Quanto sappiamo in materia si sessualità? #MitiECredenzeDaSfatare

Quando si parla di sessualità, in molti casi, si assiste ad un continuo braccio di ferro su chi sia il più forte o il più colto in materia. Tra una battuta e una risata c’è chi sfodera le proprie armi di“stallone”/”panterona” e chi, invece, si affida ai miti tramandanti di generazione in generazione.

Ma … tutto questo, rispecchia davvero la realtà? Quanto sappiamo veramente in materia di sessualità?

Di seguito, dieci miti e false credenze da sfatare!!!

1- LE DIMENSIONI DEL PENE CONTANO

Nell’immaginario maschile questa affermazione è vera. Sin dall’antichità, si tende ad associare il pene a caratteristiche quali virilità, forza e potere; dunque, da questa prospettiva, si potrebbe affermare che le dimensioni del pene contano! Però, l’approfondimento scientifico ci suggerisce che la vagina è un organo elastico e distensibile (permette il passaggio di un bambino durante il parto!) in grado di adattarsi a qualsiasi dimensione. “Le pareti sono elastiche e si adattano normalmente a ciò con cui entra in contatto, tale aspetto anatomico permette alla vagina di non perdere mai il contatto con il pene durante il coito, quindi, 12 cm o 16 cm non sembrano avere poi questa diversità se associati alla funzionalità dell’atto sessuale.” (F. Quattrini, 2017)

2- IN MEDIA IL PENE E’ LUNGO 18 CM

Questa è una credenza collegata alla precedente. Innanzitutto è importante fare una distinzione tra un pene visto in stato di flaccidità ed uno osservato in stato di erezione (le dimensioni cambiano nettamente!). Non di rado, il primo approccio con la sessualità avviene mediante la visione di filmati porno; nasce quasi spontaneo il confronto tra il proprio organo genitale e quello dell’attore. Premettendo che gli attori porno vengono selezionati anche e soprattutto per la loro possenza e virilità, da diversi studi (Wylie e Eardley, 2007) emerge una grande variabilità nelle dimensioni del pene che, generalmente, presenta una lunghezza di 8-10 cm a riposo e 12-16 cm in erezione, in quest’ultimo caso la circonferenza è in media di 12 cm (la misurazione si effettua dal pube fino alla punta del glande). Più in generale, possiamo affermare che si definisce normale un pene eretto che oscilla tra i 12 cm e i 16 cm, macro, invece, un pene che in erezione va al di sopra dei 16 cm. Diversa è la condizione del micropene, un pene che in erezione è al di sotto dei 7 cm, in cui ci possono essere reali difficoltà  durante la fase penetrativa del rapporto sessuale.

3- GLI UOMINI TRADISCONO PIU’ DELLE DONNE

Un tempo questa affermazione poteva essere ritenuta veritiera e in linea con la celebre frase tramandata negli anni “l’uomo è cacciatore”. Oggi lo scenario è cambiato: la percentuale di tradimento negli uomini e nelle donne è stata quasi pareggiata; la differenza è presente, invece, nel modo: nello specifico sembrerebbe che gli uomini tradiscono più velocemente perché partono da un aspetto prettamente fisico al contrario delle donne che, invece, sentono il bisogno di sentirsi sedotte e corteggiate anche in una relazione solo di carattere sessuale, dunque senza investimento sentimentale.

4- LA PILLOLA PROTEGGE DA GRAVIDANZE INDESIDERATE E MST

Al seguente articolo ho illustrato quali sono le varie tipologie di contraccettivi. La pillola, rientra nella contraccezione ormonale ed è il metodo contraccettivo più conosciuto dalle donne: è in grado di regolare l’attività legata all’apparato genitale e prevenire gravidanze. L’effetto preventivo, lo si ha solo seguendo con una certa regolarità l’assunzione giornaliera della pillola, prevista in genere per un ciclo di tre settimane con la sospensione di una. Prima di avviare la contraccezione ormonale è importante consultare lo specialista. La pillola, però, non protegge dalle malattie sessualmente trasmissibili: l’unico contraccettivo in grado di evitare il contagio della maggior parte delle MST è il preservativo, anche nella variante femminile.

