: in questo articolo è stato trattato l’aspetto legato a prevenzione, contagio e cura, nelle pubblicazioni successive verrà discussa la parte psicologica, relazionale e sessuale di cui, spesso, si tralasciano l’importanza e le conseguenze. Ad ogni modo, per qualsiasi chiarimento, è possibile consultare i siti ufficiali, come ad esempio il sito LILA (Lega italiana per la lotta contro l’AIDS), che permette non solo di ricevere informazioni corrette in merito ma anche di entrare in contatto con personale qualificato.

Dott.ssa Teresa Marrone

Bibliografia

Dianzani, F., Ippolito, G., Moroni, M. (2004). AIDS in Italia 20 anni dopo. Milano: Masson.

Di Virgilio, M. (2000). AIDS: Malattia, prevenzione, assistenza. Milano: Franco Angeli.

Turrisi, C. (2015). HIV/AIDS 2.0. Profezia di un’evoluzione possibile. Milano: Franco Angeli, Milano.

Sitografia

 

http://www.lila.it

 

 

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“Quando il piacere arriva troppo velocemente”: dalla diagnosi alla cura dell’Eiaculazione Precoce

Secondo le Società Scientifiche Internazionali (European Association of Urology, International Society for Sexual Medicine, American Urological Association), l’eiaculazione precoce (EP) è la disfunzione sessuale più diffusa nell’uomo: infatti colpisce il 20% – 30% degli uomini adulti tra i 18 e 70 anni di età. Una condizione medica spesso trascurata (o taciuta) e, dunque, non diagnosticata, sebbene sia causa di frustrazione in entrambi i partner e abbia un forte impatto negativo sulla relazione di coppia (Gentile, 2009).

Ma che cos’è esattamente? Quali sono gli aspetti diagnostici?

Le succitate Società Scientifiche Internazionali ritengono che gli elementi chiave che portano ad una diagnosi di questo tipo sono:

  • eiaculazione persistente o ricorrente con minima stimolazione sessuale che avviene prima o poco dopo la penetrazione e, in ogni caso, prima che l’uomo lo desideri;
  • incapacità di ritardare l’eiaculazione (mancanza del controllo) ad ogni episodio o in quasi tutti gli episodi di penetrazione vaginale;
  • impatto negativo sulla persona, caratterizzato da disagio, fastidio, frustrazione e/o una propensione all’evitare l’intimità sessuale (Società Italiana di Urologia).

Il DSM 5 (2013) ha integrato i criteri diagnostici per l’EP, ponendo attenzione anche alla persistenza e alla durata dei sintomi, ovvero per una corretta diagnosi è necessario che i sintomi debbano essere presenti come minimo per circa 6 mesi e devono essere provati in tutte o quasi tutte (circa 75-100%) le occasioni di attività sessuale; ed inoltre devono causare nell’individuo un disagio clinicamente significativo.

Questa definizione viene applicata esclusivamente a rapporti sessuali caratterizzati da penetrazione vaginale; al contrario, in mancanza di sufficienti dati di letteratura, i tre criteri sopracitati non possono essere applicati a forme di eiaculazione precoce che si manifestino nel contesto di altre attività sessuali o di rapporti omosessuali (Società Italiana di Urologia).

Esistono diverse forme di eiaculazione precoce, specificamente si fa riferimento ad una classificazione che distingue l’EP in:

  • EP primaria: quando è presente sin dalle prime esperienze sessuali e non si è mai modificata;
  • EP secondaria: quando compare improvvisamente dopo un periodo che la persona descrive accettabile dal punto di vista del controllo eiaculatorio;
  • EP ante portam: quando il sintomo si manifesta ancor prima della penetrazione;
  • EP intra-vaginale: quando si manifesta esclusivamente durante la penetrazione;
  • EP assoluta: quando il sintomo si manifesta sempre a prescindere dal partner;
  • EP relativa o situazionale: quando il sintomo si manifesta solamente con un determinato partner.

Inoltre l’EP viene classificata anche a seconda del grado di severità:

  • Grado severo (eiaculazione anteportam) prima della penetrazione o ≤15 sec;
  • Grado moderato ≤ 1 minuto dopo la penetrazione;
  • Grado lieve ≤ 2 minuti dopo la penetrazione.

time.630x360In particolar modo viene considerato lo IELT (tempo di latenza eiaculatoria intravaginale) che rappresenta un indicatore del lasso di tempo che intercorre tra l’inizio della penetrazione e l’inizio del fenomeno eiaculatorio.

