“Vicini ma non troppo!” Ghosting, Zombieing ed Orbiting ai tempi dei social network

Nel precedente articolo intitolato “Dal reale al virtuale: in connessione con tutti ma in relazione con nessuno” sono state illustrate le differenze epocali nell’instaurare e mantenere le relazioni interpersonali, enfatizzando con particolare importanza quanto  l’utilizzo smodato e compulsivo dei social network abbia inciso e modificato gli stili relazionali a livello socio – culturale. L’obiettivo del presente articolo è quello di approfondire le tematiche introdotte precedentemente, focalizzando l’interesse sui fenomeni relazionali disfunzionali, da sempre esistiti ma mai diffusi così tanto esponenzialmente quanto i giorni nostri, a causa dell’ espansione delle modalità di comunicazione digitale che stanno caratterizzando sempre più le relazioni sociali. Si tratta di tre fenomeni: il ghosting, lo zombieing e l’orbiting, che rappresentano delle modalità di violenza psicologica gratuita esercitata virtualmente sulle persone con cui si è stati in relazione, danneggiandole moralmente (un sondaggio rivela che  l’80% di giovani tra i 18 e 33 anni, ha subito un’esperienza di ghosting, zombiening ed orbiting; e che questa modalità è agita in prevalenza dal genere maschile).

GhostingIl Ghosting è un fenomeno che identifica le situazioni in cui una delle parti scompare dalla relazione senza una chiarificazione, un saluto, un addio. Praticamente, si tratta di diventare dei fantasmi, sparire improvvisamente, smettendo di rispondere a chiamate, messaggi, email. Negarsi, sparire nel nulla, è sempre stato possibile, ma la comunicazione via internet ha consentito al fenomeno di proliferare vertiginosamente; la comunicazione online rende molto più semplice il non assumersi la responsabilità delle proprie azioni. L’esempio più tipico del ghostman è quello di colui che dopo aver conquistato, sedotto, frequentato brevemente e aver fatto credere alla partner  di essere la donna della sua vita, all’improvviso scompare. Svanisce come neve al sole, senza lasciare alcuna traccia,  cancellando quest’ultima non solo dalla sua vita ma anche da tutti i canali social, bloccandola sulle chat e mettendo il suo numero nella lista degli indesiderati. Al ghostman interessa una sola cosa: portare a letto il maggior numero di donne, dimostrando a se stesso di essere un grande seduttore, irresistibile e insostituibile. La modalità relazionale adottata è sempre la stessa: “ti corteggio, ti seduco, ti mollo e scompaio.”

images (3)Lo Zombieing è il fenomeno che identifica  la “resurrezione della persona sparita”, ovvero colui che era fuggito, sparito, senza spiegazioni,  riappare all’improvviso senza preavviso. L’esempio tipico è quello in cui lo zombieman dopo lunghi silenzi riappare con messaggi, like sui post, commenti alle storie di Instagram ecc., entrando ed uscendo dalle vite delle sue vittime, sconvolgendole come e quando vuole,  dimostrando a se stesso la propria forza.

orbitingL’Orbiting è quel fenomeno mediante cui “si orbita” intorno alle persone senza mai avvicinarsi chiaramente;  specificamente si tratta di un agito da parte di quell’uomo che dopo aver fatto ghosting e zombieing, continua a rimanere nell’orbita, controllando le mosse e la  vita della ex partner da lontano. Spesso nascondendosi dietro falsi profili, la spia attraverso i social, verifica se è on line sulle varie chat, legge tutti i commenti che lascia agli amici comuni, senza mai palesarsi in modo diretto.
Il gravitare intorno è sinonimo di controllo, di gestione inconscia delle relazioni, una tortura silenziosa e pericolosa. L’orbiman, generalmente è una persona anaffettiva, incapace di amare, ma che allo stesso tempo fa credere di essere l’uomo più innamorato del mondo, rafforzandosi nell’illusione di essere ancora il protagonista della vita della ex partner, in quanto è al corrente di ogni dettaglio della vita di quest’ultima senza che ella sappia nulla di lui.

Da un punto di vista psicologico come può essere spiegato questo comportamento?

