PsiCovid: la salute mentale durante la quarantena

Coronavirus positive

La pandemia mondiale di Coronavirus ha costretto tutte le persone ad una quarantena forzata, per scongiurare il rischio di contagio e limitare l’epidemia il più possibile. A seguire il modello di distanziamento sociale e il “lockdown” (letteralmente “confinamento”) attuato dalla Cina, siamo stati noi Italiani, il secondo paese colpito da quello che è stato più volte definito “nemico invisibile”, per l’altissima contagiosità e la velocità di diffusione ( oltre che per le serie conseguenze sulla salute che purtroppo per  un numero sempre crescente di persone ha portato la morte).

Non è difficile immaginare, a livello psicologico quanto  questa situazione di allarme ci porti a ridefinire tutta una serie di aspetti fondamentali della vita umana, quelli con i quali siamo nati e cresciuti: il contatto, la vicinanza con l’altro, la libertà di muoverci, di incontrarci, insomma tutti quegli aspetti che fanno parte della stessa natura umana: la socialità. Dalla prima settimana di marzo, chi prima, chi qualche giorno dopo, abbiamo dovuto abbandonare la vita e le abitudini che conoscevamo, per chiuderci nell’isolamento delle nostre case, che finora hanno rappresentato l’unico riparo dal pericolo del virus. Superato lo stato confusionale delle prime battute, lo scetticismo di alcuni rispetto al rischio del contagio, il popolo italiano, in maniera anche molto “resiliente” ha compreso l’importanza del nuovo stile di vita che a suon di slogan emanati 24h su 24h ci è stato imposto fino al 3 maggio (curva dei contagi permettendo). coronavirus_fila_supermercato_Fg

Con l’Hashtag #iorestoacasa ci siamo scoperti pizzaioli, panettieri , pasticcieri, poi abbiamo iniziato a dipingere arcobaleni da appendere ai balconi per darci fiducia, poi le videochiamate di gruppo sono diventate un nuovo spazio per incontrarsi con famigliari e amici, i social ci hanno regalato momenti di condivisione di challenge e tormentoni, poi ancora abbiamo imparato come fare a meno della palestra per fare sport in casa, o a curarci del corpo in mancanza di centri estetici, ci siamo dati appuntamenti sui balconi , ognuno nel proprio nido, i più fortunati con qualcuno accanto, ma tanti completamente soli.

Dopo la proroga fino al 3 maggio della quarantena inizia ad emergere tutta la fragilità di quest’onda di “resilienza” iniziale: a 40 giorni dall’inizio dell’emergenza, con l’economia ferma e le famiglie distanti, anche le mode social tendono a scemare e sono iniziati a venire fuori gli stati emotivi devastati dalla pandemia.

Nonostante non ci siano ancora dati ufficiali, poichè la situazione è ancora in corso e gli studi professionali di psicoterapia e sostegno psicologico siano chiusi ( con possibilità di contatto solo virtuale) non è difficile prevedere quali conseguenze avrà anche e soprattutto a livello psicologico questa drammatica situazione: disturbi da stress,disturbi del sonno, ansia generalizzata, attacchi di panico e depressione,burnout (per le professioni di aiuto) sono i nemici numeri uno delle situazioni di pericolo per la salute, nonchè dell’isolamento e della distanza sociale. Ma a generare questo tipo di sofferenza psicologica concorrono anche la situazione economica che per molte persone si aggrava sempre di più col passare dei giorni oltre che l’incertezza del futuro, il non sapere quando e se potremo tornare alla vita di “prima”, la mancanza della possibilità di “programmare” il proprio futuro o immaginare come potrebbe essere un nuovo stile di vita “anti-virus” .Questi i fattori che potrebbero maggiormente devastare il nostro equilibrio mentale che preso da ritmi incessanti, frenetici, “pieni”, non è abituato a stare nel fatidico “qui e ora“, carico di pensieri, faccia a faccia con le proprie fragilità.  metacognitionthoughts_782652

Quello che emerge è certamente la demonizzazione del contatto, “l’altro”  che diventa fonte possibile di contagio, le mani che fino ad oggi erano il mezzo di comunicazione, relazione, scoperta del mondo, diventano veicolo per il virus. Il volto, chiave dell’identità, coperto dalla mascherina che cela la bocca, nasconde l’espressività di ognuno. Siamo bombardati dal messaggio che ORA “insieme” è uguale a pericolo, mentre noi siamo cresciuti con l’idea che L’insieme crea senso e significato all’esistenza. L’essere umano come animale sociale è un concetto radicato in secoli di cultura.Tutto questo, quasi certamente avrà delle ripercussioni sul modo di “relazionarsi” d’ora in poi.

Anche la sessualità risente di questa situazione di “stallo”: la convivenza forzata e tutto il tempo a disposizione non per forza sono micce che innescano le fantasie sessuali, anzi: l’incremento dei conflitti di coppia e la tendenza a “lasciarsi andare” dal punto di vista della cura del proprio aspetto ( stare sempre in pigiama/tuta, o addirittura  non lavarsi perchè non si deve uscire), sicuramente non incentivano la sessualità. Per questo è importante approfittare di questo tempo per ricostruire una comunicazione funzionale che magari prima era stata trascurata per mancanza di tempo e di occasioni, o per riaccendere la fiamma di un rapporto che si era ormai affievolita a causa della routine. Anche se in casa, possiamo comunque concederci una cena a lume di candela, con il nostro intimo migliore e provare magari ad immaginare una serata diversa, con un finale piccante. Oppure può essere il momento giusto per sperimentare i giochi di ruolo o semplicemente concedersi un contatto profondo: quello che tanto ci viene vietato fuori casa, potrebbe essere goduto a pieno tra le mura domestiche.sbU4y

Per le coppie che si trovano separate a causa della pandemia, si può fare ricorso al sexting online ( sempre nel rispetto dell’altro e con persone di fiducia con le quali vi è un rapporto consolidato) per rendere meno pesante la lontananza e provare nuove frontiere della sessualità. Ricordiamo che l’aspetto sessuale è una parte integrante della salute e dell’equilibrio psicofisico, che non va trascurato durante questo periodo di grande stress.  E allora vediamo qualche piccolo accorgimento per preservare il benessere psicofisico in questa situazione straordinaria di emergenza:  come ci hanno più volte ripetuto è importante stabilire una routine quotidiana, darsi dei piccoli obiettivi conferisce uno scopo alle giornate. Worried thinking womanVa da se che stare tutto il giorno in pigiama sul divano può essere un’eccezione del weekend ( poichè ogni tanto è giusto e fisiologico anche cedere alla tristezza, alla stanchezza ed alla paura che sono sentimenti adeguati in stato di pericolo e incertezza) , perciò vestirsi come se si dovesse uscire è una buona abitudine, così come ritagliarsi ogni giorno un  momento per la cura del proprio corpo.

Un’attività manuale è un ottimo distraente per il cervello, che impegnato al raggiungimento dello scopo discosta il pensiero dal virus e dall’allarme mondiale (recuperare un oggetto vecchio ed usurato, creare qualcosa, sistemare quelle vecchie foto in fondo al cassetto, ridipingere una parete, sistemare i cassetti o gli armadi sono tutti ottimi diversivi che potete provare). Se prima della quarantena si era persone sportive è importante non interrompere questa buona abitudine, se invece prima non si aveva mai tempo e voglia, quale migliore momento per iniziare? Anche in questo la tecnologia ci è vicina con migliaia di app di workout che suggeriscono allenamenti su misura in base al livello di allenamento, oppure le palestre stesse offrono il servizio  di allenamento personalizzato anche a distanza.  palestra-a-casaUsare la tecnologia e i social per restare in contatto con i propri cari è fondamentale per non sentirsi soli e accorciare le distanze imposte, d’altra parte questi ausili diventano disfunzionali se impiegati per la ricerca ossessiva di informazioni sulla pandemia ( sarebbe utile informarsi non più di due volte al giorno per non incrementare l’angoscia).

Un piccolo esercizio di fantasia che possiamo provare è immaginare il futuro post-pandemia in accezione positiva, adattandolo alle buone pratiche che ci sono state imposte per limitare il contagio: come sarà il ritorno a lavoro? il primo pranzo in famiglia? la pizza con gli amici (finalmente) in pizzeria e non in casa?

I pensieri positivi e la progettualità possono di certo aiutarci ad affrontare queste lunghe giornate. Ma per il momento, cerchiamo di concentrarci sul momento presente per trarne più benefici possibili. Guardiamoci intorno, coltiviamo i rapporti importanti della nostra vita: come le piante, anche le relazioni hanno bisogno di accudimento costante.

In ultimo , ma  importantissimo, le serie conseguenze psicologiche che questo difficile momento causa e causerà non vanno sottovalutate, perciò è buona pratica ricordare sempre dei professionisti della salute mentale, psicologi e psicoterapeuti che mai come in questo periodo storico sono importanti al pari di qualsiasi altra professione sanitaria, poichè come ha stabilito anche l’OMS la salute va intesa come lo  stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia. A questo proposito infatti sono attualmente attivi online servizi di consulenza e sostegno psicologico per le situazioni di disagio,ansia, panico e  sintomi stress-correlati all’attuale momento pandemico.

