Costruzione dell’identità sociale e categorizzazione di sé  

identita-1-1024x614

L’attore sociale è colui che entra in contatto con la realtà che lo circonda, se la rappresenta e agisce in modi diversi su di essa, ma allo stesso tempo riflette sulla realtà stessa, rappresentandosi i vari cambiamenti  provocati dall’ incontro con essa e da come si modifica grazie al suo intervento.

Il concetto d’identità riguarda, per un verso, il modo in cui l’individuo considera e interpreta se stesso come membro di determinati gruppi sociali (ad esempio la nazione, la classe sociale, il livello culturale, l’etnia, il genere, la professione), per l’altro, il modo in cui le norme e le regole di quei gruppi consentono a ciascun individuo di pensarsi, muoversi, collocarsi e relazionarsi rispetto a sé stesso e agli altri.

L’importanza della costruzione di una propria identità è data dal suo fungere da schema di base: avere una identità definita, infatti, vuol dire avere punti di riferimento più o meno stabili, essere dotati di una propria storia fatta di esperienze,emozioni e valori.

 

Due sono i processi fondamentali alla base della costruzione dell’identità:

  • Il processo di differenziazione, riscontrabile ad esempio al momento della nascita con l’imposizione del nome, identificando il neonato come singola persona.
  • Il processo di appartenenza, come ad esempio l’appartenenza per nascita (genere, ceto sociale-economico-culturale, ecc) oppure l’appartenenza per scelta (appartenenza a determinati gruppi culturali, religiosi e politici).

Tajfel e Turner cominciarono ad avanzare costrutti teorici sull’identità a partire da metà anni Settanta elaborando la Teoria dell’Identità Sociale (SIT), formulata in contrapposizione alla psicologia sociale nordamericana, la quale vedeva la società come insieme di individui razionali aggregati tra loro e senza distinzione tra individuo e membro di un gruppo. La Teoria dell’identità sociale concettualizza il gruppo come luogo di origine dell’identità sociale: con la dott.ssa Sara Longari, nell’articolo sulla costruzione di pregiudizi e stereotipi ( link ), si è parlato della tendenza spontanea dell’uomo a costituire gruppi, a sentirsene parte ed a distinguere il proprio gruppo di appartenenza (ingroup) da quello di non appartenenza (outgroup), mettendo conseguentemente  in atto dei comportamenti che vanno a favorire il proprio gruppo. Secondo la SIT,  l’identità sociale dell’individuo si costruisce attraverso tre processi funzionalmente collegati:

  • Categorizzazione: l’individuo costruisce “categorie” funzionalmente discriminanti di appartenenza, basate su fattori di vario tipo (per età, genere sessuale, posizione sociale o lavorativa, religione, appartenenza etnica, etc…), tendendo a massimizzare le somiglianze tra i soggetti all’interno della categoria, massimizzando al contempo le differenze con le categorie contrapposte.
  • Identificazione: le varie appartenenze ai diversi gruppi forniscono la base psicologica per la costruzione della propria identità sociale costituita da una gerarchia di appartenenze multiple.
  • Confronto Sociale: l’individuo confronta continuamente il proprio ingroup con l’outgroup di riferimento. Il proprio gruppo viene implicitamente considerato “migliore” rispetto agli “altri”, che vengono metodicamente svalutati o confrontati in chiave critica.

identità-sociale

Tajfel crede che l’identità sia definibile lungo un continuum personale-sociale, nel quale il polo personale comprende l’insieme dei comportamenti e delle credenze che ci creiamo come singoli e il polo sociale le credenze e i comportamenti adottati in quanto appartenenti a determinati gruppi (Serino, 2001).

Più specificatamente, il polo dell’ identità sociale è caratterizzato da credenze e comportamenti che gli individui mettono in pratica proprio perché sono membri di determinati gruppi sociali. Tutto ciò, di conseguenza, comporta il riscontro da parte del soggetto di somiglianze con individui appartenenti allo stesso gruppo sociale, e differenze con altri individui. Detto ciò, l’identità sociale  rimanda alla comunanza, al senso della collettività e  appartenenza ad un determinato gruppo, ma agire solo ed esclusivamente in vista degli scopi del gruppo, conduce l’individuo verso un senso di de-personalizzazione, che è quanto avviene ad esempio in una guerra, in cui l’appartenenza ad un determinato gruppo impone all’individuo stesso di muoversi secondo norme e ideali comuni rischiando di contrastare, a volte, la propria sensibilità.

