L’anorgasmia maschile: quando il piacere non arriva

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L’orgasmo rappresenta per uomini e donne il momento di culminante piacere nella risposta sessuale.  Come abbiamo più volte sottolineato, esso si costituisce di un complesso di sensazioni psicogene ma anche di reazioni fisiologiche, che sono state studiate e misurate dai pioneri dello studio del comportamento sessuale umano.

Nell’uomo l’orgasmo   è fisiologicamente  associato al momento dell’emissione, in cui il liquido seminale si raccoglie nella porzione bulbare dell’uretra (inevitabilità orgasmica) e conseguentemente  ai getti eiaculatori  . In questo secondo momento vi è la sensazione di piacere più intenso. Come per l’eccitazione, anche l’orgasmo è regolato da riflessi spinali, limbici e corticali, tuttavia a differenza del’eccitazione esso è connotato da una reazione muscolare sotto il controllo del sistema nervoso ortosimpatico ed in parte dal sistema nervoso volontario( Fenelli, Lorenzini 2014).

E’ tuttavia un fenomeno particolarmente influenzabile da vari fattori, ed in caso di disfunzionalità in entrambi i sessi, può essere definito in base a criteri temporali: vi può essere una precocità della reazione orgasmica (eiaculazione precoce), oppure un’inibizione totale o parziale di questo momento.  Già da questa prima distinzione temporale è possibile evidenziare le divergenze diagnostiche che emergono tra maschi e femmine: in caso di orgasmo precoce, solitamente per le donne non viene percepito come un problema, ed in effetti ci sono rari casi di trattamento di questa condizione; per gli uomini l’eiaculazione precoce non solo è un disturbo molto frequente,ma ad esso sono dedicate terapie farmacologiche e diversi tipi di trattamento terapeutico multimodale. Per quanto riguarda l’anorgasmia invece, la questione è ancora aperta: le donne anorgasmiche sono da sempre soggette a trattamento, la loro inibizione orgasmica è invalidante per la coppia e spesso può portare le persone in terapia per risolvere il problema. Per quanto riguarda l’uomo invece, la presenza di anorgasmia può avere due diverse chiavi di lettura: da una parte, la lunga durata della prestazione sessuale viene letta come “potenza virile”, d’altra parte, le coppie denunciano il problema ai clinici nel momento in cui sorge nella coppia la necessità di concepire. Inoltre , solitamente anche la donna non trae giovamento da prestazioni così lunghe, poiché il mancato compimento dell’orgasmo del partner si ripercuote anche sulla sua autostima e sul rapporto di coppia.

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Dal punto di vista diagnostico, si sottolinea che nell’ultima edizione del DSM, l’eiaculazione ritardata è stata inserita nell’ambito delle disfunzioni sessuali che però rispetto alle ed. precedenti, sono meno inquadrate in una categorizzazione che suddivideva le problematiche in base alle fasi di risposta sessuale: desiderio, eccitazione e orgasmo. In questa edizione le fasi di risposta sessuale fanno parte di un continuum meno netto e definibile, ed in effetti questa tesi sembra essere supportata da evidenze cliniche riportate anche in letteratura. Secondo B. Apfelbaum  ( autore di numerosi articoli e capitoli nel campo della terapia sessuale)infatti, l’eiaculazione ritardata porta con sé una serie di pregiudizi clinici che possono essere superati solo se si focalizza la terapia sulla mancanza di eccitazione del paziente. Innanzitutto c’è da dire che per diagnosticare questo tipo di condizione in assenza di altre patologie organiche, non si deve presentare orgasmo o eiaculazione in nessuna situazione sessuale, quindi nemmeno durante la pratica masturbatoria.  Secondo l’autore la difficoltà di trattamento clinico sarebbe dovuta proprio al fatto che, invece, gli uomini con questo tipo di difficoltà presentano spesso erezioni molto prolungate, o comunque sufficienti per sostenere un  rapporto. L’erezione viene letta da entrambi i partner come un segnale di eccitazione, ma come abbiamo già detto, questo tipo di reazione fisiologica può avere una via riflessa automatica, che se non è supportata anche da un desiderio ed un’eccitazione psicogena, comporta la mancanza di piacere.images

Infatti secondo Apfelbaum, l’eiaculatore ritardato autentico mostrerebbe impossibilità orgasmica solo in presenza del /la partner.