Dott.ssa Sara Longari 

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adolescenti in casa? ne abbiamo parlato qui

Sessualità e serie tv: così gli adolescenti fanno educazione sessuale

In questo periodo difficile, in cui ci è stata imposta una libertà di movimento quasi del tutto azzerata per motivi di sicurezza della salute, molte famiglie si ritrovano a vivere una “convivenza forzata”, dovuta alla lunga permanenza di tutti i membri in casa, senza quelle ore di autonomia che erano dedicate alla scuola, al lavoro e agli hobby personali. Ora, genitori e figli si trovano fianco a fianco per lunghe ore, magari sull’unico divano di casa a gestire anche la programmazione d’intrattenimento dei mezzi multimediali, Televisore e computer.

Negli ultimi anni, si è diffusa a macchia d’olio l’abitudine di dedicare molto tempo ai telefilm e sono nate diverse piattaforme in cui trovare un numero imponente di contenuti, serie tv e film, che vengono visti anche dai giovanissimi.

Per citarne una tra le più famose, basta guardare la home page di Netflix per rendersi conto dell’offerta che si trovano davanti i nostri adolescenti e preadolescenti, nella scelta di trame e personaggi. Ma i genitori…sanno cosa guardano i figli?

La sessualità, sulla tv “a pagamento” è di sicuro meno censurata dei canali pubblici di sempre, che tramite i bollini rossi, esercitano un minimo di “parental control”. Così non è naturalmente sulle app che si installano anche sugli smartphone e che contengono contenuti di ogni genere, con scene di sesso anche molto esplicite.

Alcune serie TV, come ad esempio la famosa serie “Sex education” , forniscono non solo uno spaccato della gioventù americana, presa nella sperimentazione del corpo proprio e altrui, ma anche dei nostri adolescenti e sdogana liberamente il tema della masturbazione, dei primi rapporti sessuali, della fluidità di genere e delle disfunzioni che possono riguardare l’aspetto della sessualità, già da giovanissimi. Nella serie infatti, il figlio di una psicosessuologa professionista, fornisce consulenze sessuali ai coetanei a scuola, mentre egli stesso cerca di superare l’inibizione alla masturbazione e la difficoltà a lasciarsi andare al piacere sessuale. sex-education-2-recensione-nuova-stagione-serie-netflix-recensione-v2-46831-720x720

Una serie tutta dedicata ai nostri giovani adolescenti è invece Baby, ambientata nella  Roma bene, in cui le ragazze di una scuola in riferimento alle “parioline” che fecero scandalo qualche anno fa, vendono prestazioni sessuali in cambio di denaro.baby-2-netflix-k3UH-U315022120095eE-1224x916@Corriere-Web-Sezioni-593x443

Sempre in una scuola, si snoda invece la vicenda della serie spagnola Elite, che intreccia la soluzione di un’indagine per omicidio alle storie personali dei protagonisti tra scene sessuali esplicite, scambi di coppia, relazioni omosessuali e limitazioni religiose.

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In molte di queste serie, emerge come le app per incontri siano un canale privilegiato per le relazioni sessuali. ma anche serie TV che si basano su altre trame, non sono scevre da scene di sesso esplicito (penso ad esempio a La casa de papel o Suburra).

Infine, per citare anche la piattaforma Sky, non è passata inosservata la serie TV “Euphoria”, manifesto della generazione 3.0 dedita alle app di dating, feste a base di droga e alcol e gender fluid. euphoria-possibile-cover Nella programmazione di Sky Atlantic , la serie viene mandata in seconda serata, e non è difficile capire il perchè: le scene di sesso sono a livello di soft-porn, così come sono espliciti i dettagli sull’assunzione di droghe, il tutto su uno sfondo di genitori distratti, assenti o abusanti. Lo spaccato giovanile che propone è sicuramente preoccupante in quanto emerge il disagio psicologico profondo e il bisogno di figure di riferimento sicure e amorevoli. E’ una serie Tv coniata da adulti, che dovrebbe riferirsi sicuramente ad un pubblico ADULTO e consapevole delle riflessioni che dovrebbe generare la sua visione, ma siamo certi sia così?

I numeri e l’eco mediatico ci suggeriscono altro, ed è per questo che i genitori, specialmente in questo periodo storico, in cui i ragazzi si ritrovano in una sorta di ritiro sociale forzato, di isolamento e immersione totale nei social, non possono lasciare che siano le serie tv ad istruire i figli sulla sessualità, poichè come abbiamo più volte ripetuto manca tutto l’aspetto dedicato all’affettività. Ricordiamo che, per quanto complesso e sicuramente imbarazzante, la soluzione migliore non è cambiare canale o mandare avanti le scene di sesso davanti ai figli, perchè rimandiamo l’idea che l’intimità sia qualcosa di vietato, di cui vergognarsi e di cui “non si deve parlare”. Questo atteggiamento ci allontana da un dialogo costruttivo, non ci rende delle fonti preferenziali per gli adolescenti, che ovviamente per evitare imbarazzi o rifiuti si rivolgeranno agli amici, o alla rete, rischiando di reperire informazioni scorrette.

Se proprio non si vuole parlare esplicitamente di sessualità ai figli, si può fare perno sull’aspetto affettivo delle relazioni, o semplicemente anche avere un atteggiamento neutrale e rilassato nei confronti di una scena di sesso è preferibile e più  costruttiva.

Il dato certo, che i genitori devono tenere ben presente, è che se i giovani utilizzano queste piattaforme, sono sicuramente bombardati da messaggi sessuali espliciti, che “sanno” in materia di intimità e che quindi bisogna abbandonare l’idea che siano troppo piccoli per certi discorsi, perchè se fosse così, dovrebbe essergli vietato di avere accesso a determinati contenuti. Non lasciamoli soli nella scoperta di questo importante aspetto della crescita!

Per un approfondimento in materia di educazione affettiva e sessuali, per bambini, adolescenti e genitori, vi riporto gli articoli in cui ne ho già parlato!

 

 

https://tiresiablog.wordpress.com/2018/07/16/educazione-affettiva-e-sessuale-a-scuola-perche-litalia-ne-ha-urgente-bisogno/

https://tiresiablog.wordpress.com/2018/05/25/adolescenti-sviluppo-e-sessualita-istruzioni-per-i-genitori/

https://tiresiablog.wordpress.com/2019/02/24/mamma-papama-come-nascono-i-bambinispiegare-la-sessualita-nella-primissima-infanzia/

 

Dott.ssa Sara Longari

matrimoni 2.0: il tradimento a portata di app!

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L’istituzione del matrimonio è quella che sembra mantenere nei secoli un traguardo condiviso dalla maggior parte degli individui, nonostante il crollo dei matrimoni in Italia nel 2018, il 2019 ha visto di nuovo una crescita del rito coniugale (che sia religioso o civile) secondo i dati rilasciati dall’Istat. Naturalmente è  cambiata nei secoli la posizione dei ruoli di genere all’interno della coppia, con un aumento dell’emancipazione femminile: mentre prima la donna si occupava solo della casa e dell’accudimento dei figli, oggi lavora, contribuisce al bilancio economico, condivide scelte e decisioni familiari e sempre più spesso (finalmente!) esprime desideri e preferenze sotto le lenzuola (e non solo).

Nonostante questo processo di parità di coppia rappresenti un progresso umano e sociale, non c’è da stupirsi se in qualche caso, ha portato a sgretolare le certezze dell’uomo italico, istruito da secoli con lo stereotipo del “maschio alfa che non deve chiedere mai“, ma non solo: all’interno dello scenario della famiglia tradizionale da “mulino bianco”, sono sempre stati presenti momenti di fuga dal quotidiano, trasgressioni sessuali e scappatelle, agite nella maggior parte dei casi, dagli uomini.tradimento-infedelta-1024x576

Non è una novità o un pregiudizio: per anni gli studi antropologici, psicologici e sociali si sono incentrati sulla tendenza maschile di evadere dalla monogamia, tanto che, soprattutto in passato, gli episodi di adulterio erano anche tollerati dalle mogli che pur sapendolo, restavano in coppia per il benessere dei figli (o almeno così credevano) e anche per la loro dipendenza economica. A pareggiare le cose, come appunto dicevamo sull’emancipazione femminile, è intervenuta la diffusione della linea internet a portata di smartphone, che in tutte le case permette di collegarsi in tutto il mondo in pochissimo tempo: e così i vari social, siti e app di incontri sono diventati occasione quotidiana di tradimento ed evasione, poichè l’occasione (che si sa, da sempre rende l’uomo e la donna, ladri) si può creare comodamente dal divano di casa, in maniera molto spesso anonima (negli ultimi anni infatti sono aumentate le cause di separazione dovute a tradimenti tramite social). tradimentoAbbiamo parlato delle ragioni del tradimento qui

Ma non è tutto: l’avvento delle app di incontri ha dato il via a ciò che il sociologo Pascal Lardellier chiama “adulterio tecnologicamente assistito”, luoghi virtuali protetti dove gli adulteri di tutto il mondo possono trovare occasioni di incontri extraconiugali, garantendosi l’anonimato e i filtri di uno schermo. L’aspetto interessante di questo fenomeno, è quello che da un decennio a questa parte ha preso piede nel mondo ossia la creazione di app “al femminile e per il femminile”: non è raro infatti che mentre eravate comodamente seduti a godervi un programma in tv, sia andato in onda uno spot di un app di incontri extraconiugali dedicata alle donne!! L’interfaccia è curata nei dettagli: garantisce esperienze extraconiugali di ogni genere, vicino a casa o per i viaggi di lavoro, che sia sporadica o di tipo più continuativo, le donne hanno accesso totalmente gratuito, mentre per gli uomini ci sono dei “crediti” acquistabili , banditi gigolò ed escort, per il profilo di iscrizione si accede ad info su età, sesso e professione. Il prerequisito è ovviamente che gli iscritti siano sposati, ma sono ammessi anche single in cerca di avventure: il vantaggio di avere un’interfaccia di questo genere è ovviamente il sapere “perchè” si è lì. La differenze con le app di incontri che già conosciamo è, per gli ideatori, colmare il divario tra le app che garantiscono la conoscenza di altri single per instaurare un’eventuale relazione e quelle che invece creano solo occasioni erotiche.