Dagli studi in materia emerge che la durata media del tempo di eiaculazione è pari a 5.4 minuti con un range che varia dai 0.55 minuti ai 44.1 minuti. Bisogna puntualizzare inoltre che la semplice misurazione del tempo di eiaculazione senza considerare il punto di vista del paziente non deve costituire un criterio assoluto per definire l’eiaculazione precoce. Questo ampio range, inoltre, consente di non considerare sofferente quel paziente che, pur eiaculando in tempi brevi, non vive in modo patologico questo aspetto. Da ciò ne consegue come il vissuto patologico del paziente unitamente ad una valutazione quanto più oggettiva del sintomo siano imprescindibilmente il punto di partenza per un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico (Società Italiana di Urologia).

Quali sono le cause d’insorgenza?

Da un punto di vista clinico i fattori eziopatogenetici che determinano l’insorgenza dell’EP possono essere distinti su due piani: organico (medico – biologico) e psicologico (emotivo – relazionale).

Specificamente, tra i fattori organici rientrano:

  • Ipersensibilità del glande, ovvero eccessiva sensibilità cutanea tale da determinare l’insorgenza precoce del riflesso eiaculatorio;
  • Malattie urologiche (prostatiti, fimosi, frenulo corto, varicocele)
  • Alterati meccanismi ormonali (ipotestosteronemia);
  • Alterazioni neurologiche;
  • Alterazioni vascolari;
  • Malattie endocrine (ipogonadismi e ipotiroidismi)
  • Cause Iatrogene (anfetamine)
  • Cause Voluttuarie (droghe es. cocaina)

Tra i fattori psicologici, troviamo:

  • Fattori legati alla storia sessuale dell’individuo (quali l’educazione sessuale ricevuta ed eventuali abusi sessuali subiti),
  • Fattori individuali (aspetto fisico, deflessione del tono dell’umore, o franca depressione, alessitimia);
  • Ansia da prestazione (stato ansioso superficiale legato al desiderio di dimostrare la propria potenzialità sessuale; mancato utilizzo di metodi contraccettivi; paura dei fallimenti) che attraverso un’ipereccitazione determinerebbe una riduzione del controllo delle sensazioni pre-eiaculatorie;
  • Senso di colpa (attività sessuale prematrimoniale, attività sessuale extra coniugale);
  • Paura (gravidanza non programmata, timore di malattie sessualmente trasmissibili);
  • Fattori legati alle capacità relazionali dell’individuo stesso.

 

eiaculazione-precoce-problema_1437396263È difficile stimare il peso che fattori organici e psicologici possono avere sullo sviluppo di questo disagio, molto spesso i fattori sono compresenti, anche se l’esperienza clinica dimostra che nella maggior parte dei casi, è l’aspetto psicologico a determinare l’insorgenza del disagio per l’uomo, ossia spesso i vissuti destrutturanti interferiscono potentemente con la salute sessuale.

Quattrini (2017) riporta che da un punto di vista scientifico, eiaculazione ed orgasmo rappresentano il risultato di una complessa interazione psiconeuroendocrina che definiscono la fase finale della risposta sessuale nell’uomo. L’orgasmo è la rappresentazione massima del piacere: un’esplosione di energia creativa, che rappresenta nell’individuo la possibilità di abbandonare se stesso a forti sensazioni di benessere. Il piacere si rivela ogni volta in maniera differente, poiché non è solo appagamento fisico ma anche emotivo – affettivo collegato alle dinamiche relazionali; al rapporto vissuto con la/il partner; il momento in cui è sperimentata la sessualità; l’ambiente in cui si trovano; lo stato d’animo del momento. Purtroppo però, la maggior parte degli uomini sono convinti che l’orgasmo rappresenti un gesto altruistico, ed è molto in voga l’idea di dover raggiungere il piacere erotico in simultanea con la/il partner. Quattrini (2017) ribadisce che nella sessualità gli individui devono concedersi la possibilità di godere egoisticamente del proprio piacere, permettendo al/la partner di sperimentare la stessa identica sensazione, in particolar modo avere delle attenzioni per il piacere del partner (altruismo erotico) non deve interrompere o allontanare la massima espressione del piacere personale e la possibilità di sperimentare le esperienze orgasmiche (sano egoismo erotico).