In letteratura emerge che il ghosting e le sue sfumature rappresentano il risultato di stili di attaccamento relazionali disfunzionali appresi durante l’infanzia, l’esempio più tipico è quello di chi ha avuto genitori incuranti, che non hanno soddisfatto le richieste di ricevere spiegazioni, o di genitori che promettevano, senza mai mantenere le promesse fatte, o ancora di genitori che lasciavano i figli soli senza mai un perché, dunque una volta diventati adulti, il modello relazionale interiorizzato viene riprodotto in ogni tipo di relazione che viene ad instaurarsi.

Appare evidente che il tratto di personalità dominante in queste persone è il narcisismo che oltre a manifestarsi attraverso un egocentrismo patologico all’interno della relazione, sembra ricercare continuamente l’ammirazione da parte degli altri per la sua affermazione personale. L’atteggiamento più tipico è la non assunzione di responsabilità all’interno della relazione, dunque la fuga sembra la soluzione più rapida ed indolore, noncurante del vissuto della vittima (inevitabilmente coinvolta in una spirale di pensieri auto-svalutanti e autodistruttivi), poichè è carente anche dal punto di vista empatico.

c700x420Concludendo, in queste situazioni, il supporto psicologico è necessario sia per il ghoster che per la vittima. Nel primo caso, lo psicologo offrirà il sostegno necessario alla persona per entrare in contatto con le sue emozioni, allo scopo di farle prendere consapevolezza, enfatizzando l’idea che scappare da situazioni ostiche non risolve il problema, semplicemente lo rimanda. Nel secondo caso, lo psicologo offrirà il sostegno necessario alla persona sia per ristrutturare cognitivamente i pensieri auto-svalutanti e autodistruttivi,  sia per uscire da questo circolo vizioso e potenziare la sua autostima.

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Sitografia:

http://www.signoresidiventa.com

http://www.thevision.com

http://www.psises.it

http://www.davidealgeri.com

 

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“Mamma, papà,ma come nascono i bambini?”Spiegare la sessualità nella primissima infanzia.

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Gli angioletti, api, fiori , cavoli e cicogne… questi sono solitamente i protagonisti delle storielle alle quali ricorrono i genitori quando ricevono la fatidica domanda “ma come nascono i bambini?”.

I bambini manifestano questa curiosità già molto presto, intorno ai 6 anni (ma in caso di fratelli e sorelle in arrivo può capitare anche prima) ed è credenza diffusa che non abbiano la maturità per comprendere l’argomento della sessualità e della procreazione . Questo è vero se si pensa (erroneamente) di dover spiegare nel dettaglio il rapporto sessuale. Tuttavia , come abbiamo già esposto in questo articolo  (Educazione affettiva e sessuale a scuola: perché l’Italia ne ha urgente bisogno? ), in Italia i programmi di educazione affettiva e sessuale a scuola ancora scarseggiano ed i genitori, sono lasciati soli nell’onere di guidare i figli verso una crescita sana, equilibrata e informata anche in materia di sessualità e procreazione.

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Ovviamente è molto più complesso parlare di sessualità ad un bambino in età prescolare e spesso si sceglie erroneamente di percorrere la strada del silenzio, sviando le domande che i bambini pongono,proponendo fantasiose storie di cicogne che portano bambini nei sacchi, oppure api che pungono fiori ecc… oppure cercando (invano) di proteggerli dai continui bombardamenti a contenuto sessuale che arrivano dai social, dalla televisione, dalle pubblicità. Ancora, nel peggiore dei casi, i genitori semplicemente propinano ai figli risposte come “lo scoprirai quando sarai grande”, “non sono argomenti per te”, ecc… non nascondendo affatto il disagio e l’imbarazzo che trasmettono l’idea che l’argomento sia proibito e quindi che questo aspetto della vita sia “sbagliato” o “vietato”. Purtroppo però la curiosità spinge i bambini a cercare le informazioni altrove, fuori di casa, dai compagni o da internet ( che come abbiamo ribadito più volte è un calderone di informazioni non sempre corrette). In aiuto dei genitori più interessati ci sono molti testi in commercio che forniscono una guida utile per spiegare ai bambini come sono stati concepiti, ma in questo articolo daremo qualche spunto in base alle domande raccolte da colloqui informali, avuti personalmente con i genitori che hanno ricevuto queste domande dai propri figli o che li hanno sorpresi ad esplorare i genitali propri e quelli delle sorelline o dei fratellini.