5- CON LE MESTRUAZIONI NON RIMANGO INCINTA

Sicuramente non è frequente ma nemmeno impossibile. La variabilità è legata al processo di ovulazione che generalmente avviene tra il decimo e il quattordicesimo giorno di un ciclo regolare; sulla data precisa, però, non è possibile fare calcoli esatti perché una serie di fattori quali stress, stile di vita, eccitazione, alimentazione, possono anticipare o ritardare l’ovulazione. Da non sottovalutare anche la durata di vita degli spermatozoi: questi vivono fino a 5 giorni nel condotto vaginale, a differenza dell’ovulo che, una volta rilasciato, può essere fecondato fino a 24 ore dopo.

6- LE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI SI TRASMETTONO SOLO CON LA PENETRAZIONE

Le malattie sessualmente trasmissibili (MST), descritte nel nel seguente articolo , sono malattie trasmesse da una persona all’altra principalmente per contatto sessuale vaginale, anale e orale colpendo organi genitali, vie urinarie, bocca e gola. Il contagio può avvenire anche attraverso oggetti usati durante il rapporto. Sono causate principalmente da germi, batteri, virus, piccoli parassiti o funghi che possono trovarsi nello sperma, nelle secrezioni vaginali e uretrali, nel sangue e sulla pelle. Alcune, inoltre, possono anche essere trasmette al feto durante la gravidanza o al neonato mediante l’allattamento.

7- DOPO I SESSANT’ANNI NON SI FA SESSO

Questa idea stereotipata sembra essere legata, a mio avviso, più ad una visione soggettiva dell’anziano che al piacere di quest’ultimo in sè per sé. Innanzitutto mi preme sottolineare che l’età media per reputare una persona anziana si è nettamente alzata rispetto al passato e questo porta con sé una serie di cambiamenti legati non solo alle aspettative di vita ma anche all’immagine di sé. Oggi la cosiddetta fascia della terza età nutre aspettative ed interessi molto importanti che spesso vengono soddisfatti in luoghi di incontro all’interno dei quali si creano maggiori possibilità di conoscenza che, nella maggior parte dei casi, si tramuta in “semplice” piacere dello stare insieme e farsi compagnia. Parliamo di uno stare insieme diverso, più maturo, che non si limita all’atto puramente sessuale.    “Anche se con il passare degli anni si va affievolendo la spinta biologica legata alla riproduzione e ad altre aspettative più personali, permane, e in alcuni casi addirittura si rafforza, il bisogno di relazione, affetto, tenerezza, riconoscimento e rassicurazione.”(I. Consolo, 2017)

8- TU SEI VAGINALE O CLITORIDEA?

Studi del passato hanno indotto al pensiero comune secondo due esiste un orgasmo vaginale ed uno clitorideo. Nel tempo,però, varie ricerche hanno dimostrato il contrario: esiste un solo tipo di orgasmo, a cambiare è la stimolazione che produce eccitazione e piacere. Nello specifico,  “il clitoride rappresenta il punto focale di ricezione degli stimoli sessuali esterni e nello stesso tempo il punto finale … come organo recettore viene stimolato in modo indiretto o secondario durante il coito, in conseguenza dello stiramento del prepuzio delle piccole labbra operato dal pene.” (W.H. Masters, V.E Johnson, 1967). Dunque, parliamo di una stimolazione diretta o indiretta del clitoride che avviene con o senza coito (penetrazione).             “… La risposta fisiologica dell’orgasmo è una sola, a differenza delle innumerevoli sensazioni emotivo-corporee di tipo orgasmico vissute dalla donna durante la stimolazione diretta e indiretta del clitoride e/o l’attività sessuale di tipo coitale (vaginale o anale).” (I.Consolo, 2017)

9- UN UOMO E’ SEMPRE PRONTO A FARE SESSO

L’inganno di questa affermazione risiede nello stereotipo sbagliato dell’uomo come forza, potere e potenza, ragion per cui risulta difficile pensare che un uomo, di fronte ad una richiesta di sessualità, possa, in quanto umano, non accettare. E questo, non è sinonimo di debolezza, bensì manifestazione di un mondo fatto di emotività e di accettazione di bisogni che, senza timori, devono essere espressi e condivisi. E’ molto strano dover rimarcare l’ovvio, ma stereotipi di questo genere rischiano di intaccare l’autostima e la sessualità in generale per quello che da sempre si è erroneamente abituati a pensare.

