L’anorgasmia maschile: quando il piacere non arriva

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L’orgasmo rappresenta per uomini e donne il momento di culminante piacere nella risposta sessuale.  Come abbiamo più volte sottolineato, esso si costituisce di un complesso di sensazioni psicogene ma anche di reazioni fisiologiche, che sono state studiate e misurate dai pioneri dello studio del comportamento sessuale umano.

Nell’uomo l’orgasmo   è fisiologicamente  associato al momento dell’emissione, in cui il liquido seminale si raccoglie nella porzione bulbare dell’uretra (inevitabilità orgasmica) e conseguentemente  ai getti eiaculatori  . In questo secondo momento vi è la sensazione di piacere più intenso. Come per l’eccitazione, anche l’orgasmo è regolato da riflessi spinali, limbici e corticali, tuttavia a differenza del’eccitazione esso è connotato da una reazione muscolare sotto il controllo del sistema nervoso ortosimpatico ed in parte dal sistema nervoso volontario( Fenelli, Lorenzini 2014).

E’ tuttavia un fenomeno particolarmente influenzabile da vari fattori, ed in caso di disfunzionalità in entrambi i sessi, può essere definito in base a criteri temporali: vi può essere una precocità della reazione orgasmica (eiaculazione precoce), oppure un’inibizione totale o parziale di questo momento.  Già da questa prima distinzione temporale è possibile evidenziare le divergenze diagnostiche che emergono tra maschi e femmine: in caso di orgasmo precoce, solitamente per le donne non viene percepito come un problema, ed in effetti ci sono rari casi di trattamento di questa condizione; per gli uomini l’eiaculazione precoce non solo è un disturbo molto frequente,ma ad esso sono dedicate terapie farmacologiche e diversi tipi di trattamento terapeutico multimodale. Per quanto riguarda l’anorgasmia invece, la questione è ancora aperta: le donne anorgasmiche sono da sempre soggette a trattamento, la loro inibizione orgasmica è invalidante per la coppia e spesso può portare le persone in terapia per risolvere il problema. Per quanto riguarda l’uomo invece, la presenza di anorgasmia può avere due diverse chiavi di lettura: da una parte, la lunga durata della prestazione sessuale viene letta come “potenza virile”, d’altra parte, le coppie denunciano il problema ai clinici nel momento in cui sorge nella coppia la necessità di concepire. Inoltre , solitamente anche la donna non trae giovamento da prestazioni così lunghe, poiché il mancato compimento dell’orgasmo del partner si ripercuote anche sulla sua autostima e sul rapporto di coppia.

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Dal punto di vista diagnostico, si sottolinea che nell’ultima edizione del DSM, l’eiaculazione ritardata è stata inserita nell’ambito delle disfunzioni sessuali che però rispetto alle ed. precedenti, sono meno inquadrate in una categorizzazione che suddivideva le problematiche in base alle fasi di risposta sessuale: desiderio, eccitazione e orgasmo. In questa edizione le fasi di risposta sessuale fanno parte di un continuum meno netto e definibile, ed in effetti questa tesi sembra essere supportata da evidenze cliniche riportate anche in letteratura. Secondo B. Apfelbaum  ( autore di numerosi articoli e capitoli nel campo della terapia sessuale)infatti, l’eiaculazione ritardata porta con sé una serie di pregiudizi clinici che possono essere superati solo se si focalizza la terapia sulla mancanza di eccitazione del paziente. Innanzitutto c’è da dire che per diagnosticare questo tipo di condizione in assenza di altre patologie organiche, non si deve presentare orgasmo o eiaculazione in nessuna situazione sessuale, quindi nemmeno durante la pratica masturbatoria.  Secondo l’autore la difficoltà di trattamento clinico sarebbe dovuta proprio al fatto che, invece, gli uomini con questo tipo di difficoltà presentano spesso erezioni molto prolungate, o comunque sufficienti per sostenere un  rapporto. L’erezione viene letta da entrambi i partner come un segnale di eccitazione, ma come abbiamo già detto, questo tipo di reazione fisiologica può avere una via riflessa automatica, che se non è supportata anche da un desiderio ed un’eccitazione psicogena, comporta la mancanza di piacere.images

Infatti secondo Apfelbaum, l’eiaculatore ritardato autentico mostrerebbe impossibilità orgasmica solo in presenza del /la partner.