Per cui quando un uomo non riesce ad eiaculare in presenza della sua partner , potrebbero esserci dei problemi a livello relazionale, che non trovano espressione se non nell’intimità: l’uomo potrebbe nutrire un sentimento astioso nei confronti della compagna e quindi la priva del suo orgasmo, o semplicemente la rabbia, la scarsa attrazione e quindi un’eccitazione non sufficiente potrebbero impedire il culminare del rapporto sessuale.  Oppure , dal punto di vista psicodinamico potrebbero sussistere una serie di fissazioni infantili che riguardano il rapporto con la madre, riferimento femminile per eccellenza : la paura di essere inglobati dalla donna-madre, oppure il timore di sporcarla o sporcarsi con lo sperma,  una tendenza all’ipercontrollo, la difficoltà di lasciarsi andare totalmente per paura di essere “abbandonati” dall’oggetto d’amore, infine la paura di un impegno più responsabile per una gravidanza. anche dal punto di vista eziopatogenetico Apfelbaum mette in luce gli elementi di vantaggio femminile: secondo l’autore l’eiaculatore inibito è così concentrato e dedito a compiacere la partner da presentare sempre un’erezione e  non rifiutare mai un rapporto. Tale compulsione però genera risentimento, oltre che ansia e disgusto non solo per il rapporto ma anche per il proprio sperma. Ricordiamo che il problema può essere causato anche dall’abuso di alcol e droghe, o alcuni farmaci. anorgasmia-maschile

Trattamento: a differenza dell’approccio terapeutico della Kaplan che prevedeva un’esposizione graduata per diminuire la fobia ad eiaculare in presenza della partner, proponendo la manovra a ponte ( una stimolazione manuale e vaginale per avvicinare sempre di più l’uomo ad eiaculare in vagina e quindi a desensibilizzare l’atteggiamento fobico), Apfelbaum propone la tecnica del “controbypassaggio”  ovvero l’espressione autentica dei pensieri di rifiuto e risentimento da parte dell’uomo nei confronti della donna, che non deve sentirsi obbligato ad essere eccitato e “performante”. L’accettazione di questi suoi sentimenti  conducono la persona a non sentirsi oggetto, ed a ricercare un’eccitazione autentica.

Ovviamente è importante inserire questo tipo di intervento in un contesto di supporto alla terapia di coppia che preveda anche una rieducazione ai ruoli di genere, alla sessualità, ma anche e soprattutto che ripristini un equilibrio ed una comunicazione funzionale di coppia.

Dott.ssa Sara Longari

bibliografia:

Dèttore D. Psicologia e Psicopatologia del comportamento sessuale. McGraw-Hill. Milano 2001

Fenelli A., Lorenzini R. Clinica delle disfunzioni sessuali. Carocci Faber. Roma 2012

Leiblum S.R., Rosen R.C. Principi e pratica di terapia sessuale. ED italiana a cura di A. Graziottin. Cic edizioni internazionali. Roma 2004

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“..E se fosse lui ad avere l’emicrania??..” Il Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile

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La letteratura scientifica in materia di sessualità, spesso ha preso in esame la tematica del calo della libido o della mancanza di desiderio sessuale, con particolare attenzione dedicata al genere femminile (da noi trattata negli articoli: Eccitazione e desiderio femminile: parliamone; e “Stasera no, ho mal di testa!” Quando non è solo emicrania.). Questo modo di fare però, seppur in maniera distorta, ha rimarcato l’idea che questo tipo di disagio non potesse essere esperito dal genere maschile. In realtà, dati recenti dimostrano che  il 15% della popolazione maschile di età compresa tra i 18 e i 60 anni, pari a oltre un milione di uomini, presenta il Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile (DDSI). Specificamente, la prevalenza del disturbo può essere molto variabile: circa il 6% degli uomini più giovani (18-24 anni) e il 41% degli uomini più anziani (66-74 anni) riscontrano difficoltà che riguardano il desiderio sessuale. Tuttavia, un persistente calo della libido colpisce solo una piccola percentuale (1.8%) di uomini tra i 16 e i 44 anni (Déttore).

Clinicamente parlando, cosa si intende per “Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile (DDSI)?”