Il polo dell’identità personale è invece caratterizzato da una particolare attenzione per un’esperienza profonda di riflessione su di sé, sulla propria storia, sulle proprie speranze e progetti a cui si associano linee d’azione fondate su esigenze di  coerenza personale. Si è in relazione con l’altro, pensandosi prima di tutto individualmente, in riferimento al fatto che ogni persona è unica, peculiare ed irripetibile e dunque diversa da tutti gli altri membri del gruppo, dotati di una propria storia personale e di un proprio vissuto, di norme e valori diversi. L’identità personale, dunque, non corrisponde ad una rappresentazione dell’individuo elaborata al di fuori di un rapporto sociale, non percepibile dagli altri, ma al contrario essa si caratterizza prima di tutto per una idea di continuità dell’identità, nonostante le modificazioni ambientali e temporali. Si caratterizza, ancora, per un bisogno di distinguersi dagli altri e dalla capacità di riconoscersi e allo stesso tempo di essere riconosciuto. Ed è proprio tale riconoscimento che permette all’individuo di formarsi una propria identità personale. Sul piano cognitivo la persona interiorizza l’immagine che gli viene rimandata dagli altri, la interpreta, la accetta, la modifica o la rinnega, elaborando attivamente un’autodefinizione.

L’individuo, se si considera in senso sociale, sente la necessità di vivere in relazione con gli altri; quando, invece, si considera in senso personale, mette insieme e riflette sulla propria storia, fatta di ricordi, sentimenti, emozioni, progetti, esclusivamente sua, isolandola da tutto il resto.  (Palmonari, N. Cavazza, M. Rubini, 2002)

Tajfel definisce l’identità come una parte del sé ed utilizza la nozione di identità sociale definendola “ quella parte dell’immagine di sé di un individuo che deriva dalla sua consapevolezza di appartenere ad un gruppo sociale (o più gruppi) unita al valore e al significato emotivo attribuito a tale appartenenza”   ( Tajfel, 1978 ).

Turner sostiene che questa definizione di identità sociale fornita da Tajlef, rafforzi uno degli assunti fondamentali della teoria intergruppi, e cioè che in certi momenti, l’immagine che abbiamo di noi stessi è legata alla nostra appartenenza ad un determinato gruppo sociale. In effetti Tajfel sviluppa tale teoria partendo proprio da una serie di studi che coinvolgono anche i conflitti intergruppi. Nei suoi esperimenti, al fine di individuare le condizioni minime che conducono a fenomeni di discriminazione nei confronti di un outgroup, creò dei “gruppi” privi di una struttura interna, di una storia, di una interazione faccia a faccia tra i componenti, di un sistema di regole. La condotta sottesa al favoritismo nei confronti dell’ingroup è strettamente collegata al processo di categorizzazione, permettendo di  massimizzare le differenze esistenti tra ingroup ed outgroup e rendendo minime, al tempo stesso, le differenze presenti al loro interno. 

In sintesi, in base alla teoria dell’identità sociale elaborata da Tajfel, la suddivisione del mondo sociale in categorie condurrebbe il soggetto a privilegiare le categorie a cui appartiene, principalmente per due motivi: il primo è perché l’essere umano tenderebbe a pensarsi in termini positivi piuttosto che in termini negativi, il secondo è perché parte del concetto di sé deriva dall’appartenenza a gruppi sociali.

Dunque l’identità sociale è fatta innanzitutto di appartenenza ad uno o piu’ gruppi, ma anche di comunanza riguardo alcune caratteristiche con altri individui, collettività nella condivisione con altri e partecipazione alla vita sociale. (Serino, 2001)

L’identità in senso più generale viene a configurarsi come articolato intreccio di aspetti personali e sociali dati dalla unicità delle esperienze e delle appartenenze di un singolo soggetto. Più specificatamente, all’interno del costrutto di identità si combinano una componente cognitiva, una valutativa e una emozionale: la prima riguarda la consapevolezza di appartenere ad un determinato gruppo; la seconda la sua connotazione positiva o negativa; la terza le emozioni verso il gruppo a cui si percepisce di appartenere e verso coloro con i quali si viene a contatto.

Processi-di-categorizzazione-sociale-e-dinterdipendenza-tra-le-organizzazioni2_Fotolia_61365443_Subscription_Monthly_M--680x365

Un’ ulteriore nozione alla base della teoria di Turner e Tajfel riguarda la categorizzazione socialeUn esperimento molto noto è quello di Tajfel & Wilkes (1963), i cui risultati dimostrano come i processi di differenziazione intercategoriale e assimilazione intracategoriale portano alla formazione degli stereotipi, che nell’articolo postato in precedenza, si presentano come opinioni largamente condivise su individui, gruppi, oggetti, luoghi, con la caratteristica di essere schematici, rigidi, e spesso deformanti e svalutativi.