10- LE DONNE NON SI MASTURBANO

Questo è un mito e allo stesso tempo un tabù da sfatare. Un tempo era prerogativa maschile, oggi per fortuna la visione è cambiata e sempre più donne praticano regolarmente l’autoerotismo che, tra i tanti benefici, migliora la vita sessuale, aiuta a vivere serenamente il contatto con il proprio corpo, riduce stress e tensioni, porta numerosi benefici all’apparato genitale. Ma soprattutto e non da ultimo, rende le donne più sicure di sé e di quello che desiderano: non si può affidare il proprio piacere ad un’altra persona senza prima conoscere se stesse. L’autoerotismo permette di entrare in contatto con la parte più intima di sé e riuscire a comunicare con maggiore serenità i desideri legati al piacere, dunque “ dona sicurezza alla donna e la libera da numerosi timori che prima di un incontro sessuale a volte nutre. La rende più fiduciosa e autonoma dal partner per raggiungere l’orgasmo e, se praticato con regolarità, fa in modo che la donna abbia le redini nelle sue relazioni sessuali indipendentemente dal fatto che il partner sia esperto o meno.” (I. Consolo, 2017)

Queste sono solo alcune delle numerose domande a cui rispondere, tanti sono i miti da sfatare. E tu lettore/lettrice, hai qualche domanda da pormi?  Non esitare, libera la curiosità! 

Dott.ssa Teresa Marrone

BIBLIOGRAFIA

Quattrini, F. (2017). Il piacere maschile.  Firenze: Giunti Editore.

Wylie,  K.R., Eardley, I. (2007). Penile size and the “small penis syndrome”. BJUI.

Consolo, I. (2017). Il Piacere femminile. Firenze: Giunti Editore.

Masters, W., Johnson, V. (1697). L’atto sessuale nell’uomo e nella donna. Milano: Feltrinelli.

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“Dal reale al virtuale: in connessione con tutti ma in relazione con nessuno”

L’illusione di connettersi con il mondo attraverso le piattaforme dei social network può spingere le persone a trasformarsi in individui che si isolano dalla vita reale sostituendola con una socialità superficiale ed illusoria (Marcucci, 2004).

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Oggigiorno, la tecnologia ha invaso e pervaso le nostre vite quotidiane con l’indubbio vantaggio di annullare le barriere spazio – temporali ed ottenere qualsiasi informazione in tempo reale con un semplice click. Ulteriormente, l’infinita disponibilità di strumenti digitali e la conseguente diffusione a macchia d’olio di Social Network e piattaforme di condivisione digitale ha incrementato esponenzialmente le possibilità di coltivare relazioni interpersonali ed allo stesso tempo ampliare le proprie reti sociali.

Come si spiega questo cambiamento?

social-networkAttraverso la facilità di connessione con il resto del mondo, gli utenti sono attivamente coinvolti nella disseminazione in tempo reale di qualsiasi informazione. Per quanto tutto questo possa sembrare affascinante, bisogna tenere bene a mente che tali strumenti rimangono comunque integrativi e non sostitutivi, bensì rappresentano degli elementi che ci aiutano ad ampliare e a migliorare la nostra vita di relazione, mediante un loro utilizzo armonioso e bilanciato (M.L’Erario, 2016). È importante quindi non abbassare la guardia sui rischi che un utilizzo smodato della rete possa comportare per ognuno di noi, ossia, finché il social network è utilizzato, come ad esempio LinkedIn, a scopi professionali per far circolare il proprio lavoro e l’immagine ad esso associata, non sembra comportare problemi di interpretazione. Viceversa, quando la rete diventa un diario pubblico della propria vita la quale diviene oggetto di malsano voyeurismo ed allo stesso tempo viene meno la propria privacy, emerge chiaramente il rischio e il pericolo che l’utilizzo di tali strumenti comporta (R.M.Esposito, 2015).

saggio-breve-sui-social-network-pro-e-controLe persone stanno modificando le loro pratiche di interazione sociale abituali. All’incontro faccia a faccia si sostituisce, e si integra, il profilo virtuale.

