La dipendenza da alcool: dal “Bevo solo un bicchiere” al “Non posso più farne a meno”.

downloadL’alcolismo è un tema che negli anni ha portato sempre più persone ad essere maggiormente attente ad una tematica che spesso si tende a sottovalutare. Con il passare del tempo l’interesse si è intensificato tanto da portare alla nascita di varie associazioni che si sono sensibilizzate al fine di andare in soccorso a tutti coloro i quali, consapevoli o meno, trovano nell’ alcool la strada per cercare di dimenticare situazioni spiacevoli, traumatiche e turbolente.

Nell’articolo sulla dipendenza (link) abbiamo visto che dipendere vuol dire avere il bisogno di qualcuno o qualcosa in grado di soddisfare un’esigenza vitale per l’individuo, che può essere un’esigenza fisica o psicologica. La dipendenza da alcool è tra le più diffuse, caratterizzata dalla ricerca compulsiva di bevande alcoliche in quantità sempre maggiori, fino ad interferire con lo stato di salute della persona e con la sua vita lavorativa, relazionale e sociale.

Culturalmente, nel nostro paese, viene considerato adeguato il consumo di circa un litro al giorno di vino. Questa opinione, però, è stata messa in discussione da alcuni lavori che hanno messo in evidenza il concetto di “Dose Giornaliera Accettabile” (ADI) : questa dose varia da ricerca a ricerca, in alcune risulta corrispondere a mezzo litro di vino al giorno, in altre a mezzo bicchiere. Data la marcata discrepanza tra i valori sopraccitati, risulta importante prendere in considerazione il fattore individuale: nel considerare la dose giornaliera accettabile di una persona, viene presa in esame anche la sensibilità del singolo di fronte all’ alcool, considerando però che tutte le bevande alcoliche non sono del tutto innocue prima dell’instaurarsi dell’alcolismo, per diventare completamente nocive dopo. La differenza tra farsi una bevuta e ubriacarsi dipende dalla quantità di alcool che viene assunta, e chiaramente quest’ultima varierà da persona a persona e da momento a momento, ma senza dubbio chi beve troppo finirà col diventare ubriaco, e nella maggior parte dei casi imboccherà la strada che lo porterà a diventare alcolista.

L’alcolismo tendenzialmente si manifesta negli uomini. Le persone più a rischio sono coloro le quali presentano casi di dipendenza da alcool nella propria storia familiare (variante presente in quasi tutte le forme di dipendenza). Inoltre uno stile di vita particolarmente stressante, bassa autostima, depressione e difficoltà nella gestione delle emozioni negative sono altri importanti fattori di rischio nella genesi della dipendenza alcolica. In uno studio del 2013 si è potuto dimostrare che in persone affette da disturbo di abuso di alcool, l’essere portati a ruminare (pensare ripetutamente ad eventi passati, i pensieri in genere hanno contenuti negativi)  incrementa il desiderio irrefrenabile di bere (Caselli et al. 2016). La ruminazione mentale parrebbe essere sintomo cruciale nei disturbi da utilizzo di alcool e nel processo di ricaduta e fungerebbe da ponte tra emozioni negative e consumo di bevande alcoliche. Si ipotizza che l’individuo ricorra all’ utilizzo di alcool come strategia principale per sopprimere la ruminazione e gli effetti negativi ad essa correlati. 

L’uso smodato di alcool può portare gravi conseguenze allo stato di salute della persona: in particolare, non vanno sottovalutate le importati ricadute che si possono avere al fegato e al funzionamento cognitivo globale, con ripercussioni sull’umore, apprendimento, attenzione, memoria e alterazione del ritmo sonno-veglia.