9788860306616_0_0_721_75Il DSM – 5 colloca il DDSI tra le disfunzioni sessuali, e fa riferimento alla mancanza o alla significativa riduzione di desiderio sessuale, per almeno sei mesi, che riguarda nello specifico l’assenza o la riduzione di:

  • interesse per l’attività sessuale;
  • pensieri e fantasie erotico – sessuali;
  • iniziativa nel rapporto sessuale e generale rifiuto delle iniziative del/la partner.

Tali sintomi devono causare nell’individuo un disagio clinicamente significativo. Inoltre, bisogna specificare sia la gravità del disagio (distinguendo tra lieve, moderata o grave) sia se il disagio è:

  • permanente o primario: è presente da quando l’individuo è diventato sessualmente attivo;
  • acquisito o secondario: è iniziato dopo un periodo di funzionamento sessuale relativamente normale;
  • generalizzato: non è limitato a determinati tipi di stimolazioni, situazioni  o partner;
  • situazionale: si verifica solo con determinati tipi di stimolazioni, situazioni  o partner.

 

Quali sono le cause che danno origine al “Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile?”

1369732886205L’insorgenza del DDSI è di tipo multifattoriale, distinguiamo pertanto fattori di tipo bio – fisiologico da fattori di tipo psico – emotivo – relazionale.  Tra i primi l’età rappresenta uno dei fattori di rischio più significativi per il calo del desiderio maschile.  Ulteriormente, il calo del desiderio può essere secondario anche a condizioni mediche quali: malattie endocrine, per esempio elevati livelli dell’ormone prolattina (iperprolattinemia), ipogonadismo (ad oggi non è ancora chiaro se gli uomini con calo del desiderio sessuale abbiano anche un calo correlato dei livelli di testosterone),  disfunzioni della tiroideipertensione arteriosasindrome metabolica,  neuropatie, diabeteobesità utilizzo di sostanze/alcol o di farmaci.

Da un punto di vista psicosessuologico, dobbiamo distinguere tra fattori individuali e fattori relazionali. Tra i primi rientrano: le convinzioni religiose (quando queste sono molto rigide possono condizionare negativamente l’approccio della persona alla sessualità, inibendo sia la sua risposta sessuale, sia il suo desiderio); le fobie sessualila paura di perdere il controlloil timore di gravidanze indesiderate; timori legati all’invecchiamento; timori di possibili “contaminazioni” dovute al contatto fisico sessuale; disturbi dell’identità di genere oppure omosessualità latente; fattori legati allo stress, alla depressione e all’affaticamento della vita quotidiana. Viceversa, per quanto riguarda i fattori relazionali si fa riferimento a: scarsa attrazione verso il/la partner; scarse abilità sessuali del partner; conflitti di coppia irrisolti; lotte di potere all’interno della coppia; differenze circa il livello di vicinanza reciproca; difficoltà nel fondere i sentimenti di amore con il desiderio sessuale (E.Federico)

Bisogna puntualizzare inoltre che clinicamente, circa la metà degli uomini con calo del desiderio sessuale ha anche difficoltà di erezione, e un po’ meno della metà può anche avere difficoltà di eiaculazione precoce. Pertanto, il DDSI può essere associato anche a preoccupazioni riguardanti l’erezione e/o l’eiaculazione. Un uomo che ha difficoltà persistenti nel raggiungere un’erezione (disfunzione erettile) può perdere interesse per l’attività sessuale. Spesso gli uomini con un calo della libido riferiscono di non avere più iniziative sessuali e di essere solo minimamente ricettivi agli approcci del partner (AOGOI). 

A chi bisogna rivolgersi per la diagnosi del “Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile?”

depositphotos_43553813-stock-photo-happy-medical-teamRisulta chiaro che la valutazione clinica del paziente con DDSI necessita di una stretta interazione tra medico di medicina generale, andrologo, urologo, endocrinologo e lo psicosessuologo. Un corretto approccio diagnostico prevede un’accurata valutazione clinica (medica, sessuale e psicosociale) ed un attento esame obiettivo, cui devono associarsi specifici esami di laboratorio e strumentali.

Dopo la raccolta anamnestica, lo specialista deve procedere con l’esame obiettivo generale ed andrologico del paziente, focalizzandosi in particolare sulla ricerca di eventuali segni specifici di malattie sistemiche (del rene o del fegato) od ormonali, come per ad esempio segni di ridotta funzione testicolare (testicoli e prostata di piccole dimensioni) o tiroidei (aumento di peso, gonfiori o perdita di capelli). Semplici esami del sangue (TSH, testosterone, transaminasi, creatininemia) potranno poi suffragare la diagnosi di tali malattie organiche (A. Garolla).