Per cui quando un uomo non riesce ad eiaculare in presenza della sua partner , potrebbero esserci dei problemi a livello relazionale, che non trovano espressione se non nell’intimità: l’uomo potrebbe nutrire un sentimento astioso nei confronti della compagna e quindi la priva del suo orgasmo, o semplicemente la rabbia, la scarsa attrazione e quindi un’eccitazione non sufficiente potrebbero impedire il culminare del rapporto sessuale.  Oppure , dal punto di vista psicodinamico potrebbero sussistere una serie di fissazioni infantili che riguardano il rapporto con la madre, riferimento femminile per eccellenza : la paura di essere inglobati dalla donna-madre, oppure il timore di sporcarla o sporcarsi con lo sperma,  una tendenza all’ipercontrollo, la difficoltà di lasciarsi andare totalmente per paura di essere “abbandonati” dall’oggetto d’amore, infine la paura di un impegno più responsabile per una gravidanza. anche dal punto di vista eziopatogenetico Apfelbaum mette in luce gli elementi di vantaggio femminile: secondo l’autore l’eiaculatore inibito è così concentrato e dedito a compiacere la partner da presentare sempre un’erezione e  non rifiutare mai un rapporto. Tale compulsione però genera risentimento, oltre che ansia e disgusto non solo per il rapporto ma anche per il proprio sperma. Ricordiamo che il problema può essere causato anche dall’abuso di alcol e droghe, o alcuni farmaci. anorgasmia-maschile

Trattamento: a differenza dell’approccio terapeutico della Kaplan che prevedeva un’esposizione graduata per diminuire la fobia ad eiaculare in presenza della partner, proponendo la manovra a ponte ( una stimolazione manuale e vaginale per avvicinare sempre di più l’uomo ad eiaculare in vagina e quindi a desensibilizzare l’atteggiamento fobico), Apfelbaum propone la tecnica del “controbypassaggio”  ovvero l’espressione autentica dei pensieri di rifiuto e risentimento da parte dell’uomo nei confronti della donna, che non deve sentirsi obbligato ad essere eccitato e “performante”. L’accettazione di questi suoi sentimenti  conducono la persona a non sentirsi oggetto, ed a ricercare un’eccitazione autentica.

Ovviamente è importante inserire questo tipo di intervento in un contesto di supporto alla terapia di coppia che preveda anche una rieducazione ai ruoli di genere, alla sessualità, ma anche e soprattutto che ripristini un equilibrio ed una comunicazione funzionale di coppia.

Dott.ssa Sara Longari

bibliografia:

Dèttore D. Psicologia e Psicopatologia del comportamento sessuale. McGraw-Hill. Milano 2001

Fenelli A., Lorenzini R. Clinica delle disfunzioni sessuali. Carocci Faber. Roma 2012

Leiblum S.R., Rosen R.C. Principi e pratica di terapia sessuale. ED italiana a cura di A. Graziottin. Cic edizioni internazionali. Roma 2004

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Coppia: quali momenti di passaggio e crisi?

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Quando un IO e un TU si incontrano, formano un NOI.
Può sembrare cosa ovvia, ma mi preme sottolinearlo perchè, soprattutto all’interno della formazione di coppia, qualche volta capita di perdere di vista il proprio nucleo, strettamente personale. E questo può essere una delle tante cause di crisi di coppia.
Nel momento in cui due persone si incontrano, formano una coppia e si inseriscono all’interno di un processo di crescita caratterizzato da numerose fasi, chiamate fasi del ciclo vitale di coppia.
E’ proprio nel passaggio da una fase all’altra che possono innescarsi momenti di crisi che se non affrontati possono portare a tensioni e rotture. Perchè avviene ciò?
Ogni fase evolutiva è caratterizzata da un determinato evento, definito “evento critico”, che inevitabilmente andrà a modificare il sistema e l’equilibrio presente prima del suo arrivo. Ridefinire schemi e aspetti del sè in funzione di questa criticità non è cosa semplice; se a questo aggiungiamo mancanza di chiarezza, comunicazione e supporto, rischiamo di entrare in un circolo vizioso all’interno del quale vedere solo un “Io” e mettere in discussione il “Noi”.
Non tutte le persone vivono tutte le fasi del ciclo di coppia (per una serie svariate di ragioni), ma tutte le coppie vivono momenti di tensione.
Approfondiamo insieme i momenti di transizione del ciclo vitale, quei momenti di coppia che producono un cambiamento.
Come afferma il Prof. Maurizio Andolfi (2006), le coppie di oggi sembrano dover affrontare due momenti critici della loro vita coniugale: uno entro i primi tre anni di matrimonio e l’altro dopo quindici anni. In passato si riteneva che intorno ai sette anni di vita di una coppia ci fosse il famoso prurito del settimo anno, riferendosi al picco di crisi che coinvolgeva un’alta percentuale di coppie. La crisi del quindicesimo anno è più comprensibile in quanto riconducibile alla storia della coppia: è il momento in cui i figli cominciano a uscire dalla famiglia, l’adolescenza esplode con le rispettive dinamiche relazionali.
C’è chi ne evidenzia 8, chi 6, ma sostanzialmente i momenti critici possono essere così schematizzati:

35291170 - hands holding hearts silhouetteFormazione della coppia: è il momento in cui due  persone si uniscono nelle proprie individualità, formando un Noi di coppia. E’ un grande momento di passaggio fatto di conoscenza e apertura; si passa dall’innamoramento iniziale delle classiche “farfalle nello stomaco” fatto di simbiosi, ad una conoscenza  non più di idealizzazione e proiezione per come vorremmo che l’altro fosse, ma per come è realmente. Questo, sarà l’indicatore che porterà o meno alla fase successiva. 


imagesMatrimonio o convivenza: Questa fase caratterizza l’impegno di coppia di continuare un progetto insieme. Diversi anni fa il matrimonio costituiva il momento di passaggio dalla casa genitoriale e quella con il partner, oggi sempre più spesso viene sperimentata la convivenza pre-matrimoniale o semplicemente come unione. Il matrimonio o la convivenza determinano una serie di cambiamenti come ad esempio la condivisione degli spazi, incastro degli impegni, ridefinizione del rapporto con le famiglie di origine.

Secondo Carter e McGoldrick (1980), il matrimonio dovrebbe significare che sono stati fatti progressi notevoli sulla strada dell’indipendenza emotiva dalla famiglia di origine, non che tale processo sia sul punto di iniziare, o che venga automaticamente compiuto con la celebrazione della cerimonia. 

figlio-800x385.pngNascita dei figli: Con la nascita dei figli, e nello specifico con il/la primogenito/a, molte coppie vivono un picco di crisi. Innanzitutto sperimentano un salto generazionale che li porta dall’essere figli (cosa che comunque resta) all’essere genitori. Inoltre, si assisteste al passaggio dall’essere coppia a due all’essere coppia a tre e questo ha non poche ricadute a più livelli. Le energie sono tutte canalizzare verso il/la bambino/a che è totalmente dipendente dall’adulto nelle sue funzioni vitali; la coppia deve trovare un nuovo equilibrio per conciliare lavoro, casa e accudimento; ad un aumento della stanchezza psicofisica corrisponde un ridotto tempo da dedicare all’altro che inevitabilmente avrà implicazioni nella sfera intima e sessuale della coppia. Questi sono solo alcuni esempi di quelli che possono essere segnali di allarme all’interno di una coppia che smette di essere tale e diventa solo coppia genitoriale. Con l’entrata dei figli in età scolare, la situazione, se si consolida in tal senso, non tende a migliorare perchè i vari impegni personali e scolastici rischiamo di affogare l’intero sistema familiare.

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Figli in età adolescenziale: in questa fase i figli godono di maggiore autonomia che è anche sinonimo di esplorazione e crescita. I genitori si trovano a dover vivere questo momento come taglio metaforico del cordone ombelicale, legato ad un desiderio sempre maggiore di passare più tempo fuori casa. Questo mette in discussione l’organizzazione familiare che necessariamente deve negoziare con l’adolescente in crescita e pieno di richieste, che possono mettere a dura prova.

donna-valigia-viaggio_550x574.jpgUscita di casa dei figli: Con il passare degli anni, superata la maggiore età, sempre più spesso i figli decidono di andare via di casa per motivi di studio, indipendenza o costruzione di un proprio nucleo familiare (anche se ultimamente si verificano tendenze opposte e non di rado si tarda ad uscire di casa, definendo tali ragazzi “bamboccioni”). Qualunque siano le ragioni, la coppia sperimenta la fase del nido vuoto”: i partner si ritrovano in una casa vuota, che prima era occupata dai figli, sopraffatti da sentimenti di malinconia, tristezza e nostalgia … dunque tornano ad essere coppia. Ma quale coppia?
Se nel tempo si è persa di vista l’idea di coppia, se non è stata coltivata questa dimensione, inevitabilmente ci si ritroverà di fronte ad un bivio: una crisi perchè non si hanno più incastri, non ci si ritrova più perchè ormai troppo persi e presi da altro, oppure ritrovare un nuovo modo per stare insieme, coltivando hobby e riscoprendo la gioia della conquista di un nuovo spazio del Noi, una nuova giovinezza, un modo per potersi riscoprire senza ansie e timori di intrusioni.