Inoltre, è probabile che per i fruitori questa app sia preferibile ad una comune interfaccia di incontri poichè il sapere che l’interlocutore è sposato/a, non dovrebbe creare aspettative eccessive sulla relazione e dovrebbe evitare la possibilità di mentire sul proprio stato civile, partendo comunque dal presupposto che chi vi accede è sposata/o ed ha presumibilmente intenzione di rimanerci.

Il boom di iscrizioni dal 2009 ad oggi è incrementato ed è la chiara fotografia di come sia cambiato lo scambio di coppia dalla famiglia “del mulino bianco” a quella odierna, che può trovare occasioni di tradimento da uno spot pubblicitario visto a cena.Tracce-del-tradimento-Nr.-06-Tradire-e-svelare-o-nascondere-il-tradimento-680x365-680x365 Ovviamente, inutile dire che la caratteristica fondante è l’aspetto del segreto, il tradimento avviene all’oscuro del partner, quindi sicuramente non siamo in presenza di coppia aperta o relazione poliamorosa. Anzi, probabilmente, come si evince dalle testimonianze anonime dell’interfaccia, è proprio questo aspetto della menzogna, del non farsi scoprire, che rende il tradimento ancora più stimolante per la donna e per l’uomo.  Ma non solo: uscire dalla routine di una coppia consolidata, sommersa dalla vita familiare e lavorativa, in cui si è perso il lato della conquista e del corteggiamento, regala nuovamente a queste persone una dimensione sessuale; non più compagni di vita, ma oggetti di desiderio e di nuovo “seduttori” in cerca di conquiste. Oltre che la rinnovata percezione di essere desiderabili, emerge anche una nuova voglia di dialogare e raccontarsi, poichè come spesso accade nelle coppie consolidate, le conversazioni si riducono a banalità della vita quotidiana o addirittura al silenzio totale.  La voglia di fuggire dalla monotonia del proprio rapporto stabile può avere diverse radici, così come la scelta di non tentare di recuperare quell’adrenalina di un rapporto vivo può avere diversi vantaggi inconsci per i partners, ma certamente il gran numero di iscrizioni a queste app ci da un frame di quanto i rapporti di coppia siano fragili e in crisi in questo periodo storico. Probabilmente il modello di “famiglia perfetta” come la vediamo in tv è un modello fallimentare che crea falsi miti ed è lontano dalle reali inclinazioni umane che necessitano di nuovi stimoli e di un continuo percorso di scoperta e conoscenza dell’altro, rispettandone le differenze e cogliendone gli aspetti di crescita, fuori e dentro il letto coniugale.


Dott.ssa Sara Longari

Bibliografia:

Consolo I. Il piacere femminile. ed. Giunti Firenze 2017

Quattrini F. Il piacere maschile. ed. Giunti Firenze 2017

sitografia:

http://www.istat.it/archivio/coppie

http://www.donnamoderna.it

https://it.gleeden.com/

50 sfumature di coppie: anche il bianco è un colore!

Cosa si intende per “matrimonio bianco”?

Matrimoni-completamente-in-biancoCon il termine “matrimonio bianco” ci si riferisce a quel legame all’interno del quale la dimensione sessuale viene vissuta dai partner attraverso modalità preliminari che spaziano dal petting all’autoerotismo, dalla masturbazione reciproca al sesso orale, senza mai incanalarsi verso un rapporto sessuale completo che culmina nell’atto penetrativo di tipo coitale, malgrado le fasi del ciclo di risposta sessuale risultino apparentemente inalterate (desiderio, eccitazione, orgasmo e risoluzione, venendo a mancare unicamente la fase del plateau). Secondo l’Ami (Associazione matrimonialisti italiani), sarebbero circa il 30% della popolazione, specificamente si parla del 30% di coppie tra i 30 e 40 anni che non ha una vita sessuale o che ha una vita sessuale assolutamente non appagante, con rapporti molto rari, situazione che va a minare le fondamenta del matrimonio o comunque della coppia di fatto.

Da un punto di vista psicosessuologico, come viene vissuto dai partner questo disagio? 

Nella maggior parte dei casi che giungono in consultazione clinica per risolvere il disagio, l’elemento caratterizzante ed allo stesso tempo allarmante è il tempo che intercorre tra l’insorgenza del disagio e la decisione di consultare un esperto. Spesso queste coppie fanno passare in media 6/8 anni prima di trovare il coraggio per affrontare il problema, rafforzando i disagi e spesso portando entrambi a distanziarsi, o comunque accusandosi di non chiare responsabilità. Il nucleo della questione è nel fatto che le coppie bianche sublimano la  sessualità nell’affettività, spesso, visti dall’esterno i partner sembrano incarnare il rapporto perfetto, molto uniti e solidali, ma dietro questa immagine si celano problematiche e disagi di varia natura. Come riporta Quattrini (2009) “queste coppie vivono una disarmonia bio-psico-sociale nel senso che hanno spesso la convinzione di possedere genitali con alterazioni fisiologiche, quindi “impossibilitati” all’esperienza coitale, sono individui sostenuti da una caratteristica di personalità di tipo ansioso/introversa e sorretta da una scarsa o assente educazione sessuale, nonché forti di credenze stereotipate in merito alla sessualità in generale e al rapporto uomo-donna nello specifico. Spesso sono uomini e donne che hanno deciso per motivi personali, etici o religiosi di arrivare illibati al fatidico si, in altri casi, invece le motivazioni si possono ritrovare nella paura del sesso e in una forte ignoranza in materia di sessualità e affettività.  C’è da non sottovalutare anche l’aspetto della “vergogna” che chiude i partner in una trappola escludendoli non solo dalle interazioni sociali, ma anche dalla possibilità di farsi aiutare.”

Qual è il fattore o la spinta che porta la coppia a chiedere aiuto?

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Nella maggior parte dei casi, quando una coppia giunge in consulenza, oltre ad essere presenti paure, diffidenza e stanchezza; avanza una richiesta d’aiuto che è quella di voler avere un figlio, bypassando la necessità ed il desiderio di riuscire a vivere, nonchè affrontare il rapporto sessuale completo. Questa motivazione spinge i partner a voler fare di tutto per raggiungere un tale obiettivo, dimenticando spesse volte che il motivo base per cui non riescono a procreare è strettamente legato alla difficoltà di riuscire a portare a termine un rapporto sessuale completo (Quattrini, 2009).

Quali potrebbero essere le cause scatenanti di tale disagio? 

Attualmente, si tende a distinguere almeno tre tipi di cause al riguardo: femminili, maschili e miste, che possono essere differenziate secondo l’aspetto medico-funzionale, psicosessuologico e socio-relazionali. 

valeriarandone_untitledPer quanto concerne l’aspetto più strettamente medico gino-andrologico è possibile riscontrare caratteristiche anatomiche particolari, che eventualmente possono diventare invalidanti durante l’attività penetrativa. Nelle donne è raro, ma possibile, riscontrare imeni particolarmente rigidi e sclerotici, oppure malformazioni dell’orifizio vaginale e costanti infiammazioni della mucosa vaginale. Nell’uomo, invece può essere più frequente riscontrare fimosi, frenulo corto e ipersensibilità del glande. 

couple in benPer quanto riguarda invece gli aspetti sessuologici, che non escludono una combinazione con quelli medici e con quelli socio-relazionali, può essere osservato nelle donne il vaginismo: l’impossibilità di riuscire ad accettare qualsiasi tipo di penetrazione in vagina. Nell’uomo invece, può essere osservata una eiaculazione precoce primaria e solitamente ante portam; o anche delle difficoltà erettili, associate ad un vissuto omosessuale non accettato e che inevitabilmente si rappresenta con un rifiuto dell’attività penetrativa (potrebbe trattarsi di una possibile omofobia interiorizzata). 
Gli aspetti socio-relazionali riguardano tutti quegli elementi di carattere educativo e culturale, che ingabbiano uomini e donne in una rigidità stereotipica verso le varie forme di sessualità, dagli effetti devastanti e deleteri.  A tal riguardo, all’interno del percorso psicosessuologico è necessario educare i partner alla sessualità, definendola come parte integrante del nostro “essere” individui e l’esperienza, prima demandata all’autoerotismo e successivamente convogliata nei primi contatti intimo relazionali, diventa di fondamentale importanza per accrescere una “sana” maturità sessuale adulta (Quattrini, 2009).

Cosa possono fare le coppie per risolvere la loro condizione di disagio?

terapia-di-coppiaAuspicabilmente, è fortemente consigliato alle coppie di mettersi in contatto con uno psicosessuologo, il quale essendo esperto del settore, potrà attraverso percorsi mirati e personalizzati accompagnarle nella risoluzione delle complesse difficoltà sessuo-relazionali.

