Dall’ HIV all’ Aids, contagio e prevenzione

fiocco rosso aids

Acquired Immune-Deficiency Syndrome  è il nome per esteso del più conosciuto acronimo AIDS, ovvero sindrome da immunodeficienza acquisita che compare nei malati di AIDS le cui difese immunitarie  sono fortemente indebolite a causa di un virus denominato HIV (Human Immunodeficiency Virus) che, penetrando nelle cellule, attacca il sistema causandone l’indebolimento.

HIV e AIDS non sono la stessa cosa: le persone affette da HIV sono sieropositive, quindi contraggono il virus, ma non sono malate di AIDS, anche se sono destinate a diventarlo in assenza di cure adeguate. Hanno una speranza di vita indefinita, pur rimanendo sempre portatori del virus.

Secondo un articolo pubblicato nel Giugno 2016 da Lancert Hiv (articolo), nonostante molti Paesi europei abbiano adottato programmi di prevenzione specifici, i rapporti sessuali tra omosessuali rappresentano la principale via di trasmissione del virus HIV nei Paesi dell’Unione europea (Ue). Per quanto riguarda il panorama italiano, nel Novembre 2017 la Lega italiana per la lotta contro l’Aids (LILA) ha pubblicato i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità da cui emerge che ” nel 2016, sono state segnalate 3.451 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 5,7 nuovi casi di infezione da HIV ogni 100.000 residenti. Questo dato continua a collocare l’Italia, al pari della Grecia, al 13° posto in termini di incidenza delle nuove diagnosi HIV tra le nazioni dell’Unione Europea. Nel 2016, le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, le Marche, la Toscana e la Lombardia. (…) L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (14,7 nuovi casi ogni 100.000 residenti di età 25-29 anni); in questa fascia di età l’incidenza nei maschi è 21,8 e nelle femmine 7,5 per 100.000. Tuttavia, l’andamento dell’incidenza in questa fascia di età appare stabile nel tempo. (…) L’incidenza di Aids è in lieve costante diminuzione negli ultimi tre anni, anche se l’Italia resta la seconda tra i Paesi dell’Europa occidentale dopo il Portogallo.(link)

… CONTAGIO

Sono tre le principali vie di trasmissione dell’HIV, anche se alcuni parlano di altre vie come lacrime, saliva e sudore, ma non sono stati dimostrati finora casi di contagio tramite queste vie di trasmissione, probabilmente a causa della insufficiente concentrazione e virulenza del virus in queste secrezioni biologiche. (M. Di Virgilio, 2000)

  • Sangue – Sangue: in questa categorie rientrano tutte le possibili occasioni in cui si prospettano situazioni di contatto sangue-sangue: rasoi, spazzolini, punture accidentali, trasfusioni di sangue (oggi il sangue dei donatori è sottoposto ad accurate verifiche), scambio di siringhe infette, frequente tra i tossicodipendenti. Spesso si parla di allarmismo per le siringhe trovate a terra  che possono costituire fonte di contagio, ma si ricorda, anche, che il virus all’esterno del sangue è molto debole e suscettibile a modificazioni termiche. Ad ogni modo il rischio permane ed è fondamentale avere massima attenzione. 
  • Contatti sessuali: il contagio sperma-sangue o secrezioni vaginali-sangue può avvenire anche attraverso piccole lesioni di cute o mucosa non visibili e di cui non si ha percezione. Molto alto è il rischio tramite rapporti sessuali o orali e spesso questo rischio viene fortemente sottovalutato per una particolare ignoranza e leggerezza sul tema. Questa, costituisce la principale via di trasmissione del virus.
  • Trasmissione per via verticale: avviene ad opera di una donna sieropositiva incinta che trasmette il virus al figlio durante la gravidanza, al momento del parto e durante l’allattamento. In questo caso il bambino ha due possibilità: essere un sieropositivo permanente o esserlo per sempre.                                                    Chiarisco: la mamma ha la possibilità di trasmettere al bambino solo gli anticorpi oppure anche il virus. Il bambino, nel corso dei 18 mesi di vita, elimina tutti gli anticorpi materni: ciò vuol dire che nel primo caso, il bambino elimina i soli anticorpi materni e si negativizza, nel secondo caso, purtroppo, avendo contratto anche il virus, produce anticorpi di sua provenienza anti-HIV e si ha la certezza che il bambino è sieropositivo.