In questo esperimento venivano presentate ai partecipanti linee di lunghezza diversa, etichettate come A e B o prive di etichetta; i soggetti, quando le linee erano etichettate, tendevano a sovrastimare la differenza tra le categorie A e B e l’uniformità al loro interno. Tajfel pone così l’accento sull’importanza del processo di categorizzazione come facilitatore dell’adattamento dell’individuo all’ambiente. L’autore, grazie agli esperimenti compiuti con il “paradigma dei gruppi minimali (gruppo di persone aggregate casualmente), inoltre, ha dimostrato come la semplice categorizzazione di individui in due gruppi secondo un banale criterio, portava questi ultimi a mostrare preferenza per il proprio gruppo e a sottolineare in senso positivo la differenza con l’altro gruppo (Serino, 2001).

Un aspetto importante del processo di categorizzazione sociale implica una distinzione fondamentale tra il gruppo di cui fa parte il sé, ingroup, e gli altri gruppi, outgroup, ovvero tra  un “noi” e un “loro”.

Quando l’identità collettiva risulta saliente, la distinzione tra ingroup e outgroup può avere una forte influenza sulle implicazioni percettive, emotive e cognitive della categorizzazione sociale. In modo particolare, per quanto riguarda la sfera percettiva, quando le persone vanno a comporre gruppi diversi, le reali differenze tra i membri della stessa categoria tendono ad essere percepite in modo ridotto e spesso ignorate nelle prese di decisioni o comportamenti, mentre le differenze tra i gruppi diversi tendono ad essere sovrastimate. Dal punto di vista emotivo, le persone  percepiscono più positivamente i membri dell’ingroup rispetto ai membri dell’outgroup. Infine, per quanto riguarda la sfera cognitiva, l’individuo riesce a mantenere maggiormente in memoria le informazioni riguardanti le somiglianze tra sé e gli altri membri dell’ingroup e le differenze con i membri dell’outgroup, e a livello di comportamento il soggetto tende ad essere più disponibile verso l’ingroup piuttosto che verso l’outgroup.

Si può affermare, dunque, che le somiglianze percepite all’interno del proprio gruppo fungono da base ai processi di discriminazione e identificazione sociale; di conseguenza essa favorisce anche l’innalzamento del livello di autostima del soggetto nel caso in cui ci sia la possibilità di riconoscersi in un gruppo connotato positivamente. Inoltre, la percezione di somiglianza all’interno del proprio gruppo si accresce quando l’identificazione con  lo stesso restituisce un’immagine di sé positiva.

 

Le categorizzazioni di sé non sono altro che rappresentazioni cognitive di sé facenti parte di un sistema gerarchico di classificazione; esse consistono nell’identificarsi con un gruppo sociale o di definire il proprio sé come appartenente ad una determinata collettività. Si possono individuare almeno tre livelli all’interno della categorizzazione di sé importanti per il concetto di sé sociale: il livello sovraordinato del sé come essere umano, basato sulle caratteristiche comuni agli altri membri della specie; il livello intermedio delle categorizzazioni di sé in termini di ingroup-outgroup basate sulla presenza di somiglianze e differenze tra persone come membri di un gruppo piuttosto che di un altro; il livello subordinato delle categorizzazioni di sé personali basate sulle caratteristiche dell’individuo come persona unica. Questi livelli definiscono rispettivamente l’identità umana, sociale e individuale.

Tuttavia occorre ricordare che, a prescindere da questi livelli, ogni persona ha un modo personale di intendere la propria appartenenza alla categoria “essere umano” o ad un dato gruppo sociale; di conseguenza la definizione della categoria di sé, che diventa saliente in un dato momento, deriva dall’interazione tra caratteristiche specifiche della persona e caratteristiche della situazione in cui si trova in quel momento.

 

Dott.ssa Teresa Marrone

 

BIBLIOGRAFIA

Palmonari, N. Cavazza, M. Rubini: Psicologia sociale, Il Mulino(2002).

Serino: Percorsi del sé, Nuovi scenari per la psicologia sociale dell’identità, Carocci editore(2001).

Tajfel, H., Wilkes, A.L. (1963). Classification and quantitative judgement. British Journal of Psychology, 54, 101-114.

Tajfel, H. (1978). The achievement of inter-group differentiation. In H. Tajfel (Ed.), Differentiation between social groups, London: Academic Press.

Ti è piaciuto questo articolo? CONDIVIDILO!

Facci sapere cosa ne pensi lasciandoci un commento o scrivendoci, il tuo contributo arricchisce i contenuti, grazie!

 

Lascia un commento