Il vento del cambiamento: “Tutte le famiglie hanno il diritto di essere tutelate!”

downloadRecentemente si è tenuto a Verona il Congresso Mondiale delle Famiglie, il cui obiettivo è stato quello di difendere e riaffermare la famiglia tradizionale, nonchè patriarcale ed eterosessuale,  oltre ad opporsi fermamente all’aborto ed ai diritti riproduttivi, alle unioni civili tra persone omosessuali, ed ai diritti delle persone LGBTQI.

E’ evidente quanto questa concezione del concetto di famiglia è strettamente normativa tanto da promuovere un’ideologia rigida basata esclusivamente sul matrimonio di un uomo ed una donna eterosessuali all’interno del quale vengono procreati biologicamente i loro figli; tale visione intransigente e negazionista, aderisce rigorosamente al binarismo di genere  in cui gli uomini sono i capi della famiglia e le donne le loro aiutanti e le fattrici dei loro figli.

famiglie-gayButler (2004) afferma criticamente che il riconoscimento del fatto che la famiglia si fonda in modo naturale sul matrimonio, che quest’ultimo è (e dovrebbe rimanere) un’istituzione basata su un legame eterosessuale e che la funzione genitoriale è adeguata solo se esercitata all’interno di una riconosciuta e riconoscibile forma familiare, è frutto di rappresentazioni e di credenze arbitrarie. Tale punto di vista,  focalizza l’attenzione sull’esistenza di una realtà multiforme ed evidenzia che non possiamo catalogare come disfunzionale tutto quello che dèvia dal modello coniugale nucleare di tipo eterosessuale. Ulteriormente Bastianoni (2009) evidenzia che è inamissibile respingere nell’area dell’anormalità tutte le diverse configurazioni familiari attuali che si discostano dalla struttura della famiglia nucleare; rimarcando l’attivazione socioculturale di processi di stigmatizzazione escludente per tutte le altre tipologie di composizione familiare che oggigiorno caratterizzano il contesto sociale. In altre parole, la multiformalità familiare dovrebbe aprire degli scenari di trasformazione culturale, sociale e giuridica del concetto stesso di famiglia, al fine di renderle tutte ugualmente visibili ed accettabili, piuttosto che difendere e tutelare esclusivamente la famiglia nucleare tradizionale.

Perchè sarebbe necessario allargare le vedute?  Semplicemente perchè, come afferma Fruggeri (2005), la famiglia è un’unità complessa e multiprocessuale, risultato della rete di relazioni interdipendenti ed intreccio di processi interattivi, simbolici, interpersonali e sociali.  Riprendendo il discorso della multiformalità familiare, oggigiorno è possibile osservare:
la non sovrapponibilità tra nucleo familiare e famiglia: le famiglie possono articolarsi su differenti nuclei intersecati, come le famiglie ricomposte a seguito di una seconda unione coniugale, le famiglie post-separazione, le famiglie allargate e le famiglie ricostituite;
la non coincidenza tra genitorialità e coniugalità: la funzione genitoriale può essere esercitata in assenza della relazione coniugale, come nelle coppie di fatto e nelle famiglie monoparentali;
la non omogeneità tra cultura familiare e cultura della comunità sociale di appartenenza: famiglie costituite da coppie miste o con figli adottati attraverso canali internazionali;
la disgiunzione e la non consequenzialità tra l’atto generativo e la genitorialità intesa come funzione: funzione genitoriale simbolica esercitata in caso di adozioni, affidamenti, o contesti quali le case famiglia; funzione genitoriale esercitata da professionisti o volontari in contesti educativi come le comunità per minori;
la non coincidenza tra ruoli familiari e ruoli di genere: famiglie caratterizzate da una coniugalità di tipo omosessuale.

f1_0_5s-lombardia-convegno-su-nuove-famiglie-e-diritti-rispondere-a-enfasi-discriminatoria-della-legaFruggeri (2005), favorisce la lettura delle diverse organizzazioni familiari, attraverso un’ottica tesa sia a denunciare i pregiudizi che informano lo studio delle famiglie, sia ad affermare la depatologizzazione della diversità (piuttosto che relegarla nell’area della devianza), sia ad individuare risorse e punti di forza delle famiglie a struttura differente da quella nucleare,  sottolineandone invece la specificità.
Tale prospettiva si fonda sul presupposto che ad incidere sugli esiti di sviluppo degli individui non sia tanto la struttura della famiglia di appartenenza, quanto la qualità delle dinamiche e dei processi che in essa si realizzano spostando così l’asse di valutazione del funzionamento familiare dal piano delle caratteristiche strutturali/morfologiche, al versante dei processi interattivi e relazionali interni alle strutture stesse.