Specificamente, in prima battuta l’intervento sarà improntato sull’acquisizione da parte dei partner di competenze comunicative funzionali e non distruttive, tali da permettere il corretto funzionamento dell’equilibrio emotivo – relazionale della coppia ripristinando la situazione di empasse. 
Un secondo aspetto riguarda l’opportunità dei partner di aprirsi ad una nuova educazione alla sessualità, concedendosi la possibilità di riconoscere nell’autoerotismo uno spazio personale ricco di novità ed interesse psicocorporeo. Terzo, e non ultimo, può corrispondere al riconoscere l’importanza della sfera intimo-sessuale sganciandola da tutti quei cliché socio-culturali che hanno incastrato i partner nella paura, nel pregiudizio e nel tabù del sesso. 
L’esperienza sessuale, nel rispetto di se stessi e degli altri non può non esistere, ne tantomeno essere sublimata o “rimpiazzata” da alternative affettive apparentemente gratificanti. La sessualità deve essere vissuta a pieno, abbracciando a 360° tutte le sfaccettature dei propri desideri, senza paure particolari, ne tantomeno stereotipi e false credenze (Quattrini, 2009).

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia e Sitografia:

  1. F. Quattrini, 2009;  Il matrimonio bianco (www.benessere.com)
  2. Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, 2017; Coppie bianche: in Italia sono il 30% e per lo più giovani (www.ami-avvocati.it)
  3. I. Lelli, 2019; Matrimoni bianchi: il fenomeno, le cause e le possibili soluzioni (www.insiemeonline.it)
  4. A. Artegiani & M.S. Sanavio, 2018; Matrimoni Bianchi (www.sessuologia.com)
  5. P. Raminghi, 2019; Matrimoni bianco e vaginismo, analisi e cura (www.raminghipsicologa.com)

L’anorgasmia maschile: quando il piacere non arriva

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L’orgasmo rappresenta per uomini e donne il momento di culminante piacere nella risposta sessuale.  Come abbiamo più volte sottolineato, esso si costituisce di un complesso di sensazioni psicogene ma anche di reazioni fisiologiche, che sono state studiate e misurate dai pioneri dello studio del comportamento sessuale umano.

Nell’uomo l’orgasmo   è fisiologicamente  associato al momento dell’emissione, in cui il liquido seminale si raccoglie nella porzione bulbare dell’uretra (inevitabilità orgasmica) e conseguentemente  ai getti eiaculatori  . In questo secondo momento vi è la sensazione di piacere più intenso. Come per l’eccitazione, anche l’orgasmo è regolato da riflessi spinali, limbici e corticali, tuttavia a differenza del’eccitazione esso è connotato da una reazione muscolare sotto il controllo del sistema nervoso ortosimpatico ed in parte dal sistema nervoso volontario( Fenelli, Lorenzini 2014).

E’ tuttavia un fenomeno particolarmente influenzabile da vari fattori, ed in caso di disfunzionalità in entrambi i sessi, può essere definito in base a criteri temporali: vi può essere una precocità della reazione orgasmica (eiaculazione precoce), oppure un’inibizione totale o parziale di questo momento.  Già da questa prima distinzione temporale è possibile evidenziare le divergenze diagnostiche che emergono tra maschi e femmine: in caso di orgasmo precoce, solitamente per le donne non viene percepito come un problema, ed in effetti ci sono rari casi di trattamento di questa condizione; per gli uomini l’eiaculazione precoce non solo è un disturbo molto frequente,ma ad esso sono dedicate terapie farmacologiche e diversi tipi di trattamento terapeutico multimodale. Per quanto riguarda l’anorgasmia invece, la questione è ancora aperta: le donne anorgasmiche sono da sempre soggette a trattamento, la loro inibizione orgasmica è invalidante per la coppia e spesso può portare le persone in terapia per risolvere il problema. Per quanto riguarda l’uomo invece, la presenza di anorgasmia può avere due diverse chiavi di lettura: da una parte, la lunga durata della prestazione sessuale viene letta come “potenza virile”, d’altra parte, le coppie denunciano il problema ai clinici nel momento in cui sorge nella coppia la necessità di concepire. Inoltre , solitamente anche la donna non trae giovamento da prestazioni così lunghe, poiché il mancato compimento dell’orgasmo del partner si ripercuote anche sulla sua autostima e sul rapporto di coppia.

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Dal punto di vista diagnostico, si sottolinea che nell’ultima edizione del DSM, l’eiaculazione ritardata è stata inserita nell’ambito delle disfunzioni sessuali che però rispetto alle ed. precedenti, sono meno inquadrate in una categorizzazione che suddivideva le problematiche in base alle fasi di risposta sessuale: desiderio, eccitazione e orgasmo. In questa edizione le fasi di risposta sessuale fanno parte di un continuum meno netto e definibile, ed in effetti questa tesi sembra essere supportata da evidenze cliniche riportate anche in letteratura. Secondo B. Apfelbaum  ( autore di numerosi articoli e capitoli nel campo della terapia sessuale)infatti, l’eiaculazione ritardata porta con sé una serie di pregiudizi clinici che possono essere superati solo se si focalizza la terapia sulla mancanza di eccitazione del paziente. Innanzitutto c’è da dire che per diagnosticare questo tipo di condizione in assenza di altre patologie organiche, non si deve presentare orgasmo o eiaculazione in nessuna situazione sessuale, quindi nemmeno durante la pratica masturbatoria.  Secondo l’autore la difficoltà di trattamento clinico sarebbe dovuta proprio al fatto che, invece, gli uomini con questo tipo di difficoltà presentano spesso erezioni molto prolungate, o comunque sufficienti per sostenere un  rapporto. L’erezione viene letta da entrambi i partner come un segnale di eccitazione, ma come abbiamo già detto, questo tipo di reazione fisiologica può avere una via riflessa automatica, che se non è supportata anche da un desiderio ed un’eccitazione psicogena, comporta la mancanza di piacere.images

Infatti secondo Apfelbaum, l’eiaculatore ritardato autentico mostrerebbe impossibilità orgasmica solo in presenza del /la partner.

Per cui quando un uomo non riesce ad eiaculare in presenza della sua partner , potrebbero esserci dei problemi a livello relazionale, che non trovano espressione se non nell’intimità: l’uomo potrebbe nutrire un sentimento astioso nei confronti della compagna e quindi la priva del suo orgasmo, o semplicemente la rabbia, la scarsa attrazione e quindi un’eccitazione non sufficiente potrebbero impedire il culminare del rapporto sessuale.  Oppure , dal punto di vista psicodinamico potrebbero sussistere una serie di fissazioni infantili che riguardano il rapporto con la madre, riferimento femminile per eccellenza : la paura di essere inglobati dalla donna-madre, oppure il timore di sporcarla o sporcarsi con lo sperma,  una tendenza all’ipercontrollo, la difficoltà di lasciarsi andare totalmente per paura di essere “abbandonati” dall’oggetto d’amore, infine la paura di un impegno più responsabile per una gravidanza. anche dal punto di vista eziopatogenetico Apfelbaum mette in luce gli elementi di vantaggio femminile: secondo l’autore l’eiaculatore inibito è così concentrato e dedito a compiacere la partner da presentare sempre un’erezione e  non rifiutare mai un rapporto. Tale compulsione però genera risentimento, oltre che ansia e disgusto non solo per il rapporto ma anche per il proprio sperma. Ricordiamo che il problema può essere causato anche dall’abuso di alcol e droghe, o alcuni farmaci. anorgasmia-maschile

Trattamento: a differenza dell’approccio terapeutico della Kaplan che prevedeva un’esposizione graduata per diminuire la fobia ad eiaculare in presenza della partner, proponendo la manovra a ponte ( una stimolazione manuale e vaginale per avvicinare sempre di più l’uomo ad eiaculare in vagina e quindi a desensibilizzare l’atteggiamento fobico), Apfelbaum propone la tecnica del “controbypassaggio”  ovvero l’espressione autentica dei pensieri di rifiuto e risentimento da parte dell’uomo nei confronti della donna, che non deve sentirsi obbligato ad essere eccitato e “performante”. L’accettazione di questi suoi sentimenti  conducono la persona a non sentirsi oggetto, ed a ricercare un’eccitazione autentica.

Ovviamente è importante inserire questo tipo di intervento in un contesto di supporto alla terapia di coppia che preveda anche una rieducazione ai ruoli di genere, alla sessualità, ma anche e soprattutto che ripristini un equilibrio ed una comunicazione funzionale di coppia.

Dott.ssa Sara Longari

bibliografia:

Dèttore D. Psicologia e Psicopatologia del comportamento sessuale. McGraw-Hill. Milano 2001

Fenelli A., Lorenzini R. Clinica delle disfunzioni sessuali. Carocci Faber. Roma 2012

Leiblum S.R., Rosen R.C. Principi e pratica di terapia sessuale. ED italiana a cura di A. Graziottin. Cic edizioni internazionali. Roma 2004

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Coppia: quali momenti di passaggio e crisi?