anziani-felici-628x297.jpgEtà del pensionamento: in questa fase si ha maggior tempo da dedicare alla propria persona e a chi ci circonda. E’ una fase altalenante perchè caratterizzata c’è chi ha nostalgia per l’età passata (diverse persone non accettano il pensionamento, non avere più un lavoro che spesso definisce la propria identità), però è anche un periodo di gioia se si scoprono o riscoprono passioni abbandonate, magari da condividere con la propria metà. E’ la fase che permette il passaggio all’essere nonni che oggi sempre più spesso assolvono funzioni educative (i genitori sono impegnati fino a tarda ora con il lavoro e questo permette di passare molto più tempo con i nipoti). Purtroppo è anche l’età in cui si inizia a fare i conti con la malattia e il fantasma della morte: in questo, diventa importante la rete di relazioni che si ha intorno, a partire da quella familiare, che diventa un importante fonte di supporto e sostegno per il carico emotivo che gli eventi drammatici comportano.

Questa sei fasi appena descritte, sono quelle “classiche” di una crescita di coppia ma, come detto in precedenza, non vale per tutti e questo, rispetto al passato, sembra essere molto attuale per una serie di ragioni. Infatti, oltre a quelle menzionate, ci sono tanti altri momenti che creano tensioni importanti che possono sfociare in una crisi/rottura: figli che non arrivano (mi riferisco alle coppie che sperano di avere un figlio al contrario di chi, in accordo, decide di non averne), tradimenti, malattie precoci, aborti, distanze determinate da scelte lavorative, crisi economica o progressione di un solo partner, migrazione verso altri paesi, morte del familiare o di un caro. Questo sono solo alcuni dei tanti eventi che possono verificarsi all’interno di una coppia, la domanda è sempre la stessa: come reagisce la coppia?
E’ facilmente intuibile che un evento di passaggio da uno stadio all’altro è un evento che porterà una novità, in senso positivo o negativo; la differenza sostanziale consiste nella reazione dei partner a tali momenti. Una coppia che si è persa nel tempo reagirà in maniera più critica rispetto ad una coppia che nel tempo ha lottato per preservare una propria dimensione. I momenti di crisi sono considerati fisiologici nella crescita del sistema coppia e familiare, a volte si risolvono insieme, altre volte sfociano in una crisi.
Personalmente penso che per quanto complicato e difficile, la comunicazione non debba mai mancare. E con questo intendo una comunicazione non fatta solo per dirsi “ci ho provato” ma per comunicare apertamente timori, ansie e paura ponendosi in posizione di apertura mentale e verso l’altro. Darsi la possibilità di cadere e rialzarsi dando la mano al/alla partner e, prima di mettere la parola “fine”, non avere paura di dirsi “abbiamo bisogno di aiuto/sostegno”. Sottolineo, ancora una volta, l’importanza degli esperti Psicologi a cui potersi rivolgere anche quando si considera la situazione “non così grave” da meritare attenzione.

Concludendo, con le parole di Andolfi (2006), secondo il pensiero della Walsh, diventa importante, a seconda del tipo di fase evolutiva che la coppia attraversa, riuscire a “non cambiare partner, ma a cambiare tipo di contratto con lo stesso partner”. (F. Walsh, 1999). Questa capacità di trasformazione contraddistingue una coppia ben riuscita.

Dott.ssa Teresa Marrone

NB. Immagini prese dal web

Bibliografia

Andolfi, M. (2006). La terapia di coppia in una prospettiva trigenerazionale. I seminari di Maurizio Andolfi. A cura di: Falcucci, M., Mascellani, A., Santona, A., Sciamplicotti, F. Accademia di Psicoterapia della Famiglia: Roma.

Carter. E., Mc Goldrick M. (1980). The family life cycle. Gardner Press: New York.

Walsh, F. (1999). Coppie sane e coppie disfunzionali: quale differenza? In Andolfi, M. (a cura di), La crisi della coppia. Raffaello Cortina Editore: Milano.