A dimostrazione di quanto appena detto, ci sono numerose ricerche in psicologia che evidenziano come i figli che crescono in famiglie con genitori conviventi, separati, risposati, single o omosessuali, non corrono più rischi evolutivi di quanti ne corrono i figli che crescono in famiglie con genitori sposati ed eterosessuali. Le diverse modalità familiari corrispondono infatti a modalità diverse di organizzare i rapporti primari, ognuna delle quali ha proprie caratteristiche specifiche, ma tutte sono potenzialmente in grado di provvedere adeguatamente al corretto svolgimento delle funzioni familiari. Rispetto a queste funzioni, nessuna forma familiare è per sua natura più garantita o più a rischio di altre: non quella con genitori uniti, né quella con genitori separati; non quella con genitori eterosessuali, né quella con genitori omosessuali; non quella con due genitori, ma neanche quella con un genitore o con più di una figura genitoriale. La domanda infatti che oggi è necessario porsi non è se le famiglie diverse da quella nucleare siano in grado di assolvere a tali funzioni, ma come lo facciano.

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia:

Bastianoni, P. (2009) “Famiglie oggi: complessità e molteplicità: i criteri per comprendere le nuove famiglie” pp. 23 -34, in Essere genitori oggi: contesti che cambiano, difficoltà di sempre, GIFT Ferrara 2009

Butler, J. (2004) Undoing Gender, Roultledge, London-New York 2004 (tr. it. La disfatta del genere, a cura di O.Guaraldo, traduzione di P. Maffezzoli, Meltemi, Roma 2006).

Fruggeri L. (2005), Diverse normalità. Psicologia sociale delle relazioni familiari, Carocci, Roma

Taurino, A. (2012) Famiglie e genitorialità omosessuali. Costrutti e riflessioni per la disconferma del pregiudizio omofobico pp. 67 – 95 in RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA E PSICOLOGIA vol. 3 (2012)

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Omosessualità: dall’ importanza del coming – out alla necessità di abbattere l’omofobia

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L’orientamento sessuale riguarda la sfera dell’attrazione sentimentale e sessuale, pertanto tende ad essere concettualizzato in maniera multidimensionale: si parla di eterosessualità quando la persona è sentimentalmente e sessualmente attratta da persone di sesso opposto dal proprio, viceversa si parla di omosessualità quando la persona è sentimentalmente e sessualmente attratta da persone del suo stesso sesso; ulteriormente si parla di bisessualità quando la persona è sentimentalmente e sessualmente attratta da persone di sesso sia opposto sia uguale al proprio, infine si parla di asessualità quando la persona manifesta assenza totale di attrazione sentimentale e sessuale verso persone di qualsiasi sesso e non è sensibile ad alcuno stimolo sessualmente attivante (Dèttore & Lambiase, 2011).

Nella nostra cultura prevalentemente eterosessista, le altre forme di orientamento sessuale vengono socialmente stigmatizzate e caricate di pregiudizi tali da essere la fonte primaria di minority stress cui sono esposte le persone LGBTQ, determinando una situazione in cui la persona appartenente all’ orientamento sessuale non eterosessuale (in particolar modo per l’omosessuale, ma  questo resta valido per tutti coloro che rientrano nella categoria LGBTQ) resta rinchiusa nella clandestinità non soltanto per nascondersi ma per nascondere ciò che la società e spesso la famiglia stessa, rifiuta di vedere.

Lingiardi (2014) afferma che “l’omosessualità, tanto quanto l’eterosessualità, costituisce una variante positiva della sessualità umana”, sottolineando con questa espressione tanto la necessità quanto l’importanza per una persona omosessuale di entrare a pieno diritto a far parte di una comunità all’interno della quale è possibile appropriarsi della propria identità piuttosto che essere continuamente identificati, definiti e descritti. Affinché questa condizione si realizzi, diviene fondamentale per la persona omosessuale fare coming – out, ovvero uscire allo scoperto e manifestare il proprio orientamento sessuale davanti ad altri dopo averlo accolto in sé stessi accettando pienamente la propria omosessualità nella sfera pubblica e in quella privata.