“E’ giusto parlare di sessualità ai bambini sotto i 6 anni?”

La risposta è assolutamente sì, la domanda giusta è COME parlare di sessualità con bambini in età prescolare?

Ovviamente entrare nei dettagli dell’anatomia genitale, dello sperma e degli ovociti non è necessario e risulta troppo complicato da comprendere per loro ( e spesso anche da spiegare per i genitori). La chiave giusta è innanzitutto partire dall’aspetto dell’affettività che lega una coppia, condizione indispensabile per rimandare il messaggio, che il concepimento è un atto d’amore. In questo modo restituiamo centralità al legame affettivo e relazionale, insegnando ai bambini che il contatto dei corpi è legato indissolubilmente all’affetto che si nutre per l’altro diverso da noi, oltre che per noi stessi. Questo è completamente in antitesi con la posizione del MOIGE che invece ritiene che un’educazione sessuale scolastica possa provocare una promiscuità nei bambini e ragazzi o che li spinga a sperimentare il sesso prima del tempo. Raccontare ai figli come i genitori si sono conosciuti e innamorati e come sono arrivati a creare una famiglia è un’ottima premessa per introdurre l’argomento del concepimento, che non deve per forza comprendere i dettagli piccanti, ma come abbiamo detto, deve essere proporzionale all’età del bambino, con un linguaggio adeguato e legato all’aspetto relazionale. Un piccolo spunto da utilizzare per bambini dai 4 anni può essere ricorrere a  delle metafore (non la cicogna!!!) anche perché i bambini già da  molto piccoli, comprendono di essere nati  da un uomo ed una donna, anche in caso di famiglie monogenitoriali o omogenitoriali, fanno riferimento ai compagni. Il confronto con i pari sarà in tutte le fasi di vita un’importante fonte di informazioni, ma spesso non tutte saranno adeguate, quindi la soluzione giusta di fronte a domande “scomode” non è il rifiuto, piuttosto, rimandate la conversazione e preparate una risposta chiara ma esaustiva che possa soddisfare la loro curiosità, che non verrà placata semplicemente da un rifiuto, anzi!

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“Mio figlio mi ha chiesto come fanno i bambini ad entrare nella pancia della mamma, chi ce li ha messi, cosa rispondo?”

Un piccolo suggerimento è non agitarsi e non mostrarsi troppo imbarazzati dalle domande che i bambini pongono in maniera genuina e diretta. Alcuni professionisti del settore sono dell’idea che utilizzare in linguaggio scientifico sin dalla primissima infanzia sia la chiave più giusta, quindi non parlare di “farfallina e pisellino”, ma di “pene e vagina” che non sono parolacce ma appunto termini scientifici italiani, inoltre come abbiamo già detto mostrare un atteggiamento tranquillo, rassicurante e non imbarazzato rilassa anche i bambini che si sentiranno liberi di condividere con i genitori curiosità e dubbi. Personalmente sono dell’opinione che la forma non cambi la sostanza e che se il genitore si sente più a suo agio utilizzando termini più infantili  non sia per forza negativo, a condizione però che non si inculchino nei bambini storie magiche che creano confusione e trasmettono un’idea sbagliata sulla sessualità, che prima o poi inevitabilmente entra a far parte della vita di ogni essere umano, sia per sviluppo, sia per piacere, sia eventualmente per procreazione. Perciò suggerisco ai genitori di prendere coraggio e spiegare nella maniera più semplice possibile come è avvenuto l’atto d’amore che ha generato la vita del figlio, anche semplicemente parlando dei “semini di mamma e papà”, come se il papà fosse un contadino e la mamma, una terra fertile che genera frutti (A. Pellai).

“Ho sorpreso mio figlio e mia figlia che si guardavano i genitali, che faccio?”