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Quando un IO e un TU si incontrano, formano un NOI.
Può sembrare cosa ovvia, ma mi preme sottolinearlo perchè, soprattutto all’interno della formazione di coppia, qualche volta capita di perdere di vista il proprio nucleo, strettamente personale. E questo può essere una delle tante cause di crisi di coppia.
Nel momento in cui due persone si incontrano, formano una coppia e si inseriscono all’interno di un processo di crescita caratterizzato da numerose fasi, chiamate fasi del ciclo vitale di coppia.
E’ proprio nel passaggio da una fase all’altra che possono innescarsi momenti di crisi che se non affrontati possono portare a tensioni e rotture. Perchè avviene ciò?
Ogni fase evolutiva è caratterizzata da un determinato evento, definito “evento critico”, che inevitabilmente andrà a modificare il sistema e l’equilibrio presente prima del suo arrivo. Ridefinire schemi e aspetti del sè in funzione di questa criticità non è cosa semplice; se a questo aggiungiamo mancanza di chiarezza, comunicazione e supporto, rischiamo di entrare in un circolo vizioso all’interno del quale vedere solo un “Io” e mettere in discussione il “Noi”.
Non tutte le persone vivono tutte le fasi del ciclo di coppia (per una serie svariate di ragioni), ma tutte le coppie vivono momenti di tensione.
Approfondiamo insieme i momenti di transizione del ciclo vitale, quei momenti di coppia che producono un cambiamento.
Come afferma il Prof. Maurizio Andolfi (2006), le coppie di oggi sembrano dover affrontare due momenti critici della loro vita coniugale: uno entro i primi tre anni di matrimonio e l’altro dopo quindici anni. In passato si riteneva che intorno ai sette anni di vita di una coppia ci fosse il famoso prurito del settimo anno, riferendosi al picco di crisi che coinvolgeva un’alta percentuale di coppie. La crisi del quindicesimo anno è più comprensibile in quanto riconducibile alla storia della coppia: è il momento in cui i figli cominciano a uscire dalla famiglia, l’adolescenza esplode con le rispettive dinamiche relazionali.
C’è chi ne evidenzia 8, chi 6, ma sostanzialmente i momenti critici possono essere così schematizzati:

35291170 - hands holding hearts silhouetteFormazione della coppia: è il momento in cui due  persone si uniscono nelle proprie individualità, formando un Noi di coppia. E’ un grande momento di passaggio fatto di conoscenza e apertura; si passa dall’innamoramento iniziale delle classiche “farfalle nello stomaco” fatto di simbiosi, ad una conoscenza  non più di idealizzazione e proiezione per come vorremmo che l’altro fosse, ma per come è realmente. Questo, sarà l’indicatore che porterà o meno alla fase successiva. 


imagesMatrimonio o convivenza: Questa fase caratterizza l’impegno di coppia di continuare un progetto insieme. Diversi anni fa il matrimonio costituiva il momento di passaggio dalla casa genitoriale e quella con il partner, oggi sempre più spesso viene sperimentata la convivenza pre-matrimoniale o semplicemente come unione. Il matrimonio o la convivenza determinano una serie di cambiamenti come ad esempio la condivisione degli spazi, incastro degli impegni, ridefinizione del rapporto con le famiglie di origine.

Secondo Carter e McGoldrick (1980), il matrimonio dovrebbe significare che sono stati fatti progressi notevoli sulla strada dell’indipendenza emotiva dalla famiglia di origine, non che tale processo sia sul punto di iniziare, o che venga automaticamente compiuto con la celebrazione della cerimonia. 

figlio-800x385.pngNascita dei figli: Con la nascita dei figli, e nello specifico con il/la primogenito/a, molte coppie vivono un picco di crisi. Innanzitutto sperimentano un salto generazionale che li porta dall’essere figli (cosa che comunque resta) all’essere genitori. Inoltre, si assisteste al passaggio dall’essere coppia a due all’essere coppia a tre e questo ha non poche ricadute a più livelli. Le energie sono tutte canalizzare verso il/la bambino/a che è totalmente dipendente dall’adulto nelle sue funzioni vitali; la coppia deve trovare un nuovo equilibrio per conciliare lavoro, casa e accudimento; ad un aumento della stanchezza psicofisica corrisponde un ridotto tempo da dedicare all’altro che inevitabilmente avrà implicazioni nella sfera intima e sessuale della coppia. Questi sono solo alcuni esempi di quelli che possono essere segnali di allarme all’interno di una coppia che smette di essere tale e diventa solo coppia genitoriale. Con l’entrata dei figli in età scolare, la situazione, se si consolida in tal senso, non tende a migliorare perchè i vari impegni personali e scolastici rischiamo di affogare l’intero sistema familiare.

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Figli in età adolescenziale: in questa fase i figli godono di maggiore autonomia che è anche sinonimo di esplorazione e crescita. I genitori si trovano a dover vivere questo momento come taglio metaforico del cordone ombelicale, legato ad un desiderio sempre maggiore di passare più tempo fuori casa. Questo mette in discussione l’organizzazione familiare che necessariamente deve negoziare con l’adolescente in crescita e pieno di richieste, che possono mettere a dura prova.

donna-valigia-viaggio_550x574.jpgUscita di casa dei figli: Con il passare degli anni, superata la maggiore età, sempre più spesso i figli decidono di andare via di casa per motivi di studio, indipendenza o costruzione di un proprio nucleo familiare (anche se ultimamente si verificano tendenze opposte e non di rado si tarda ad uscire di casa, definendo tali ragazzi “bamboccioni”). Qualunque siano le ragioni, la coppia sperimenta la fase del nido vuoto”: i partner si ritrovano in una casa vuota, che prima era occupata dai figli, sopraffatti da sentimenti di malinconia, tristezza e nostalgia … dunque tornano ad essere coppia. Ma quale coppia?
Se nel tempo si è persa di vista l’idea di coppia, se non è stata coltivata questa dimensione, inevitabilmente ci si ritroverà di fronte ad un bivio: una crisi perchè non si hanno più incastri, non ci si ritrova più perchè ormai troppo persi e presi da altro, oppure ritrovare un nuovo modo per stare insieme, coltivando hobby e riscoprendo la gioia della conquista di un nuovo spazio del Noi, una nuova giovinezza, un modo per potersi riscoprire senza ansie e timori di intrusioni.

anziani-felici-628x297.jpgEtà del pensionamento: in questa fase si ha maggior tempo da dedicare alla propria persona e a chi ci circonda. E’ una fase altalenante perchè caratterizzata c’è chi ha nostalgia per l’età passata (diverse persone non accettano il pensionamento, non avere più un lavoro che spesso definisce la propria identità), però è anche un periodo di gioia se si scoprono o riscoprono passioni abbandonate, magari da condividere con la propria metà. E’ la fase che permette il passaggio all’essere nonni che oggi sempre più spesso assolvono funzioni educative (i genitori sono impegnati fino a tarda ora con il lavoro e questo permette di passare molto più tempo con i nipoti). Purtroppo è anche l’età in cui si inizia a fare i conti con la malattia e il fantasma della morte: in questo, diventa importante la rete di relazioni che si ha intorno, a partire da quella familiare, che diventa un importante fonte di supporto e sostegno per il carico emotivo che gli eventi drammatici comportano.

Questa sei fasi appena descritte, sono quelle “classiche” di una crescita di coppia ma, come detto in precedenza, non vale per tutti e questo, rispetto al passato, sembra essere molto attuale per una serie di ragioni. Infatti, oltre a quelle menzionate, ci sono tanti altri momenti che creano tensioni importanti che possono sfociare in una crisi/rottura: figli che non arrivano (mi riferisco alle coppie che sperano di avere un figlio al contrario di chi, in accordo, decide di non averne), tradimenti, malattie precoci, aborti, distanze determinate da scelte lavorative, crisi economica o progressione di un solo partner, migrazione verso altri paesi, morte del familiare o di un caro. Questo sono solo alcuni dei tanti eventi che possono verificarsi all’interno di una coppia, la domanda è sempre la stessa: come reagisce la coppia?
E’ facilmente intuibile che un evento di passaggio da uno stadio all’altro è un evento che porterà una novità, in senso positivo o negativo; la differenza sostanziale consiste nella reazione dei partner a tali momenti. Una coppia che si è persa nel tempo reagirà in maniera più critica rispetto ad una coppia che nel tempo ha lottato per preservare una propria dimensione. I momenti di crisi sono considerati fisiologici nella crescita del sistema coppia e familiare, a volte si risolvono insieme, altre volte sfociano in una crisi.
Personalmente penso che per quanto complicato e difficile, la comunicazione non debba mai mancare. E con questo intendo una comunicazione non fatta solo per dirsi “ci ho provato” ma per comunicare apertamente timori, ansie e paura ponendosi in posizione di apertura mentale e verso l’altro. Darsi la possibilità di cadere e rialzarsi dando la mano al/alla partner e, prima di mettere la parola “fine”, non avere paura di dirsi “abbiamo bisogno di aiuto/sostegno”. Sottolineo, ancora una volta, l’importanza degli esperti Psicologi a cui potersi rivolgere anche quando si considera la situazione “non così grave” da meritare attenzione.

Concludendo, con le parole di Andolfi (2006), secondo il pensiero della Walsh, diventa importante, a seconda del tipo di fase evolutiva che la coppia attraversa, riuscire a “non cambiare partner, ma a cambiare tipo di contratto con lo stesso partner”. (F. Walsh, 1999). Questa capacità di trasformazione contraddistingue una coppia ben riuscita.

Dott.ssa Teresa Marrone

NB. Immagini prese dal web

Bibliografia

Andolfi, M. (2006). La terapia di coppia in una prospettiva trigenerazionale. I seminari di Maurizio Andolfi. A cura di: Falcucci, M., Mascellani, A., Santona, A., Sciamplicotti, F. Accademia di Psicoterapia della Famiglia: Roma.