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Il trattamento dell’alcolismo non è cosa semplice, per una serie di ragioni. Ogni alcolista, infatti, è diverso dagli altri, e pur presentando la stessa dipendenza, richiede un trattamento personalizzato. Si porta gradualmente la persona a prendere coscienza del suo stato e a riconoscere il bisogno di cure, accettando che senza aiuto non può smettere di bere. Molto spesso gli alcolisti credono di avere tutto sotto controllo e di poter smettere quando vogliono, ma in realtà è rarissimo che ciò accada. E’ evidente che per trattare la dipendenza da alcool , non è esaustivo un solo trattamento, effettuato da un unico ente o servizio, ma è necessario mettere in pratica una serie di interventi, un lavoro di rete tra i vari operatori del campo, che richieda collaborazione reciproca. Si tratta di prendere in considerazione non solo i sintomi fisici, di natura clinica, ma anche quelli psicologici, proprio perchè spesso l’alcolismo è solo un fattore secondario rispetto ad altre problematiche (di natura lavorativa, relazionale, familiare, ecc.). 

Le ricerche suggeriscono che gli alcoldipendenti hanno difficoltà nell’ intraprendere un cambiamento per conto proprio e che il problema centrale, come in altri problemi di dipendenza, è mantenere il cambiamento nel tempo (H.M Annis, 1986). La ricaduta costituisce un  evento frequente per molti alcolisti che si sono sottoposti ad un trattamento. La terapia della prevenzione della ricaduta considera quest’ultima un processo e aiuta ad  individuare ed affrontare tutte le situazioni pericolose che potrebbero portare il soggetto a bere. Si basa sull’ idea che i comportamenti di dipendenza sono acquisiti per fronteggiare situazioni di stress. Si parla di effetto “violazione dell’astinenza” ovvero l’attribuzione di significato che il paziente da alla prima violazione dell’astinenza. Un’ attribuzione legata a vissuti di fallimento personale e inadeguatezza anziché ad una non ancora completa abilità nell’ affrontare situazioni ad “alto rischio”, porta più facilmente ad una seconda violazione e all’ abbandono del trattamento. (M. E. Larimer, R.S. Palmer, G. Alan Marlatt, 1999).  Le situazioni ad alto rischio, cioè situazioni che sono state identificate dai pazienti come fattore principale di ricaduta (essere in presenza di altre persone che bevono, conflitti, rabbia, ansia, depressione, frustrazione, noia) costituiscono un pericolo per la ricaduta nel caso in cui il soggetto non sia preparato adeguatamente a fronteggiare le stesse. Una persona che possiede adeguate risposte di coping (ad esempio lasciare la situazione a rischio, un positivo dialogo interno) ha una probabilità molto alta di non ricadere. Fondamentale nella terapia della prevenzione della ricaduta è insegnare al soggetto a riconoscere le situazioni a rischio di bevuta che una volta individuate permetteranno allo psicologo e alla persona insieme di rivedere il repertorio comportamentale e cognitivo o costruire ex novo le risposte adeguate per superarle.

Ritengo che la motivazione a voler smettere di bere che parte dalla persona sia il punto cardine dal quale iniziare per avviare un progetto di recupero. Possiamo convincere la persona in mille modi, possiamo condurla verso la direzione più giusta, possiamo tentare di cambiare il suo schema comportamentale e cognitivo, ma nulla batterà la sua forza di volontà. In merito a ciò, è importante incrementare le campagne di sensibilizzazione al problema, campagne in grado di far aumentare sempre più il desiderio di cambiamento, di rinascita, di riprendere in mano la propria vita, partire esattamente dal punto in cui l’alcool è diventato più forte dell’individuo e della sua forza di volontà. 

Dott.ssa Teresa Marrone

 

Bibliografia:

ANNIS, H.M. (1986). A relapse prevention model for treatment of alcoholics. In: Miller, W.R., and Heather, N., eds. Treating Addictive Behaviors: Processes of Change. New York: Plenum Press.

Domenichetti, C. (2016). Alcolismo e ruminazione – Report dal seminario del Prof. Caselli a Genova. 

Larimer, M.E., Palmer, R.S., Marlatt, G.A. (1999). Relapse prevention. An overview of Marlatt’s cognitive-behavioral model” Alcohol research and health : the journal of the National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism .

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