… PREVENZIONE 

stop-aids-shows-acquired-immunodeficiency-syndrome-and-controlDi prevenzione se ne parla tanto e nonostante ciò, non di rado, si hanno notizie poco chiare e non del tutto esatte. Innanzitutto, come detto in precedenza, è d’obbligo evitare che il sangue della persona infettata non entri in contatto diretto con quello del ricevente. Per la trasmissione ematica vengono prese in esame le giuste accortezze, soprattutto dal personale ospedaliero, operatori di case alloggio o comunque da persone che in genere vengono a contatto con oggetti taglienti o con il sangue del portatore. In merito ai rapporti sessuali non protetti vengono fatte numerose campagne di informazione e prevenzione: è un tema scottante e particolarmente spinoso perchè la trasmissione del virus avviene quasi sempre ad opera di questa via. Si raccomanda sempre l’uso del preservativo, dall’inizio del rapporto: nei rapporti vaginali, nei rapporti anali e in quelli orali. Purtroppo in merito a ciò dilaga l’erronea idea di utilizzare il preservativo (maschile o femminile) esclusivamente nei rapporti vaginali. Informazione del tutto errata, perchè: durante la penetrazione anale la mucosa è molto sensibile e delicata, ed essendoci minore lubrificazione, si ha maggior rischio di microtraumi e quindi contatto diretto con il sangue;durante il rapporto orale della donna sull’uomo (fellatio) il contatto diretto con lo sperma, costituisce rischio di contagio. Per alcuni va evitato anche il contatto con il liquido prespermatico, nonostante la ridotta concentrazione del virus. La stessa regola di protezione vale per il rapporto orale dell’uomo sulla donna (cunnilingus) evitando il contatto diretto con secrezioni vaginali e sangue mestruale. A tal proposito, si consiglia l’uso del Dental Dam (lenzuolino dentale) o comunque di un tessuto in lattice per evitare il contatto diretto.                                                                         

… TEST

Un’altra particolare forma di prevenzione, a mio avviso, è l’accertamento della malattia. O meglio: se quelli elencati prima sono accorgimenti per evitare il contagio, il test per diagnosticare la sieropositività costituisce una forma importante di prevenzione per iniziare la terapia ed evitare che dalla sieropositività (Hiv) si passi alla malattia (Aids), ma anche per evitare eventuali possibili contagi. 

image_newsI principali test:

  • “Elisa” (Enzyme linked immuno solid assay)identifica esclusivamente gli anticorpi e non il virus: il test valuta solo la presenza o meno di contagio ma non la via di trasmissione nè tantomeno l’eventuale evolversi del quadro della malattia. 
  • Test Combinato (Combo Test): oltre ad individuare gli anticorpi anti-HIV, rileva anche la presenza dell’antigene P24, una particolare proteina che dopo pochi giorni dal contagio, compare e aumenta in quantità significativa. Questa combinazione di test aumenta l’attendibilità dell’esito.                                                                          

In tanti si chiedono: è possibile curare l’Hiv/Aids?

Per quanto riguarda la cura dell’HIV/AIDS sappiamo che questa, con il passare degli anni, ha ottenuto maggiori esiti positivi e oggi concede finestre aperte dove prima erano serrate. Un tempo AIDS e morte erano un binomio indissolubile e, pur con la sola sieropisitività, le possibilità di vita erano decisamente minime. Oggi, invece, si asssiste a scenari diversi: la qualità della vita è migliorata, nonostante le conseguenze della malattia, e con essa anche la durata. E, sempre più frequentemente, succede che un portatore di AIDS muoia per cause altre (tumore, cancro, insufficienza renale, ecc) e non per la malattia in sè per sè o per problematiche infettive legate alla malattia. Questo grande risultato legato alla cura dell’AIDS è frutto di un lungo lavoro avuto inizio negli anni Ottanta, tra il 1986 e il 1987. Quando ancora si sapeva poco della malattia, l’unico farmaco utilizzato era l’AZT (Azidotimidina), il cui nome commerciale è Retrovir, considerato il capostipite dei farmaci per curare l’AIDS. Gli anni, però, hanno confermato pochi effetti positivi sulle conseguenze della malattia.