Carter. E., Mc Goldrick M. (1980). The family life cycle. Gardner Press: New York.

Walsh, F. (1999). Coppie sane e coppie disfunzionali: quale differenza? In Andolfi, M. (a cura di), La crisi della coppia. Raffaello Cortina Editore: Milano.

Il vento del cambiamento: “Tutte le famiglie hanno il diritto di essere tutelate!”

downloadRecentemente si è tenuto a Verona il Congresso Mondiale delle Famiglie, il cui obiettivo è stato quello di difendere e riaffermare la famiglia tradizionale, nonchè patriarcale ed eterosessuale,  oltre ad opporsi fermamente all’aborto ed ai diritti riproduttivi, alle unioni civili tra persone omosessuali, ed ai diritti delle persone LGBTQI.

E’ evidente quanto questa concezione del concetto di famiglia è strettamente normativa tanto da promuovere un’ideologia rigida basata esclusivamente sul matrimonio di un uomo ed una donna eterosessuali all’interno del quale vengono procreati biologicamente i loro figli; tale visione intransigente e negazionista, aderisce rigorosamente al binarismo di genere  in cui gli uomini sono i capi della famiglia e le donne le loro aiutanti e le fattrici dei loro figli.

famiglie-gayButler (2004) afferma criticamente che il riconoscimento del fatto che la famiglia si fonda in modo naturale sul matrimonio, che quest’ultimo è (e dovrebbe rimanere) un’istituzione basata su un legame eterosessuale e che la funzione genitoriale è adeguata solo se esercitata all’interno di una riconosciuta e riconoscibile forma familiare, è frutto di rappresentazioni e di credenze arbitrarie. Tale punto di vista,  focalizza l’attenzione sull’esistenza di una realtà multiforme ed evidenzia che non possiamo catalogare come disfunzionale tutto quello che dèvia dal modello coniugale nucleare di tipo eterosessuale. Ulteriormente Bastianoni (2009) evidenzia che è inamissibile respingere nell’area dell’anormalità tutte le diverse configurazioni familiari attuali che si discostano dalla struttura della famiglia nucleare; rimarcando l’attivazione socioculturale di processi di stigmatizzazione escludente per tutte le altre tipologie di composizione familiare che oggigiorno caratterizzano il contesto sociale. In altre parole, la multiformalità familiare dovrebbe aprire degli scenari di trasformazione culturale, sociale e giuridica del concetto stesso di famiglia, al fine di renderle tutte ugualmente visibili ed accettabili, piuttosto che difendere e tutelare esclusivamente la famiglia nucleare tradizionale.

Perchè sarebbe necessario allargare le vedute?  Semplicemente perchè, come afferma Fruggeri (2005), la famiglia è un’unità complessa e multiprocessuale, risultato della rete di relazioni interdipendenti ed intreccio di processi interattivi, simbolici, interpersonali e sociali.  Riprendendo il discorso della multiformalità familiare, oggigiorno è possibile osservare:
la non sovrapponibilità tra nucleo familiare e famiglia: le famiglie possono articolarsi su differenti nuclei intersecati, come le famiglie ricomposte a seguito di una seconda unione coniugale, le famiglie post-separazione, le famiglie allargate e le famiglie ricostituite;
la non coincidenza tra genitorialità e coniugalità: la funzione genitoriale può essere esercitata in assenza della relazione coniugale, come nelle coppie di fatto e nelle famiglie monoparentali;
la non omogeneità tra cultura familiare e cultura della comunità sociale di appartenenza: famiglie costituite da coppie miste o con figli adottati attraverso canali internazionali;
la disgiunzione e la non consequenzialità tra l’atto generativo e la genitorialità intesa come funzione: funzione genitoriale simbolica esercitata in caso di adozioni, affidamenti, o contesti quali le case famiglia; funzione genitoriale esercitata da professionisti o volontari in contesti educativi come le comunità per minori;
la non coincidenza tra ruoli familiari e ruoli di genere: famiglie caratterizzate da una coniugalità di tipo omosessuale.

f1_0_5s-lombardia-convegno-su-nuove-famiglie-e-diritti-rispondere-a-enfasi-discriminatoria-della-legaFruggeri (2005), favorisce la lettura delle diverse organizzazioni familiari, attraverso un’ottica tesa sia a denunciare i pregiudizi che informano lo studio delle famiglie, sia ad affermare la depatologizzazione della diversità (piuttosto che relegarla nell’area della devianza), sia ad individuare risorse e punti di forza delle famiglie a struttura differente da quella nucleare,  sottolineandone invece la specificità.
Tale prospettiva si fonda sul presupposto che ad incidere sugli esiti di sviluppo degli individui non sia tanto la struttura della famiglia di appartenenza, quanto la qualità delle dinamiche e dei processi che in essa si realizzano spostando così l’asse di valutazione del funzionamento familiare dal piano delle caratteristiche strutturali/morfologiche, al versante dei processi interattivi e relazionali interni alle strutture stesse.

A dimostrazione di quanto appena detto, ci sono numerose ricerche in psicologia che evidenziano come i figli che crescono in famiglie con genitori conviventi, separati, risposati, single o omosessuali, non corrono più rischi evolutivi di quanti ne corrono i figli che crescono in famiglie con genitori sposati ed eterosessuali. Le diverse modalità familiari corrispondono infatti a modalità diverse di organizzare i rapporti primari, ognuna delle quali ha proprie caratteristiche specifiche, ma tutte sono potenzialmente in grado di provvedere adeguatamente al corretto svolgimento delle funzioni familiari. Rispetto a queste funzioni, nessuna forma familiare è per sua natura più garantita o più a rischio di altre: non quella con genitori uniti, né quella con genitori separati; non quella con genitori eterosessuali, né quella con genitori omosessuali; non quella con due genitori, ma neanche quella con un genitore o con più di una figura genitoriale. La domanda infatti che oggi è necessario porsi non è se le famiglie diverse da quella nucleare siano in grado di assolvere a tali funzioni, ma come lo facciano.

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia:

Bastianoni, P. (2009) “Famiglie oggi: complessità e molteplicità: i criteri per comprendere le nuove famiglie” pp. 23 -34, in Essere genitori oggi: contesti che cambiano, difficoltà di sempre, GIFT Ferrara 2009

Butler, J. (2004) Undoing Gender, Roultledge, London-New York 2004 (tr. it. La disfatta del genere, a cura di O.Guaraldo, traduzione di P. Maffezzoli, Meltemi, Roma 2006).

Fruggeri L. (2005), Diverse normalità. Psicologia sociale delle relazioni familiari, Carocci, Roma

Taurino, A. (2012) Famiglie e genitorialità omosessuali. Costrutti e riflessioni per la disconferma del pregiudizio omofobico pp. 67 – 95 in RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA E PSICOLOGIA vol. 3 (2012)

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Essere padre: l’importanza del ruolo paterno per la crescita dei figli

Accettare di svolgere una funzione che è sempre stata relegata al femminile è la vera rivoluzione dei padri che possono pretendere di affermare che esiste una dimensione paterna che è pari e ugualmente intensa e fondamentale dell’accudimento materno. 

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Si è svolta pochi giorni fa la giornata internazionale per festeggiare i papà, in concomitanza con la celebrazione religiosa del papà per eccellenza, San Giuseppe che secondo la religione cattolica accolse il mistero della gravidanza di Maria, crescendo il figlio come suo.  Ed è proprio da quell’idea cattolica che si è radicato nei secoli lo stereotipo non solo maschile ma anche “paterno”, che nel bene e nel male si è fermato graniticamente sull’immagine di un padre che nella crescita e nell’accudimento dei figli ha un ruolo ben distinto da quello della madre.

Ovviamente, parlare di figure genitoriali, di ruoli di genere e di stereotipi ancora radicati, non è un discorso che si può esaurire in poche righe, ma ci teniamo a fornire una riflessione ai lettori e alle lettrici su come è cambiata l’immagine paterna negli ultimi anni.

Se alla madre è stata sempre riconosciuta di default la propensione alla cura, all’affettività e alla naturale predisposizione alla crescita della prole, per il padre questa forma genitoriale “innata” è sempre stata oggetto di valutazione, come se per lui valesse sempre una prova da superare lungo l’arco di vita per dimostrare che effettivamente “quel padre”  possedeva quell’aspetto di “paternità innata”, appartenente invece per diritto di nascita alle donne ( che quindi ha generato anche lo stereotipo dell’istinto materno, che non solo non esiste per tutte, ma  discrimina quelle donne che liberamente scelgono di non essere madri nella loro vita).  Non solo, nell’immagine della famiglia tradizionale il padre era colui che si occupava dell’economia, di far quadrare i conti, “di portare a casa la pagnotta” e di conseguenza dettava le regole e le faceva rispettare essendo investito e riconosciuto di autorità, anche da parte della madre, che solitamente non lavorava e quindi si occupava di accudire, vestire, sfamare e curare i figli .download (1)

Ragione per cui l’aspetto affettivo del padre è sempre stato un aspetto accessorio, non necessario, poiché ciò che faceva di un uomo un buon padre era il rispetto della sua legge e il sostegno soprattutto economico. Era completamente escluso l’aspetto ludico  e meno ancora era diffusa la cultura di un padre che prendesse parte anche emotivamente alla vita dei figli, che si mostrasse affettuoso o che si alternasse nel lavoro con la moglie per badare ai suoi figli. Non è insolito ancora oggi riconoscere nei  padri un’importante difficoltà nel manifestare affetto verso la progenie ,con la quale hanno un rapporto formale e freddo, a causa anche dello stereotipo maschile  che identifica come “virile” un uomo che lascia poco spazio alle emozioni, che non manifesta debolezze, che non si commuove per un successo dei propri  figli. images (2)

Questa distanza emotiva che caratterizza il padre nell’immaginario collettivo, è spesso confermata anche dalla strutturazione societaria della famiglia, basti pensare che il congedo di paternità in Italia, è stato portato a 6 giorni solo nel 2019 (in passato erano solo 2) e che in paesi come l’Austria non è previsto affatto il congedo di paternità che quindi sembra esclusiva solo della madre lavoratrice ( in Svezia invece i giorni di congedo sono uguali  per madri e padri). Ma non solo, anche nella letteratura psicologica è stato dato ampio spazio alla relazione madre-bambino, come aspetto fondamentale dello sviluppo sano ed equilibrato dei figli, se non fosse per la famosa teoria di Freud del Complesso di Edipo, per la quale il padre rappresenta la “legge non scritta con la funzione di interdire l’incesto” tra madre e figlio (Recalcati M.).