Ebbene sì, chi ha più di un figlio, probabilmente si è trovato di fronte questa situazione totalmente incerto sulla reazione giusta da adottare con i figli. Eppure la spiegazione è molto semplice: i bambini sin da piccolissimi esplorano la dimensione della scoperta del proprio corpo, che è ricettivo e funzionante da sempre ed infatti non è infrequente notare che i bambini tengono continuamente le mani sui genitali. Ovviamente quel tipo di stimolazione non è una stimolazione erotica, i genitali rispondono alle stimolazioni tattili con sensazioni di rilassamento, totalmente ancora lontani dal piacere orgasmico ( per quello si dovrà aspettare la pubertà), eppure i genitori  reagiscono spesso negativamente, punendo o sgridando i figli intenti a scoprire il proprio corpo (soprattutto le bambine). Sarebbe invece più utile, spiegare ai bambini che ci sono luoghi e tempi per svolgere ogni attività e quindi far comprendere l’importanza dell’intimità dei propri spazi.  Allo stesso modo, la curiosità per il proprio corpo stimola a notare la differenza di genere, il bambino che ha una sorellina noterà che a lei manca qualcosa e si chiederà perché, vorrà osservare meglio, vorrà capire, perché fondamentalmente tutti i bambini sono affamati di informazioni poiché, appunto crescono solo scoprendo le cose del mondo. Punire i bambini per questi atteggiamenti è la cosa più rischiosa che un genitore possa fare poiché potrebbe provocare conseguenze sullo sviluppo sessuale: la punizione associata alla sessualità potrebbe scatenare una serie di problematiche future, legate all’angoscia di scoprire un corpo diverso, di toccarlo e quindi di avere un normale rapporto sessuale e di coppia (ovviamente gli scenari possono essere diversi). In questo caso, è importante spiegare ai bambini che quelle sono parti del corpo delicate come altre e quindi ovviamente vanno protette, dopodiché si può aiutare i bambini a capire le ovvie differenze funzionali legate al sesso biologico.

Una preoccupazione spesso mostrata dai genitori è che la conoscenza precoce della sessualità possa provocare un agito più precoce della stessa, in parole semplici : prima scoprono cos’è il sesso, prima lo provano! Ma questo tipo di credenza è fortemente sbagliata, innanzitutto perchè nel caso specifico stiamo parlando di bambini molto piccoli, perciò dal punto di vista funzionale sarebbe impossibile mettere in pratica ciò che viene appreso sulla sessualità ed anzi, la reazione più plausibile in un primo momento è il rifiuto! Inoltre, come suggeriscono dati statistici, in tutti i paesi europei in cui sono inseriti programmi di educazione affettiva e sessuale a scuola,il tasso della gravidanze precoci è altamente inferiore rispetto ai paesi in cui non è obbligatoria (tipo l’Italia), vi è un consumo maggiore di contraccettivi di barriera ed in alcuni casi, si alza l’età del primo rapporto sessuale. Quindi, la conoscenza incrementa la consapevolezza e la maturità affettiva, piuttosto che provocare un comportamento promiscuo o una sessualità precoce.

È complesso in questa sede ipotizzare delle possibili conversazioni tra genitori e figli, soprattutto perché ogni persona è unica e porta con sé un bagaglio di esperienze e conoscenze, suggeriamo per cui di ricorrere ai numerosi testi in commercio che trattano l’argomento ( “Così sei nato tu.4-7anni ”, “Col cavolo la cicogna!” di Alberto Pellai sono molto utili per bambini dai 4 ai 7-8 anni), oppure rivolgersi ad esperti che possano guidarvi e darvi piccoli spunti e suggerimenti per affrontare questa fase inevitabile e interessante della crescita dei vostri bambini.

Dott.ssa Sara Longari

Bibliografia

A. Pellai. Così sei nato tu . ED. Erickson, Trento 2014

A. Pellai. Col cavolo la cicogna!ED. Erickson, Trento 2009

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Tradimento: una voglia “nuda e cruda” dell’altro o insoddisfazione nascosta?

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E’ fuori dubbio che la parola tradimento è una delle più utilizzate e cercate nell’ultimo ventennio. Da sempre esistito, con l’avvento della tecnologia si è assistito ad un aumento radicale e sovraesposto di relazioni extraconiugali o semplicemente extra.

Dunque, cosa spinge uomini e donne a dar sfogo a questa voglia nuda e cruda dell’altro, diverso dal proprio partner?