Ma quali sono le conseguenze effettive che si producono nella vita relazionale delle persone che fanno uso di questi nuovi media?

Attualmente viviamo in un contesto socioculturale che a livello generazionale muta velocemente nelle abitudini e nei modi di fare, ahimè non tutti riescono a tenere il passo, anche se non sono solo le generazioni più giovani ad essere assorte dalla tecnologia e da tutto ciò che è digitale.

cellulare-a-tavola-www-resapubblica-itQuotidianamente mi capita di osservare una serie di dinamiche che mi lasciano perplessa e/o sbalordita, spesso assisto a urti fisici o cadute per la strada di persone troppo prese e concentrate nelle loro attività sul proprio smartphone, o ancor di più gente a cena seduta ai tavoli del ristorante a guardare ognuno il proprio smartphone, senza scambiarsi una parola.

Sebbene anche gli adulti siano vittime del mondo virtuale, coloro che sono nati quando i Social Network non erano ancora presenti, abituati all’utilizzo di carta, penna e francobolli ed alle tanto attese uscite con gli amici per instaurare delle relazioni interpersonali, riscontrano maggiori difficoltà ad abituarsi al cambiamento digitale ma soprattutto riescono facilmente a notare come e quanto si stanno trasformando le relazioni interpersonali rispetto al passato. In effetti, frequentemente mi capita di osservare quanto le modalità socio-relazionali tra i nati negli anni ’90 e i nati nel secondo millennio sono completamente differenti, seppur tra loro la differenza d’età non supera i dieci/quindici anni. Vedo ovunque bambini e adolescenti passare gran parte del loro tempo libero a giocare su giochi virtuali e a socializzare su siti di social network, a scapito di altre attività come la lettura, lo studio, la creazione, il gioco in piazza, l’aiuto e il supporto alla vita familiare. Gli adolescenti di oggi, i cosiddetti nativi digitali, vivono la tecnologia e il mondo dei social già dai primi momenti del loro sviluppo ritenendoli il modo elettivo per comunicare con l’altra persona e trascurando ciò che di più importante c’è in una relazione, ovvero il contatto fisico, visivo, ma soprattutto umano ed emotivo (V.Cetrangolo, 2016).

Quanto e come cambiano le relazioni interpersonali e la gestione delle emozioni all’epoca dei social network? Quali conseguenze ci sono da un punto di vista psicologico?

تحذيرات-أكاديمية-من-إدمان-النساء-على-وسائل-التواصل-الاجتماعي-في-الكويتIn primis bisogna sottolineare che le tecnologie digitali offrono la possibilità di dissociarsi mettendo la persona nella condizione di passare più tempo nel mondo virtuale piuttosto che “connessa” nel qui ed ora della propria vita reale. Pertanto il bisogno spasmodico di essere sempre connessi, di condividere qualsiasi attività si stia facendo, il narcisismo di spifferare ai quattro venti i propri stati pur di ottenere il maggior numero di like che non fa altro che ingrandire l’ego, fa in modo che l’individuo diventi schiavo di un comportamento che lo imprigiona, ovvero un comportamento socialmente accettato mette la persona nella condizione di perdita della libertà personale. 

Emoji-mobile-500x375In gergo, i concetti di nichilismo ed alienazione rendono bene l’idea di tale condizione, questo incessante bisogno di utilizzare la tecnologia accelera la distruzione degli ideali tradizionali, dei valori, della progettualità per far spazio a ciò che apparentemente sembra innovativo e vitale, ma che in realtà rappresenta un vuoto interiore che deriva dalla paura di entrare in contatto intimo e relazionale con l’altro, dall’incapacità di sentire e vivere emozioni, perché dietro uno schermo tutto è più semplice, filtrato e facilitato da emoticon. Il disagio più grande è rappresentato dall’alessitimia, ovvero dalla mancanza di parole per esprimere emozioni, una sorta di analfabetismo emozionale. Coloro che ne sono vittime, non sono abituate a concentrarsi sulle loro sensazioni, sui loro vissuti e sulle loro emozioni per trovare significato all’esperienza che stanno vivendo.