E’ sicuramente vero che biologicamente, il legame tra padre e figl*  è un legame che deve essere costruito dal momento della nascita, mentre la madre cresce, partorisce e allatta il bambino tramite il suo corpo stesso, per questo motivo il legame materno è un legame sicuramente più viscerale e innato. Inoltre la società stessa tende in alcune situazioni ad aumentare questo divario genitoriale, basti pensare alle separazioni ed i divorzi, in cui molti legami padri-figl* tendono ad allentarsi anche a causa delle predisposizioni legali che per la maggior parte dei casi, sono a vantaggio del legame materno.images (1)

Ancora oggi questo è un dato allarmante al punto da spingere enti e singoli cittadini a creare movimenti a tutela del rapporto padri-figl* in casi di divorzi.  Eppure le conseguenze di una figura paterna distante sono ben note nella casistica clinica, con conseguenze sul senso di appartenenza e sul vuoto emotivo che caratterizza le relazioni sentimentali.

In tempi recenti fortunatamente, dilagano sempre di più conferme scientifiche dell’importanza del ruolo genitoriale del padre nello sviluppo psicologico dei figli, soprattutto in una società moderna in cui, a partire dalla sempre maggiore emancipazione femminile che ha portato le donne molto più tempo fuori di casa per il lavoro, vede i padri sempre più inclini alla partecipazione educativa della prole: si va verso una maggiore condivisione dei ruoli e dei compiti in casa, coinvolgendo i padri a 360° nella crescita dei propri figli.

È importante sottolineare come la funzione paterna si ponga come mediatrice nella diade madre-bambino, consentendo ai piccoli in crescita di “separarsi” dalla madre e per i maschietti di identificarsi con il padre, mentre per le femminucce di scoprire il ruolo della funzione maschile che poi ricercherà nelle sue relazioni. Abbondano in questo senso gli studi a conferma della traccia con la figura paterna che influenzerebbe la scelta del partner a favore di una ripetizione del copione famigliare vissuto nelle mura domestiche durante l’infanzia.  Il “padre partecipante” sarebbe un predittore di uno sviluppo psicologico sano, allontanando il rischio di problemi comportamentali e relazionali.images

L’aspetto ludico maggiormente rappresentato dal padre permette ai figli di sperimentare e scoprire il mondo, ma attenzione poiché il rovescio della medaglia, soprattutto nei padri di oggi, come spiega lo psicoterapeuta Recalcati, è che non essere più l’incarnazione della regola possa rendere il padre meno autorevole, troppo impegnato a proteggere il figlio dalla sofferenza (inevitabile) della vita. I padri che aspirano ad accorciare il divario generazionale coi figli, spiega Recalcati, non pongono il limite al desiderio anarchico, rischiando di non essere più “testimoni” dell’esperienza della vita, ma succubi dei capricci dei figli . Sembra che ad oggi la funzione educativa e autoritaria sia relegata alla scuola, ma deprivare il padre dalla sua funzione di guida nel mondo sociale si rivela un’importante lacuna nella costruzione del Sé dei giovani in crescita. I padri che scelgono di viversi liberamente il ruolo genitoriale mettendo a nudo le proprie fragilità, mostrando emozioni e trasmettendo affetto, oltre che porsi come esperienza del “limite” per i propri figli, sono  padri che possono concedersi la pienezza di questa dimensione umana, tramandando ai figli non solo stabilità emotiva ma anche instaurando un rapporto pieno e libero dalle costruzioni stereotipate che per secoli sono state imposte dalla società. Accettare di svolgere una funzione che è sempre stata relegata al femminile è la vera rivoluzione dei padri che possono pretendere di affermare che esiste una dimensione paterna che è pari e ugualmente intensa e fondamentale dell’accudimento materno.

In questa lotta di equilibrio si inserisce la madre, che può non declassificare la figura paterna, restando donna e non solo madre.

Dott.ssa Sara Longari

Bibliografia:

Quattrini F., Il piacere maschile. Giunti editore. Firenze 2017

Recalcati M., Il complesso di Telemaco. Feltrinelli .Milano 2014

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Dalla fiducia in se stessi alla fiducia nel prossimo

imagesOggigiorno è sempre più difficile dare fiducia, o meglio, come in una simpatica vignetta umoristica di Lynus e Snoopy, proporzionalmente aumenta la fiducia negli animali e diminuisce quella nell’uomo, che comunque discende dalla scimmia.

Cosa si nasconde dietro questa paura? Perché è così difficile fidarsi e affidarsi all’altro?

La fiducia è un atteggiamento, verso altri o verso se stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità.

Non tutti sono in grado di concedere la fiducia allo stesso modo. Perché?

Un famoso detto afferma che la vita “è un po’ come la si incomincia”. Allo stesso modo vale per la fiducia le cui prime tracce le troviamo già nei primi giorni e mesi di vita. In questo periodo il bambino dipende in tutto e per tutto dai genitori o comunque dalla figura di riferimento non solo per quanto riguarda il soddisfacimento dei bisogni primari ma anche per quelli di accudimento ed emotivi in generale. Se la madre risponderà prontamente al pianto, senza anticiparlo, sarà in grado di essere presente, amorevole e protettiva, il bambino non solo si sentirà protetto ed ascoltato ma avrà una visione di se stesso come oggetto d’amore, degno di essere amato. Sentirà che di quella persona potrà fidarsi e questo sembra essere terreno fertile per le relazioni future. Tale teoria è stata ampiamente descritta da alcuni studiosi, tra i quali Erick Erickson e John Bolwlby, che hanno parlato rispettivamente dello stadio di Fiducia/sfiducia (1° anno di vita) e dei vari stili di attaccamento. Un bambino sicuro, che sente di potersi fidare e affidare all’altro, sarà un bambino consapevole del proprio valore (fiducia in se stessi) che sarà presupposto della relazione con l’altro (fiducia negli altri). Al contrario, un bambino che già nei primi momenti di vita extrauterina sperimenterà una figura di riferimento poco presente, instabile o poco sincronica con i suoi bisogni, tenderà a non fidarsi del tutto o a diffidare molto delle persone che lo circondano. Questo si manifesta soprattutto negli attaccamenti instabili che portano il bambino a sentirsi responsabile non solo dei momenti di presenza ma anche di quelli di assenza del caregiver (figura di riferimento) tale da evitare il contatto per paura del rifiuto. 

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Perché ci fidiamo di alcune persone e non di altre?

 

Diversi studi scientifici hanno osservato una correlazione tra caratteristiche somatiche di una persona e tendenza nel dare o meno fiducia. Altri, invece, hanno sottolineato la presenza di una sorta di proiezione, tale per cui, se conosciamo poco una persona, tenderemo o meno a darle fiducia sulla base di una conoscenza precedente con un’altra persona che, per determinati motivi (fisici o intuitivi), ci ricordano quella attuale. Un esempio classico è quello che accade tra due amiche alle prese con un nuovo conoscente: quante volte ci è capitato di affermare “di quella persona (nuovo conoscente dell’amica) non mi fido perché ricorda il mio ex?”. In questo caso tendiamo ad associare eventi legati alla persona X proiettati sulla persona Y.

Possiamo affermare che generalmente tendiamo a fidarci di persone che condividono le nostre stesse idee, i nostri modi di fare, gli stessi valori, ottengono i risultati che noi speriamo e che cerchiamo (soprattutto in ambito lavorativo).

Possiamo parlare di tanti tipi di fiducia, da se stessi all’altro, dall’amicizia all’amore. In questo articolo, però, vorrei soffermarmi su due tipi di fiducia di cui l’essere umano fa esperienza: la fiducia fantasticata e quella reale.

La fiducia fantasticata dipende da come veniamo trattati dagli altri e dal mondo in generale. Abbiamo fiducia in qualcuno che ci tratta così come sentiamo che dovremmo essere trattati o come crediamo che si debba trattare una persona. Ci fidiamo di chi soddisfa le nostre aspettative, ma se poi questa persona ci invade o ci ferisce, allora perdiamo la fiducia. (Krishnananda e Amana, , 2004)

Questa fiducia è quella che spesso sperimentano le persone, Infatti quando si parla di fiducia nel 95% dei casi si parla di questo: una fiducia rivolta tutta sull’altro verso cui proiettiamo nostri pensieri, aspettative e desideri. Questo errore porta la persona a non prendere in considerazioni differenze e volontà diverse dalla propria che, inevitabilmente, alla prima occasione chiamerà “delusione”. Chi sperimenta questo tipo di fiducia tende a sviluppare una sfiducia globale nei confronti del mondo perché tenderà ad accumulare tutte le delusioni passate e, all’ennessima, tenderà ad estendere a macchia d’olio il sentimento di sofferenza a tutte le relazioni passate e future.