L’approccio migliore per la presa in carico del paziente con DDSI è quello di tipo biopsicosociale integrato in cui gli specialisti che entrano in gioco collaborano in équipe, allo scopo di personalizzare il trattamento più efficace a seconda dell’incidenza dei fattori di rischio che hanno condotto la persona a manifestare tale disagio.

Specificamente, dopo lo screening iniziale, a seconda della prevalenza di fattori organici o psicogeni, il trattamento del DDSI seguirà strade diverse. Pertanto bisogna integrare un approccio medico con un intervento psicosessuologico mirato volto ad approfondire i fattori cognitivi, emotivi e relazionali che determinano il problema sessuale e orientarne quindi la risoluzione attraverso il counselling sessuologico o la terapia sessuale individuale o di coppia.

Da un punto di vista psicosessuologico, come si risolve il DDSI?

Microsoft Word - Salute3.docLo psicosessuologo adotta un approccio non giudicante caratterizzato da accoglienza ed ascolto attivo ed empatico nei confronti del paziente, al fine di guidare quest’ultimo verso il raggiungimento del benessere psicosessuale individuale e di coppia. Specificamente, lo psicosessuologo adotterà un approccio basato sulla psicoeducazione in modo da trasmettere al paziente una corretta conoscenza dell’anatomia sessuale e del ciclo di risposta sessuale (fasi del funzionamento erotico) e di conseguenza anche un miglioramento della consapevolezza del proprio corpo (esplorazione visiva e cinestesica) allo scopo di favorire una maggiore comprensione dei fattori fisiologici e psicologici coinvolti nel rapporto sessuale. Inoltre, lo psicosessuologo adotterà un approccio di tipo psicorporeo con il paziente allo scopo di ridurre l’ansia ed incrementare la focalizzazione sensoriale sulle tutte le  parti del corpo, addestrando il paziente all’utilizzo di fantasie sessuali per incrementare il desiderio e l’eccitazione sessuale. Infine, lo psicosessuologo affronterà eventuali esperienze sessuali traumatiche del paziente, aiutandolo sia a superare insicurezze rispetto alla propria sessualità sia a ristrutturare le convinzioni disfunzionali riguardo alla sessualità e alla gestione dei conflitti di coppia. 

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia e Sitografia

 

AOGOI – Associazione Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani, Diagnosi e gestione delle patologie e dei disturbi sessuali della coppia (in http://www.dipartimentibenesserecoppia.it)

APA, 2014,  Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM -5, Raffaello Cortina 

D. Dèttore, Disturbo sessuale ipoattivo maschile (in http://www.studiodettore.it)

E. Federico, Disturbi del desiderio sessuale (in http://www.sessuologia-psicologia.it)

A. Garolla, I disturbi del desiderio (in www.uomoinsalute.it) 

http://www.istitutobeck.com

 

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“Quando il piacere arriva troppo velocemente”: dalla diagnosi alla cura dell’Eiaculazione Precoce

Secondo le Società Scientifiche Internazionali (European Association of Urology, International Society for Sexual Medicine, American Urological Association), l’eiaculazione precoce (EP) è la disfunzione sessuale più diffusa nell’uomo: infatti colpisce il 20% – 30% degli uomini adulti tra i 18 e 70 anni di età. Una condizione medica spesso trascurata (o taciuta) e, dunque, non diagnosticata, sebbene sia causa di frustrazione in entrambi i partner e abbia un forte impatto negativo sulla relazione di coppia (Gentile, 2009).

Ma che cos’è esattamente? Quali sono gli aspetti diagnostici?

Le succitate Società Scientifiche Internazionali ritengono che gli elementi chiave che portano ad una diagnosi di questo tipo sono:

  • eiaculazione persistente o ricorrente con minima stimolazione sessuale che avviene prima o poco dopo la penetrazione e, in ogni caso, prima che l’uomo lo desideri;
  • incapacità di ritardare l’eiaculazione (mancanza del controllo) ad ogni episodio o in quasi tutti gli episodi di penetrazione vaginale;
  • impatto negativo sulla persona, caratterizzato da disagio, fastidio, frustrazione e/o una propensione all’evitare l’intimità sessuale (Società Italiana di Urologia).