Molti studi dimostrano che l’uscire dalla clandestinità migliora lo stato di salute fisica e mentale diminuendo il rischio di depressione, ansia, sensi di colpa e somatizzazioni dovute al tentativo estremo di tenere tutto sotto controllo, perché nulla trapeli da gesti, parole, comportamenti e reazioni. Gli omosessuali che riescono ad affermare la propria identità sessuale tendono ad essere più soddisfatti di sé stessi, maggiormente propositivi verso gli altri e più propensi a confrontarsi con il mondo circostante (Castañeda, 2014).

In ogni caso il coming-out ha effetti benefici solo se è frutto di libera scelta della persona che, dopo una valutazione realistica dei costi e benefici, decide di manifestare apertamente la propria identità nella speranza di instaurare relazioni autentiche e di sentirsi supportata dal contesto di appartenenza. Risulta chiaro che il processo di outing, ovvero lo svelamento dell’orientamento sessuale da parte di altri, non ha lo stesso beneficio ma costituisce una brusca invasione e violazione dell’intimità e riservatezza della persona.

Infine, la paura maggiore davanti alla possibilità del coming-out è quella di compiere un passo irreversibile e di imboccare una strada senza ritorno che provoca vergogna e senso di inadeguatezza. È il timore di non farcela a reggere l’impatto emotivo del “dopo”, di non possedere le risorse per mantenere la propria integrità dopo aver alterato gli equilibri familiari ed amicali così importanti per una buona percezione di sé. Diventa allora vitale riuscire a comunicare la propria omosessualità mettendone in risalto la positività e la ricchezza così da raggiungere, almeno nell’ambito familiare, quella valorizzazione che il contesto sociale nega (Rigliano, 2001).  In definitiva rimanere “velati” implica il condurre una doppia vita e servirsi di strategie di simulazione, camuffamento, segreti e bugie che danneggiano fortemente il processo identitario; inoltre, si costruirebbero relazioni interpersonali non autentiche dal momento che si nasconde una parte di sé importante e fondamentale inducendo l’altro in errore. Pensare di dover proteggere gli altri dal proprio orientamento è assumersi una responsabilità che non compete alla persona omosessuale ma che va lasciata all’elaborazione di chi è chiamato ad accogliere l’altro nella sua diversità.

L’omofobia è l’avversione immotivata e irrazionale verso le persone omosessuali che può degenerare in comportamenti violenti e discriminatori. Nel 2012, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha promosso una campagna istituzionale di sensibilizzazione contro l’omofobia e le discriminazioni di genere intitolata “Nessuna differenza”, lo spot mostra un paziente all’interno di un’ ambulanza durante il trasporto in ospedale, nella scena compaiono diverse categorie professionali: un portantino, un’anestesista e un chirurgo, mentre lo speaker fuori campo rivolgendosi allo spettatore spiega che nella vita l’orientamento sessuale non può essere importante ai fini della professione che queste persone svolgono ogni giorno. Lo spot lancia infatti un messaggio semplice e chiaro: “Nella vita certe differenze non possono contare. Rifiuta l’omofobia, non essere tu quello diverso”.

L’obiettivo più grande che ci poniamo di raggiungere in qualità di addetti ai lavori è quello di rompere gli stereotipi di genere, i pregiudizi e i falsi miti alimentati dal retaggio socioculturale, promuovendo e migliorando il rapporto con sé stessi e con gli altri in un’ottica di mutuo rispetto e di accettazione dell’altro come diverso da Sé.

 

Bibliografia

Castañeda, M. (2014). Comprendere l’omosessualità. Roma: Armando.

Dèttore, D., & Lambiase, E. (2011). La fluidità sessuale. La varianza dell’orientamento e del comportamento sessuale. Roma: Alpes.

Lingiardi, V., & Nardelli, N. (2014). Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali. Milano: Raffaello Cortina.

Rigliano, P. (2001). Amori senza scandalo : cosa vuol dire essere lesbica e gay. Milano: Feltrinelli.

Dr.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

 

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