Tradire etimologicamente deriva dal latino tradere ovvero dare o mettere nelle mani di. Oggi però viene utilizzata solo per assumere connotazioni negative, intendendo con tale termine chi ha mancato di fede; con un’immagine potrebbe assumere le sembianze di una pugnalata mossa contro colui o colei che si fida.
Un tempo ci si ancorava ai detti popolari tramandati dalle generazioni più anziane secondo cui “l’uomo è cacciatore” e dunque per natura sarebbe legittimato al corteggiamento, a prescindere dalla sua situazione sentimentale. Con il tempo il mito è venuto meno, un pò perchè l’evoluzione femminile ha concesso vedute sicuramente più ambite, obiettive e raffinate; un pò perchè la tecnologia si è inserita prepotentemente nelle relazioni tale da dare a uomini e donna pari opportunità con il sesso opposto. Ne sono la prova le numerose chat online che in breve tempo, senza rendercene conto, sono diventate una prova soft e socialmente accettata delle vetrine a luci rosse di Amsterdam. Forse per qualcuno il paragone è un pò azzardato, ma il messaggio è più profondo: al di là dello scopo, proprio come per le vetrine, si passeggia per strada- ci si iscrive ad una chat-, si osserva – sulla home compaiono foto selezionate random o in base alle preferenze-, e si sceglie – si decide di chattare, mettere un like o passare alla prossima foto-.
Lungi dal voler criticare questo mezzo di conoscenza che, a parer mio, ha influito negativamente sul sentimento di vicinanza tipico dei rapporti umani, vorrei soffermarmi sull’aspetto tipico dell’articolo.
Se è vero che il tradimento è da sempre esistito, non possiamo negare che oggi ci si applica di meno per ottenere l’obiettivo: nella più banale delle ipotesi, bastano un cellulare e un profilo. E’ chiaro che sarebbe un errore osservare solo il fenomeno e non la motivazione/richiesta nascosta dietro l’atto agito!
L’essere umano è per natura un animale sociale destinato all’incontro con l’altro per una serie di svariate ragioni quali vantaggio economico, pressioni sociali o più semplicemente per dar voce ai bisogni umani di attaccamento, accudimento e sessualità.  La scelta del partner avviene dall’intreccio di una serie di bisogni e richieste – spesso inconsapevoli – che portano l’uno nella direzione dell’altro; una scelta/relazione destinata a modificarsi nel tempo.
In ogni caso, come afferma Claudio Angelo (1999), sia per quanto riguarda l’esigenza di sicurezza, sia per quanto riguarda una progettualità procreativa all’interno della relazione, il requisito indispensabile è l’esistenza di una fiducia di base nei confronti della persona con la quale viene stabilita la relazione. Diventa determinante a questo scopo la qualità del legame che si è creato con chi originariamente si è preso cura di noi.
Nel tradimento, a venir meno, è proprio la fiducia, tant’è che fiducia e tradimento sono due facce della stessa medaglia.

2319221_1559901_tradimento_come_si_scopreIl tradimento ha le radici nella condivisione di un noi che si è costruito precedentemente.
Secondo Gabriella Turnaturi (2000) il tradimento è per sua natura relazionale perché presuppone il rapporto con l’altro: persona, gruppo, istituzione, patria o stato che sia. Anche il tradimento di sé è frutto delle relazioni e interazioni vissute con gli altri e non si da in solitudine.

 

“Quando le cose non funzionano bene in camera da letto, non funzionano bene neanche in soggiorno.”

(W.H. Masters)

 

Perché si tradisce?

Da vari studi, emerge che i luoghi dove più spesso si ha possibilità di fare incontri, soprattutto i luoghi di lavoro, sono terreno fertile per il tradimento. Inoltre, al seguente articolo  è stato sfatato il mito secondo cui gli uomini tradirebbero più delle donne. A differenza del passato, oggi lo scenario è cambiato: la percentuale di tradimento negli uomini e nelle donne è stata quasi pareggiata; la differenza è presente, invece, nel modo: nello specifico sembrerebbe che gli uomini tradiscono più velocemente perché partono da un aspetto prettamente fisico al contrario delle donne che, invece, sentono il bisogno di sentirsi sedotte e corteggiate anche in una relazione solo di carattere sessuale, dunque senza investimento sentimentale. Al di là di questo, le ragioni del tradimento sono tante e svariate, ma soprattutto sono soggettive. Cercando di identificare dei cluster, potremmo dire che si tradisce perché:

  • La coppia non è autentica, si è formata per ragioni prettamente sociali. Ormai i matrimoni organizzati sin dalla nascita non sono più consuetudine (ad eccezione di qualche paese), ma a volte succede di continuare una relazione perché ci sono troppi vincoli familiari che impediscono la rottura. Più che soddisfare il bisogno di coppia si soddisfa un bisogno esterno alla coppia. In questo caso, si evita di provocare dispiaceri nelle famiglie di coppie che stanno insieme da troppo tempo o condividono interessi lavorativi.
  • Sono mutati i sentimenti iniziali. Robert Sternberg (1986) propone, in relazione all’amore, una teoria particolarmente interessante conosciuta come “Teoria triangolare dell’amore”. Quest’ultimo, vede l’amore come un sentimento profondo, risultato di tre componenti essenziali: Intimità, Passione e Decisione\Impegno. L’intimità identifica sentimenti di confidenza, condivisione, l’ aprirsi all’altro, accogliere e prendersi cura dell’altro, dando notevole importanza al rapporto che si instaura con il prossimo. La passione riguarda l’aspetto propriamente carnale e fisico che caratterizza una storia d’amore, fa riferimento al desiderio sessuale che si prova per l’altro ma non solo. In senso ampio del termine ci si riferisce proprio ad un desiderio di dominio, di appartenenza, sottomissione, di affiliazione. Infine, la componente decisione/impegno, riguarda due aspetti o passi: il primo passo riguarda la decisione e consiste nella scelta di amare qualcuno (passo a breve termine), il secondo invece (passo a lungo termine) è l’impegno che ci si assume per mantenere viva la relazione scelta. Non sempre però i due aspetti sono collegati o comunque non sempre alla decisione segue l’impegno, così come non sempre il secondo è conseguenza del primo. Questo, per dire che il processo iniziale di innamoramento, con il tempo, è destinato a mutare: nessuna coppia si ama come il primo giorno! Ammettere questo non è un errore e non è nemmeno cattivo, si tratta di una realtà che vede l’amore evoluto: all’innamoramento iniziale, subentrano il bisogno e la volontà dello stare insieme, di condividere un percorso che vede la costruzione di un progetto condiviso.
  •  E’ subentrata la monotonia di coppia. Questo aspetto è molto importante nel tradimento. Prendiamo in causa due tipi di monotonia che possono essere deleteri per la coppia: la monotonia relazionale e sessuale. Nel primo caso, si vive la voglia della novità dell’altro che è, in quel momento, portatore/portatrice di stimoli mancanti e di cui si ha necessità perchè il rapporto ufficiale è diventato troppo abitudinario. Il secondo, invece, porta con sè il silenzio legato al tabù sessuale. Quante sono le coppie che condividono le proprie fantasie sessuali? Quattrini (2013) afferma che pur essendo bombardati da tanti e pressanti stimoli sessuali tipici di una società tecnologica e informatizzata, la coppia di oggi è a rischio perché, nonostante tutte le sollecitazioni esterne, restano diffusi confusione, ignoranza e stereotipi (… ) Nella maggior parte dei casi, infatti, i partner vivono e percepiscono l’esperienza erotico-sessuale come strettamente vincolata a particolari forme di dovere, all’interno di inconsapevoli schematismi, dove il piacere diventa ritualizzato, standardizzato, privo di gusto inebriante tipico dell’orgasmo. La mancata comunicazione sui bisogni sessuali comporta un alto rischio per la coppia e, rischiando di divorare la passione, quasi inevitabilmente si andrà a cercare altrove quello che non si ottiene. In tal caso, oltre alla monotonia, entra il gioco il gusto eccitante della trasgressione e del segreto. Alla luce di un rapporto insoddisfacente, si è attratti dal desiderio di provare ancora emozioni forti legate non solo all’aspetto prettamente sessuale ma anche all’ebrezza del corteggiamento sia agito che subito.  E’ importante non tralasciare l’eventuale presenza di disturbi sessuali che, se evitati, possono diventare motivo di allontanamento non solo fisico ma anche emotivo, come risposta ad una unione di coppia vissuta a metà. Come dichiarato da Fenelli e Lorenzini (2013) un disturbo sessuale è una manifestazione cognitiva e comportamentale, individuale e relazionale considerata sgradevole dal soggetto stesso e che tende ad automantenersi. Dunque, l’individuo mette in atto ripetutamente un comportamento che ritiene sgradevole e che gli causa sofferenza. Il legame di coppia è prima di tutto comunicazione, e tante sono le persone che non comunicano preferendo un silenzio che è tutto tranne che complice. 