Il DSM 5 (2013) ha integrato i criteri diagnostici per l’EP, ponendo attenzione anche alla persistenza e alla durata dei sintomi, ovvero per una corretta diagnosi è necessario che i sintomi debbano essere presenti come minimo per circa 6 mesi e devono essere provati in tutte o quasi tutte (circa 75-100%) le occasioni di attività sessuale; ed inoltre devono causare nell’individuo un disagio clinicamente significativo.

Questa definizione viene applicata esclusivamente a rapporti sessuali caratterizzati da penetrazione vaginale; al contrario, in mancanza di sufficienti dati di letteratura, i tre criteri sopracitati non possono essere applicati a forme di eiaculazione precoce che si manifestino nel contesto di altre attività sessuali o di rapporti omosessuali (Società Italiana di Urologia).

Esistono diverse forme di eiaculazione precoce, specificamente si fa riferimento ad una classificazione che distingue l’EP in:

  • EP primaria: quando è presente sin dalle prime esperienze sessuali e non si è mai modificata;
  • EP secondaria: quando compare improvvisamente dopo un periodo che la persona descrive accettabile dal punto di vista del controllo eiaculatorio;
  • EP ante portam: quando il sintomo si manifesta ancor prima della penetrazione;
  • EP intra-vaginale: quando si manifesta esclusivamente durante la penetrazione;
  • EP assoluta: quando il sintomo si manifesta sempre a prescindere dal partner;
  • EP relativa o situazionale: quando il sintomo si manifesta solamente con un determinato partner.

Inoltre l’EP viene classificata anche a seconda del grado di severità:

  • Grado severo (eiaculazione anteportam) prima della penetrazione o ≤15 sec;
  • Grado moderato ≤ 1 minuto dopo la penetrazione;
  • Grado lieve ≤ 2 minuti dopo la penetrazione.

time.630x360In particolar modo viene considerato lo IELT (tempo di latenza eiaculatoria intravaginale) che rappresenta un indicatore del lasso di tempo che intercorre tra l’inizio della penetrazione e l’inizio del fenomeno eiaculatorio.

Dagli studi in materia emerge che la durata media del tempo di eiaculazione è pari a 5.4 minuti con un range che varia dai 0.55 minuti ai 44.1 minuti. Bisogna puntualizzare inoltre che la semplice misurazione del tempo di eiaculazione senza considerare il punto di vista del paziente non deve costituire un criterio assoluto per definire l’eiaculazione precoce. Questo ampio range, inoltre, consente di non considerare sofferente quel paziente che, pur eiaculando in tempi brevi, non vive in modo patologico questo aspetto. Da ciò ne consegue come il vissuto patologico del paziente unitamente ad una valutazione quanto più oggettiva del sintomo siano imprescindibilmente il punto di partenza per un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico (Società Italiana di Urologia).

Quali sono le cause d’insorgenza?

Da un punto di vista clinico i fattori eziopatogenetici che determinano l’insorgenza dell’EP possono essere distinti su due piani: organico (medico – biologico) e psicologico (emotivo – relazionale).

Specificamente, tra i fattori organici rientrano:

  • Ipersensibilità del glande, ovvero eccessiva sensibilità cutanea tale da determinare l’insorgenza precoce del riflesso eiaculatorio;
  • Malattie urologiche (prostatiti, fimosi, frenulo corto, varicocele)
  • Alterati meccanismi ormonali (ipotestosteronemia);
  • Alterazioni neurologiche;
  • Alterazioni vascolari;
  • Malattie endocrine (ipogonadismi e ipotiroidismi)
  • Cause Iatrogene (anfetamine)
  • Cause Voluttuarie (droghe es. cocaina)

Tra i fattori psicologici, troviamo:

  • Fattori legati alla storia sessuale dell’individuo (quali l’educazione sessuale ricevuta ed eventuali abusi sessuali subiti),
  • Fattori individuali (aspetto fisico, deflessione del tono dell’umore, o franca depressione, alessitimia);
  • Ansia da prestazione (stato ansioso superficiale legato al desiderio di dimostrare la propria potenzialità sessuale; mancato utilizzo di metodi contraccettivi; paura dei fallimenti) che attraverso un’ipereccitazione determinerebbe una riduzione del controllo delle sensazioni pre-eiaculatorie;
  • Senso di colpa (attività sessuale prematrimoniale, attività sessuale extra coniugale);
  • Paura (gravidanza non programmata, timore di malattie sessualmente trasmissibili);
  • Fattori legati alle capacità relazionali dell’individuo stesso.