Concludendo, la rete sociale non deve subentrare al posto della relazione interpersonale, ma deve affiancarsi ad essa come un accessorio, sarebbe auspicabile che ogni adulto, genitore, insegnante ed educatore riflettesse a lungo su ognuno di questi aspetti per cercare di sollecitare e far vivere ai bambini e ai giovani ragazzi, fin dal primo ingresso nel mondo, esperienze nelle quali venga evidenziata l’importanza e la bellezza delle “relazioni-intime” vissute con maggior contatto ed in assenza di un “display” che funga da futile interfaccia (V.Cetrangolo, 2016).

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

 

Bibliografia e Sitografia

M.L’Erario. (2016). Social network: quale ruolo giocano nelle relazioni interpersonali? Tratto da http://www.compassunibo.wordpress.com.

R.M.Esposito. (2015). Relazioni e amicizie da Social Network. Tratto da http://www.crescita – personale.it.

V.Cetrangolo. (2016). Le relazioni ai tempi dei Social Network. Tratto da http://www.hrsocialmagazine.it.

 

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Una favola senza lieto fine: il Narcisista Patologico e la Dipendente Affettiva.

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img dal blog P. Busonero

Quante volte ognuno di noi , nel ciclo di vita, ha fatto esperienze di relazioni amorose nelle quali non si è sentiti completamente corrisposti? La sensazione era sempre quella di dedicarsi all’altro in modo superiore a quanto l’altro ci corrispondesse. I rapporti di coppia sono difficili, specialmente considerando che ognuno porta con sé un bagaglio di esperienze ed una storia personale che deve necessariamente incontrarsi col bagaglio e l’esperienze dell’altro. Quando però, ci rendiamo conto che ogni nostra relazione di coppia è caratterizzata da un peso troppo sbilanciato su di noi, quando sentiamo che con ogni partner siamo noi a donare , a dedicarci completamente e non troviamo mai qualcuno che ci corrisponda come vorremmo e come sentiamo di avere bisogno, allora potremmo trovarci di fronte ad una condizione particolare: la sindrome della crocerossina. Questa forma di dipendenza affettiva è denominata al femminile poiché, socialmente e culturalmente le donne sono maggiormente predisposte a sviluppare questo schema relazionale disfunzionale. Come già trattato in questo articolo   queste donne sviluppano una sorta di ossessione per il partner, dipendono in tutto e per tutto da quest’ultimo, senza il quale si ha la sensazione di una totale perdita di controllo e, pur di non perdere la sua presenza vitale, si è disposti a tutto, fino all’annullamento della propria esistenza in quanto persona unica con desideri e bisogni peculiari (Guerreschi, 2011). L’altro diventa quindi un mezzo e non un fine, un modo per colmare il vuoto affettivo ed esistenziale che le crocerossine si portano dentro. Il copione disfunzionale che si ritrova spesso in queste donne è  rendere l’altro responsabile della propria felicità. Nonostante le crocerossine soffrano di non essere corrisposte da partner che si rivelano invece freddi, distaccati, spesso svalutanti,esse si convincono che dedicandosi maggiormente il loro partner cambierà, e le amerà colmando la sensazione di vuoto che ha origine nello sviluppo dell’attaccamento genitoriale dell’infanzia, solitamente ambivalente.  Le bambine crescono in questi nuclei famigliari imparando che l’oggetto d’amore è la condizione indispensabile per stare bene, in cui uno dei due genitori (solitamente la madre) è dipendente dall’altro(Consolo, 2016). Anche nel rapporto con il padre, queste donne non sono state contenute, accolte e rinforzate, sviluppando così una bassa autostima che le fa credere di non meritare un partner che le ricambi realmente e restando invece attratte da persone bisognose, che devono salvare, che credono di poter cambiare, come nella fiaba de “la Bella e la bestia” dove la credenza è che anche dietro una figura mostruosa può celarsi un principe, che con l’amore e la devozione di Belle  può tornare ad avere  sembianze umane( Passani,2018).La-bella-e-la-bestia

Le donne che amano in maniera così totalizzante, vivono una sessualità apparentemente molto intensa: maggiori saranno i conflitti con il partner, più intenso sarà il rapporto sessuale. Questo accade perché la sessualità è vissuta dalla crocerossina come l’unico modo di avvicinare il partner, il corpo è un mezzo di controllo che però spesso incappa in disfunzioni sessuali come l’anorgasmia (Consolo ,2016).