Da qui deriva il fatto che l’EP, in assenza di fattori eziopatogenetici di tipo organico,  rappresenta piuttosto un disagio di tipo sociale derivante da aspettative irrealistiche dell’uomo circa la durata della partner e dei suoi tempi per ottenere il piacere, dunque il problema nasce quando il piacere maschile non è in linea con il piacere della partner, il che ricade in clichè sociali stereotipati e pregni di disinformazione. Sarebbe necessario quindi informare ed educare correttamente gli uomini sul fatto che le donne hanno bisogno di attenzioni e stimolazioni molto più complesse rispetto ai maschi, ma quando l’uomo riesce a trovare il canale necessario all’eccitazione femminile, allora i tempi possono rivelare delle sorprese, la donna attiva energicamente l’esperienza orgasmica anche dopo pochi minuti! (Quattrini F., 2017).

A chi rivolgersi per la cura dell’EP?

1a1a1af2-84ff-4d50-90d9-6f98dc81c5caRisulta chiaro che la valutazione clinica del paziente con eiaculazione precoce necessita di una stretta interazione tra medico di medicina generale, andrologo, urologo, endocrinologo e lo psicosessuologo. Un corretto approccio diagnostico prevede un’accurata valutazione clinica (medica, sessuale e psicosociale) ed un attento esame obiettivo, cui devono associarsi specifici esami di laboratorio e strumentali.

Dopo la raccolta anamnestica, lo specialista deve procedere con l’esame obiettivo del paziente, focalizzandosi in particolare su un’ispezione dei genitali esterni (presenza di un frenulo breve, secrezioni dal meato uretrale esterno, ipersensibilità del glande) e dei caratteri sessuali secondari. Può risultare utile eseguire l’esplorazione rettale con la finalità di evidenziare un quadro di sospetta prostatite che risulta essere un importante fattore predisponente l’insorgenza di eiaculazione precoce.

L’approccio migliore per la presa in carico del paziente con EP è quello di tipo biopsicosociale integrato in cui gli specialisti che entrano in gioco collaborano in équipe, allo scopo di personalizzare il trattamento più efficace a seconda dell’incidenza dei fattori di rischio che hanno condotto la persona a manifestare tale disagio.

Specificamente, dopo lo screening iniziale, a seconda della prevalenza di fattori organici o psicogeni, il trattamento della EP seguirà strade diverse, ovvero gli specialisti converranno sul fatto che la farmacologia può aiutare ma non risolvere il disagio, poiché aggira temporaneamente il problema ma non ne costituisce la sua risoluzione.

SEXPertanto bisogna integrare ad un approccio medico – farmacologico anche un intervento psicosessuologico mirato volto ad approfondire i fattori cognitivi, emotivi e relazionali che determinano il problema sessuale e orientarne quindi la risoluzione attraverso il counselling sessuologico o la terapia sessuale individuale o di coppia.

Da un punto di vista psicosessuologico, come si risolve l’EP?

Lo psicosessuologo adotta un approccio non giudicante caratterizzato da accoglienza ed ascolto attivo ed empatico nei confronti del paziente, al fine di guidare quest’ultimo verso il raggiungimento del benessere psicosessuale individuale e di coppia. Specificamente, lo psicosessuologo conduce il percorso sessuologico col paziente seguendo un approccio di tipo mansionale integrato (breve e strategico) con l’obiettivo di educare il paziente alla sessualità trasmettendo corrette informazioni di tipo medico – scientifico, allo scopo di sradicare false credenze stereotipate che pregiudicano il corretto funzionamento sessuale dell’individuo. Inoltre lo psicosessuologo guida il paziente verso l’acquisizione della consapevolezza e dell’ascolto delle emozioni e delle sensazioni sia proprie che del partner, con la finalità di migliorare l’aspetto relazionale emotivo ed affettivo necessario per una buona armonia di coppia.

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Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia

Gentile, V. (2009, Ottobre). Il piacere che arriva troppo velocemente. Io Uomo. Rivista di informazione, educazione e prevenzione andrologica(2), 1.

Kaplan, H. (1995). Nuove Terapie Sessuali. Milano: Bompiani.

Leiblum, S., & Rosen, R. (2004). Principi e pratica di terapia sessuale. Roma: CIC Edizioni Internazionali.

Quattrini F. (2017). Il piacere maschile. Firenze: Giunti.

Società Italiana di Urologia. (s.d.). Eiaculazione precoce: raccomandazioni della Società Italiana di Urologia (SIU) per la gestione del paziente nella pratica clinica. Tratto da http://www.siu.it.

 

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