 

eiaculazione-precoce-problema_1437396263È difficile stimare il peso che fattori organici e psicologici possono avere sullo sviluppo di questo disagio, molto spesso i fattori sono compresenti, anche se l’esperienza clinica dimostra che nella maggior parte dei casi, è l’aspetto psicologico a determinare l’insorgenza del disagio per l’uomo, ossia spesso i vissuti destrutturanti interferiscono potentemente con la salute sessuale.

Quattrini (2017) riporta che da un punto di vista scientifico, eiaculazione ed orgasmo rappresentano il risultato di una complessa interazione psiconeuroendocrina che definiscono la fase finale della risposta sessuale nell’uomo. L’orgasmo è la rappresentazione massima del piacere: un’esplosione di energia creativa, che rappresenta nell’individuo la possibilità di abbandonare se stesso a forti sensazioni di benessere. Il piacere si rivela ogni volta in maniera differente, poiché non è solo appagamento fisico ma anche emotivo – affettivo collegato alle dinamiche relazionali; al rapporto vissuto con la/il partner; il momento in cui è sperimentata la sessualità; l’ambiente in cui si trovano; lo stato d’animo del momento. Purtroppo però, la maggior parte degli uomini sono convinti che l’orgasmo rappresenti un gesto altruistico, ed è molto in voga l’idea di dover raggiungere il piacere erotico in simultanea con la/il partner. Quattrini (2017) ribadisce che nella sessualità gli individui devono concedersi la possibilità di godere egoisticamente del proprio piacere, permettendo al/la partner di sperimentare la stessa identica sensazione, in particolar modo avere delle attenzioni per il piacere del partner (altruismo erotico) non deve interrompere o allontanare la massima espressione del piacere personale e la possibilità di sperimentare le esperienze orgasmiche (sano egoismo erotico).

Da qui deriva il fatto che l’EP, in assenza di fattori eziopatogenetici di tipo organico,  rappresenta piuttosto un disagio di tipo sociale derivante da aspettative irrealistiche dell’uomo circa la durata della partner e dei suoi tempi per ottenere il piacere, dunque il problema nasce quando il piacere maschile non è in linea con il piacere della partner, il che ricade in clichè sociali stereotipati e pregni di disinformazione. Sarebbe necessario quindi informare ed educare correttamente gli uomini sul fatto che le donne hanno bisogno di attenzioni e stimolazioni molto più complesse rispetto ai maschi, ma quando l’uomo riesce a trovare il canale necessario all’eccitazione femminile, allora i tempi possono rivelare delle sorprese, la donna attiva energicamente l’esperienza orgasmica anche dopo pochi minuti! (Quattrini F., 2017).

A chi rivolgersi per la cura dell’EP?

1a1a1af2-84ff-4d50-90d9-6f98dc81c5caRisulta chiaro che la valutazione clinica del paziente con eiaculazione precoce necessita di una stretta interazione tra medico di medicina generale, andrologo, urologo, endocrinologo e lo psicosessuologo. Un corretto approccio diagnostico prevede un’accurata valutazione clinica (medica, sessuale e psicosociale) ed un attento esame obiettivo, cui devono associarsi specifici esami di laboratorio e strumentali.

Dopo la raccolta anamnestica, lo specialista deve procedere con l’esame obiettivo del paziente, focalizzandosi in particolare su un’ispezione dei genitali esterni (presenza di un frenulo breve, secrezioni dal meato uretrale esterno, ipersensibilità del glande) e dei caratteri sessuali secondari. Può risultare utile eseguire l’esplorazione rettale con la finalità di evidenziare un quadro di sospetta prostatite che risulta essere un importante fattore predisponente l’insorgenza di eiaculazione precoce.

L’approccio migliore per la presa in carico del paziente con EP è quello di tipo biopsicosociale integrato in cui gli specialisti che entrano in gioco collaborano in équipe, allo scopo di personalizzare il trattamento più efficace a seconda dell’incidenza dei fattori di rischio che hanno condotto la persona a manifestare tale disagio.

Specificamente, dopo lo screening iniziale, a seconda della prevalenza di fattori organici o psicogeni, il trattamento della EP seguirà strade diverse, ovvero gli specialisti converranno sul fatto che la farmacologia può aiutare ma non risolvere il disagio, poiché aggira temporaneamente il problema ma non ne costituisce la sua risoluzione.