Dall’altra parte vi è il Narcisista Patologico che ha in comune con la dipendente affettiva la paura dell’abbandono, ma a differenza di quest’ultima riesce a superarla negando il bisogno degli altri. All’inizio della relazione si mostra per ciò che non è, riempiendo di attenzioni la donna dipendente, è seduttivo, misterioso, corteggiandola in maniera spudorata, mostrandosi bisognoso di affetto, per adescare la crocerossina che non aspetta altro che qualcuno da salvare. Per quanto disfunzionale, la coppia si bilancia: La persona con personalità narcisista ha, infatti, bisogno viscerale di qualcuno da schiacciare o da denigrare, perché solo così potrà essere confermato il suo valore. Cerca ammiratori, non vere relazioni. La sua sensibilità verso il dolore altrui è anestetizzata e il suo rapporto con i più bisognosi è fondamentalmente sprezzante (Manzini,2018). narcisista-1199x480

La totale e completa ammirazione e dedizione della dipendente, per il Narcisista non è altro che un’eco per il suo ego: la conferma del suo sé grandioso, della sua potenza, della sua superiorità. Sminuendo gli altri il narcisista elogia sé stesso.  In realtà anche il Narcisista ha una storia difficile che nasce dal suo nucleo famigliare: la sua mancanza di empatia e il suo senso di onnipotenza gli impediscono di stabilire una vera intimità con “l’altro”, attuando una difesa che lo protegge dal rischio dell’abbandono, convincendosi di non aver bisogno di nessuno. L’aspetto di manipolazione è sottile e si nasconde dietro il meccanismo di graduale ritiro su sé stesso: da un iniziale principe azzurro, che già nei primi mesi di relazione fa grandi promesse, riduce mano a mano le dimostrazioni di interesse, sottraendosi sempre di più e iniziando a svalutare il partner . A volte, sotto la minaccia dell’abbandono, isola il partner dai rapporti precedenti la relazione (genitori, lavoro, amici). In un circolo vizioso, il narcisista diventa sempre più indispensabile perché fa terra bruciata intorno all’altro, esercitando in questa maniera una forma di controllo sempre più pressante. Il partner dipendente, anche se capisce che non va bene e che vorrebbe chiudere, non ce la fa. E’ il meccanismo della dipendenza, simile anche nella dipendenza da sostanze. Quando le persone dipendenti cercano di chiudere la relazione, possono addirittura subire maltrattamenti fisici e psicologici. È un modo per dire all’altro: tu mi appartieni. Il maltrattamento è una  forma estrema di controllo che serve ad intimorire sempre di più la vittima, a umiliarla e a toglierle potere(Borgioni, 2015). Questo tipo di interazione patologica, si verifica anche nelle situazioni di violenza domestica, che spesso sfociano nel femminicidio. FEMMINICIDI-640x320

Quando  la crocerossina riesce a liberarsi di questa relazione tossica, il narcisista vive una profonda ferita alla sua immagine onnipotente, ma trincerandosi subito dietro le sue convinzioni si mette alla ricerca di un’altra persona, sotto il meccanismo della coazione a ripetere. Sono soggetti molto resistenti alla terapia psicologica poiché autoreferenziati, convinti di essere privi di dubbi e insicurezze, è difficile che si mettano in discussione, raro che si sottopongano  ad un percorso personale di cambiamento.

D’altra parte, le donne dipendenti affettive, quando riescono a intraprendere un percorso di cambiamento, imparano ad amare se stesse, riconoscendo i vuoti affettivi della loro vita. Questo processo le porterà a vivere rapporti reciproci e non simbiotici, ascoltando le loro esigenze e per la prima volta, conoscendosi realmente come individui.

Dott.ssa Sara Longari

Bibliografia:

Consolo I.- Il piacere femminile, Giunti 2016

Sitografia:

https://d.repubblica.it/life/2018/03/16/news/coppia_dipendenza_affettiva_e_narcisismo_patologico_come_riconoscere_un_uomo_narcisista_identikit-3894287/

https://www.dipendiamo.blog/2017/11/17/la-coppia-la-dipendente-affettiva-narcisista/

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