La fiducia reale, invece, è basata sulla profonda esperienza interiore dell’esistenza come qualcosa che ci sostiene e che si prende cura di noi. È basata su un’interiore certezza che le esperienze che incontriamo, siano esse positive o negative, piacevoli o dolorose, siano parte integrante della nostra crescita in quanto esseri umani. È la profonda verità interiore che proprio attraverso quelle esperienze, e non combattendo il dolore che invariabilmente la vita ci porta, possiamo giungere a più alti livelli di maturità. (Krishnananda e Amana, , 2004)

È la fiducia a cui tutti dovremmo auspicare. Avere fiducia reale non equivale a non avere sfiducia o evitare la sofferenza della delusione, bensì vuol dire essere consapevoli dell’altro come persona diversa da noi. Una fiducia che porterà a mettere paletti non solo quando pervadono le fantasie della fiducia fantasticata ma anche quando sentiamo di essere stati “traditi” dal prossimo: in questo caso, piuttosto che sperimentare una sfiducia globale nel prossimo, parleremo di sfiducia in quella determinata situazione e con quella determinata persona, non col il mondo! Si tratta di un passaggio importante e fondamentale che, seppur nella sua difficoltà, porterà il vantaggio di raggiungere una consapevolezza più matura evitando di precludersi nuove esperienze solo perchè una è andata male. In sostanza, con una celebre frase tratta dal libro “Il piccolo principe” è una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttate via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio. (De Saint- Exupery Antoine, 1949)

 

Allora, cosa fare?

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Prima di tutto,  prendere fiducia in se stessi perché è solo da sè che la fiducia può passare alla relazione col prossimo, dunque affacciarsi a nuove situazioni con atteggiamento diverso, di apertura. Da ciò, deriverà un nuovo modo di relazionarsi non sono agli altri ma anche alle proprie emozioni, dando una nuova lettura agli eventi imparando ad ascoltare quello che viviamo a livello emotivo.

Abbiate fiducia … ma non siate ingenui, per dire cosa? Non possiamo delegare la nostra felicità agli altri, nè tantomeno le nostre responsabilità. La delusione spaventa tutti, è una delle ragioni per cui è difficile fidarsi di qualcuno. Però è importante ricordare che fidarsi di qualcuno non vuol dire essere provveduti o incoscienti, vuol dire imparare a conoscere l’altro per quello che è partendo da quello che siamo noi. Fidarsi dell’altro è una necessità considerando che l’uomo da sempre è considerato un animale sociale, ma siamo noi a decidere se, come, quando e quanta fiducia dare. In merito alla stessa persona, possiamo fidarci per una cosa e non per l’altra: questo è possibile solo conoscendo autenticamente l’altro per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse. 

Dott.ssa Teresa Marrone

NB: Immagini prese dal web

 

Bibliografia

De Saint, E. A. (1949). Il Piccolo Principe. Bompiani: Milano.

Krishnananda (Thomas Trobe), Amana (Gitte Demant Trobe). (2004). Fiducia e Sfiducia. Imparare dalle delusioni della vita. Feltrinelli: Milano.

 

 

 

Donne dei giorni nostri: vittime di un percorso ad ostacoli tra carriera e maternità.

Screenshot-32L’8 marzo di ogni anno si festeggia la Giornata Internazionale della Donna, un’occasione per riconoscere le conquiste femminili sul piano dei diritti, dell’economia e della politica e per riflettere sulle discriminazioni e sulle violenze che, ancora oggi, colpiscono il genere femminile.

Sulla base di quanto appena detto, oggi ho voluto appositamente scrivere questa riflessione che arrovella la mia mente, malgrado sia passato circa un secolo da quando queste battaglie sono state compiute e nonostante tutto continuano ancora tutt’oggi.

E’ impressionante notare come attualmente il genere femminile, ahimè, è colpito dalla crescente tensione causata dalla convivenza tra aspettative sociali, desiderio di procreazione e necessità di carriera. Oggi si chiede alla donna di essere bella, elegante e ben tenuta e di dedicare molto tempo alla cura della persona; ma ciò non le deve impedire di competere intellettualmente con gli uomini e con le altre donne, di far carriera, e anche di innamorarsi romanticamente di un uomo e di rappresentare il tipo ideale di moglie-amante e di madre. manager-knYB-U43420525674162TDE-994x556@Corriere-Web-SezioniIl quadro sociale attuale, dipinge l’immagine di una donna che, pur di realizzarsi lavorativamente nella professione che ama, ha investito prima nella propria formazione con percorsi di studio impegnativi (in termini sia di tempo che di fatica) e ben riusciti, i quali purtroppo hanno generato un ritardo nell’ingresso del mercato del lavoro. E’ una donna che ha investito su se stessa e sui suoi solidi progetti professionali, in virtù di un senso d’identità individuale, indipendente ed ambizioso per cui lavorare non è solo sacrificio ed impegno, ma anche piacere, passione da coltivare, sfida e curiosità.

orologio-biologicoNon bisogna tralasciare la difficile conciliazione tra la voglia e/o necessità di carriera con il desiderio di famiglia e/o procreazione, ovvero tutti questi aspetti socio – lavorativi mettono la donna nella condizione di rimandare il matrimonio e il concepimento di un figlio a data da destinarsi, pur di garantire a quest’ultimo una dignità! Questo continuo rimando però, deve anche trovare una cornice spazio – temporale definita dal ticchettio dell’orologio biologico che condiziona i tempi riproduttivi della donna. Pertanto gli aspetti emotivo – affettivi e relazionali di quest’ultima non rivestono un ruolo di secondaria importanza.

Purtroppo la fotografia delle condizioni socio-lavorative nazionali rappresenta una serie di ostacoli all’occupazione femminile e alla carriera delle donne, che restano in Italia problemi in larga misura irrisolti e temi di dibattito nel terzo Millennio. Le donne italiane sono più brillanti lungo il percorso formativo rispetto agli uomini, ma scontano un forte divario in termini occupazionali, contrattuali e retributivi.  La letteratura e molte ricerche condotte in ambito nazionale ed internazionale evidenziano come le cause delle differenze di genere nel mercato del lavoro siano riconducibili a tre fattori:

  1. lo scarso riconoscimento degli investimenti in istruzione delle donne fin dal loro ingresso nel mercato del lavoro;
  2. problemi ancora irrisolti in merito alla conciliazione tra vita familiare e lavoro, con asimmetrie di genere all’interno delle coppie;
  3. fattori socio culturali che portano a resistenze in merito ai compiti “appropriati e
    socialmente desiderabili” in base all’appartenenza di genere.

Una volta entrate nel mercato del lavoro, e anche quando si è titolari di un contratto a tempo indeterminato e quindi protetto, le difficoltà continuano rispetto alle esigenze di conciliazione tra lavoro e famiglia in assenza di politiche di sostegno, di una insufficiente disponibilità di servizi e di una non equa ripartizione del lavoro di cura con il  partner.

La maternità sembra essere l’ostacolo maggiore per le donne italiane, un figlio viene considerato un “problema” dai datori di lavoro e il divario salariale tra donne e uomini è abissale. Le statistiche dimostrano che spesso, sarebbero i datori di lavoro ad escludere le donne, da occupazioni “maschili” (quelle che lo stereotipo di genere associa agli uomini come più adatti) e da compiti di responsabilità in ragione di quegli stessi pregiudizi. Se guardiamo ai livelli di inquadramento (operai, impiegati, quadri e dirigenti), un dato interessante è quello che riguarda il reclutamento di figure professionali di elevato profilo (quadri o dirigenti): queste sono prevalentemente maschili. Siamo quindi di fronte a una doppia disuguaglianza: da una parte le donne vengono complessivamente assunte in misura inferiore rispetto agli uomini, dall’altra parte i dati ci consegnano un’immagine anche di disuguaglianza in merito ai “reclutamenti eccellenti”, ossia quelli per le posizioni dirigenziali e apicali.

Essere dei professionisti affermati e allo stesso tempo dei buoni genitori non è impossibile e conciliare carriera e impegni familiari non è affatto un’utopia, sottolineando che delle recenti statistiche mettono in luce che molti soggetti, di cui molte donne, sono riusciti a farlo. Basterebbe semplicemente cambiare, nell’epoca 3.0 in cui la tecnologia ci sovrasta, la cultura manageriale attraverso l’implementazione di “strumenti di conciliazione” come lo  smart working, asilo nido aziendale, lavoro part-time e corsi di rientro dalla maternità.

 

images (4)È possibile affermare, dunque, che la lotta in questione deve innanzitutto partire da un importante cambio culturale e di mentalità che promuova, nel tempo, la riformulazione (e non solo) anche dei modelli di business, creando i meccanismi necessari per poter rispettare i diritti delle donne che, oltre a un lavoro e a una carriera, hanno anche il desiderio e il coraggio di diventare mamme.

 

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Sitografia:

 

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