SEXPertanto bisogna integrare ad un approccio medico – farmacologico anche un intervento psicosessuologico mirato volto ad approfondire i fattori cognitivi, emotivi e relazionali che determinano il problema sessuale e orientarne quindi la risoluzione attraverso il counselling sessuologico o la terapia sessuale individuale o di coppia.

Da un punto di vista psicosessuologico, come si risolve l’EP?

Lo psicosessuologo adotta un approccio non giudicante caratterizzato da accoglienza ed ascolto attivo ed empatico nei confronti del paziente, al fine di guidare quest’ultimo verso il raggiungimento del benessere psicosessuale individuale e di coppia. Specificamente, lo psicosessuologo conduce il percorso sessuologico col paziente seguendo un approccio di tipo mansionale integrato (breve e strategico) con l’obiettivo di educare il paziente alla sessualità trasmettendo corrette informazioni di tipo medico – scientifico, allo scopo di sradicare false credenze stereotipate che pregiudicano il corretto funzionamento sessuale dell’individuo. Inoltre lo psicosessuologo guida il paziente verso l’acquisizione della consapevolezza e dell’ascolto delle emozioni e delle sensazioni sia proprie che del partner, con la finalità di migliorare l’aspetto relazionale emotivo ed affettivo necessario per una buona armonia di coppia.

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Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia

Gentile, V. (2009, Ottobre). Il piacere che arriva troppo velocemente. Io Uomo. Rivista di informazione, educazione e prevenzione andrologica(2), 1.

Kaplan, H. (1995). Nuove Terapie Sessuali. Milano: Bompiani.

Leiblum, S., & Rosen, R. (2004). Principi e pratica di terapia sessuale. Roma: CIC Edizioni Internazionali.

Quattrini F. (2017). Il piacere maschile. Firenze: Giunti.

Società Italiana di Urologia. (s.d.). Eiaculazione precoce: raccomandazioni della Società Italiana di Urologia (SIU) per la gestione del paziente nella pratica clinica. Tratto da http://www.siu.it.

 

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“Disfunzione Erettile”: che cos’è? Come si manifesta?

“Amati! Sei la persona con cui passerai il resto della tua vita!”
Questo è il leitmotiv che guida tutti coloro che intraprendono un percorso psicosessuologico per risolvere una disfunzione sessuale.

La Disfunzione Erettile (DE) rappresenta una delle disfunzioni sessuali maschili presenti nel DSM 5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali), la quale viene definita come marcata difficoltà dell’uomo nell’ottenere e/o mantenere un’adeguata erezione durante l’attività sessuale affinché quest’ultima possa essere considerata soddisfacente sia per lui che per il/la partner. Clinicamente, si presentano diverse tipologie di DE: alcuni uomini manifestano l’incapacità di ottenere l’erezione fin dall’inizio dell’esperienza sessuale; altri ottengono un’adeguata erezione ma perdono la tumescenza (aumento di volume del pene provocato dall’aumento del flusso sanguigno all’interno dei corpi cavernosi che sono responsabili dell’erezione) tentando la penetrazione; altri ancora ottengono un’erezione sufficientemente valida per la penetrazione, ma perdono la tumescenza prima o durante le successive spinte. Per poter effettuare una diagnosi le disfunzioni devono avere una durata minima di 6 mesi ed una frequenza del 75 – 100%, in effetti il DSM 5 distingue la DE in:

  • Permanente o primaria: se il disturbo è presente da quando l’individuo è diventato sessualmente attivo;
  • Acquisita o secondaria: se il disturbo inizia dopo un periodo di funzionamento sessuale relativamente normale;
  • Generalizzata: se il disturbo è limitato a determinati tipi di stimolazione, situazione o partner;
  • Situazionale: se il disturbo si verifica solo con determinati tipi di stimolazione, situazioni o partner.

Inoltre il DSM 5 specifica la gravità del disagio provocato dalla DE in lieve, moderato e grave. Il Ministero della Salute riporta che la DE può presentarsi a tutte l’età, dalla giovinezza alla vecchiaia, per alcuni uomini può essere un problema occasionale per altri un problema frequente.