“L’AIDS era una tappa obbligatoria nella storia naturale di una persona HIV-positiva. Nell’assenza totale di terapie, di un farmaco anti-HIV, il numero dei linfociti CD4 si erodeva inesorabilmente e l’appuntamento con la prima di una lunga serie di infezioni opportunistiche era solo questione di tempo. La sopravvivenza a partire dalla diagnosi di AIDS variava tra i sei mesi e i tre anni. Erano mesi e anni di infezioni sempre più severe, ravvicinate e di un progressivo, inarrestabile decadimento generale. La morte sopraggiungeva nel 100% dei casi”. (F. Dianzani, G. Ippolito, M. Moroni, 2004)

Il 1996 è per l’AIDS l’anno della svolta: dalla monoterapia con AZT si è passati all’utilizzo di una terapia con almeno tre farmaci antiretrovirali. Si tratta di una terapia combinata, che, presa regolarmente, risulta essere in grado di migliorare il sistema immunitario del soggetto affetto dal virus. La necessità di adottare una terapia combinata è collegata al continuo mutamento del virus: il singolo farmaco perde rapidamente il suo effetto, al contrario della combinazione di diverse sostanze in grado di controllare il virus e il suo cambiamento.

“Ci furono delle vere e proprie rinascite, venne chiamata “Sindrome di Lazzaro”: come Lazzaro resuscita, così numerose persone affette da HIV che erano arrivate vive fino ad allora ma in condizioni disastrose, a un passo dalla morte, letteralmente risorgevano, tornavano a camminare. Si ritornò a parlare di aspettative di vita. Si riaccese veramente la speranza”. (C. Turrisi, 2015)

E’ importante non dimenticare che ad oggi non esistono terapie in grado di guarire l’HIV, ma esistono medicinali in grado di controllare efficacemente l’infezione e, di conseguenza, aumentare la speranza di vita delle persone affette. Senza la quotidiana terapia l’infezione da HIV provoca prima o poi l’AIDS e la morte. Per ovviare, è fondamentale  iniziare la terapia anti-HIV per tempo e condurla correttamente. Agire tempestivamente e correttamente ha una plusvalenza: migliora lo stato di salute delle persone sieropositive e contribuisce a non trasmettere l’infezione al partner o alla partner sessuale. Con una terapia efficace e tempestiva, il rischio di trasmettere il virus mediante rapporti sessuali diventa con il tempo esiguo. Ovviamente, per un rapporto sano e sicuro, non dobbiamo mai dimenticare di adottare la pratica del sesso sicuro per proteggerci dalle malattie sessualmente trasmissibili (MST), che possono essere approfondite qui.

Il tema dell’Hiv/Aids è tanto vasto: in questo articolo è stato trattato l’aspetto legato a prevenzione, contagio e cura, nelle pubblicazioni successive verrà discussa la parte psicologica, relazionale e sessuale di cui, spesso, si tralasciano l’importanza e le conseguenze. Ad ogni modo, per qualsiasi chiarimento, è possibile consultare i siti ufficiali, come ad esempio il sito LILA (Lega italiana per la lotta contro l’AIDS), che permette non solo di ricevere informazioni corrette in merito ma anche di entrare in contatto con personale qualificato.

Dott.ssa Teresa Marrone

Bibliografia

Dianzani, F., Ippolito, G., Moroni, M. (2004). AIDS in Italia 20 anni dopo. Milano: Masson.

Di Virgilio, M. (2000). AIDS: Malattia, prevenzione, assistenza. Milano: Franco Angeli.

Turrisi, C. (2015). HIV/AIDS 2.0. Profezia di un’evoluzione possibile. Milano: Franco Angeli, Milano.

Sitografia

 

http://www.lila.it

 

 

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