Quali sono le cause che determinano l’insorgenza della DE?

grafico-cause-disfunzione-erettileL’eziopatogenesi della DE è di tipo multifattoriale, può essere dovuta a fattori organici e/o psicogeni.  Da un punto di vista organico, la DE condivide molti fattori di rischio con le patologie cardiovascolari (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, obesità, fumo di sigarette) ma può avere anche cause neurologiche (lesioni cerebrali e del midollo spinale e/o dei nervi periferici prodotte da traumi della regione lombosacrale e pelvica o da interventi chirurgici a livello di colon, prostata e vescica) e ormonali (deficit di androgeni, aumento della prolattina, alterazioni tiroidee). Inoltre numerosi farmaci possono indurre, direttamente o indirettamente, alterazioni dell’erezione, compresi gli antipertensivi, gli antidepressivi e i sedativi, oltre ovviamente all’alcol e alle droghe, che producono danni neuro-vascolari a medio – lungo termine. Ulteriormente, da un punto di vista psicologico, tra i fattori di rischio rientrano la depressione, i sensi di colpa e di inadeguatezza, le preoccupazioni, lo stress e l’ansia, che concorrono ad inibire la risposta erettile e il desiderio sessuale.

Come si comportano gli uomini che convivono con questo disagio?

ob_2a257a_lansia-e-la-disfunzione-erettileLa maggior parte degli uomini si vergognano e fanno fatica a rivolgersi ad uno specialista, spesso cercano dei rimedi fai da te diffusi in Internet da parte di non addetti ai lavori, che nella maggior parte dei casi si rivelano inefficaci e deludenti. Il vissuto di questi uomini è caratterizzato da un abbassamento del livello di autostima personale e sessuale che alimenta una serie di credenze disfunzionali fortemente stigmatizzanti circa l’impotenza sessuale e la perdita di virilità, fattori che incidono in maniera preponderante sulla qualità della vita e della relazione di coppia.

Chi sono i specialisti della salute cui questi uomini possono rivolgersi per una diagnosi ed un trattamento adeguato?

1a1a1af2-84ff-4d50-90d9-6f98dc81c5caL’équipe professionale migliore per offrire a questi uomini un trattamento efficace per la risoluzione della DE è costituita nell’ordine dai seguenti specialisti: medico di medicina generale, andrologo, urologo, endocrinologo, diabetologo, psicosessuologo. Specificamente, dopo lo screening iniziale, a seconda della prevalenza di fattori organici o psicogeni, il trattamento della DE seguirà strade diverse, ovvero gli specialisti converranno sul fatto che la farmacologia può aiutare ma non risolvere il disagio, poiché aggira temporaneamente il problema ma non ne costituisce la sua risoluzione.

Un corretto approccio diagnostico prevede un’accurata valutazione clinica (medica, sessuale e psicosociale) ed un attento esame obiettivo, cui devono associarsi specifici esami di laboratorio e strumentali.  Con l’anamnesi l’andrologo indagherà la presenza dei fattori di rischio summenzionati, il tipo di sintomatologia e la sua evoluzione nel tempo, nonché il tipo di relazione con il/la partner. L’esame obiettivo sarà generale e andrologico, volto a valutare i caratteri sessuali secondari e a ricercare eventuali segni di patologie concomitanti cardiovascolari, ormonali e neurologiche. Gli esami di laboratorio su sangue e urine possono essere utili per determinare le condizioni generali ed indagare eventuali disfunzioni ormonali, come il calo del testosterone, che interferiscono con la capacità erettile.

L’approccio migliore per la presa in carico del paziente con DE è quello di tipo biopsicosociale integrato in cui gli specialisti che entrano in gioco collaborano in équipe, allo scopo di personalizzare il trattamento più efficace a seconda dell’incidenza dei fattori di rischio che hanno condotto la persona a manifestare tale disagio. Pertanto è necessario integrare ad un approccio medico – farmacologico anche un intervento psicosessuologico mirato volto ad approfondire i fattori cognitivi, emotivi e relazionali che determinano il problema sessuale e orientarne quindi la risoluzione attraverso il counselling sessuologico o la terapia sessuale individuale o di coppia.

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia

A. Graziottin, (2007) Male Sexual Dysfunction: Pathophysiology and Treatment, Informa Healthcare USA, New York,  p. 131-145.

H.S. Kaplan,  (1974) Le Nuove Terapie Sessuali, Bompiani.

S.R. Leiblum & R.C. Rosen, (2004) Principi e Pratica di Terapia Sessuale, CIC, Roma.

 

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