Alla luce di quanto detto, il tradimento sembra essere un atto rivoluzionario, di cambiamento. C’è chi lo fa perché non è in grado di rinunciare alle esperienze di vita, pur essendo in coppia. E’ il caso dei traditori seriali o cronici, che meritano un articolo separato. Poi, c’è chi tradisce perché non si sente all’altezza di affrontare di petto le situazioni o spera che col tempo le cose possano cambiare. In questo caso, generalmente, la coppia va sempre più in crisi oppure si creano vite parallele perché la situazione sfugge di mano. In alcuni casi, però, spiega Valeria Ugazio (2019), soprattutto a ridosso di un matrimonio o una convivenza, i partner proprio perchè sentono di aver trovato il compagno della loro vita, ne prendono le distanze attraverso una rinfrescante parentesi. Si tratta di un viaggio che potrà essere condiviso nella coppia con ritrovato entusiasmo che tale viaggio ha prodotto (questo, dipende su che basi si è creata la coppia e da quanto queste esperienze possano essere o meno tollerate). 

hqdefaultNon sono poche le persone che contemplano la possibilità di vedersi con altri/altre pur riconoscendo la possibilità alta o quasi certa di rimanere in coppia. Allora, meglio viversi la vita, perché tanto è una sola e gli errori sono umani, o meglio fermarsi un attimo e chiedersi “Cosa voglio?”?

Mi preme sottolineare come dietro ogni problema apparente ce n’è uno sottostante che è il vero motivo di tensione. Dietro un tradimento c’è sempre un grosso fardello che nessuno oserà mettere in gioco per paura della perdita, del fallimento. Non è questa la soluzione, come non lo è nemmeno mantenere in vita una relazione ufficiale ed una ufficiosa.
La comunicazione è il processo che differenzia l’animale dall’uomo, ed è bene abituarsi più spesso a farne uso.  E’ un lavoro che richiede cura, responsabilità e sostegno da parte di esperti che guideranno la coppia nell’esplorazione di un Noi ma ancor prima di un Io. Noga Rubistein Nabarro e Sara Ivanir (1999) affermano che quando ci sono saldi sentimenti di affetto e la relazione coniugale è sufficientemente soddisfacente e stabile per quanto riguarda gli aspetti fondamentali, è comunque possibile utilizzare la crisi come leva per una migliore e più profonda intimità e per lo sviluppo di schemi relazionali di sostegno reciproco. 

Le relazioni nascono e possono finire, ma nel mezzo c’è il mettersi in gioco: è solo mediante una comunicazione efficace che possiamo fare chiarezza e capire se quella relazione merita di essere vissuta o è arrivata al capolinea.

Dott.ssa Teresa Marrone

 

Bibliografia

Angelo, C. (1999) La scelta del partner. In: Andolfi, M. (a cura di) La crisi della coppia. Una prospettiva sistemico relazionale. Raffaello Cortina Editore, Milano. 

Fenelli, A., Lorenzini, R. (2013) Clinica delle disfunzioni sessuali.  Carocci Editore, Roma.

Quattrini, F. (2013)Non smettere di giocare. Casa Editrice TEA, Milano.

Rubistein Nabarro, N., Ivanir, S. (1999) La scelta del partner. In: Andolfi, M. (a cura di) La crisi della coppia. Una prospettiva sistemico relazionale. Raffaello Cortina Editore, Milano. 

Sternberg, R. (1986) A triangular theory of Love. Psychological Review, 83, 119-135.

Turnaturi, G. (2000) Tradimenti. L’imprevedibilità nelle relazioni umane. Feltrinelli, Milano.

Ugazio, V. (2019) Tradire: una mossa pericolosa per la coppia? In: Rivista di Psicologia Contemporanea, n. 271, Gennaio-Febbraio 2019. Giunti, Firenze.

L’orgasmo: quali e quanti?

 

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L’orgasmo, dal greco orgáō , essere in preda al desiderio, e orgḗ, ovvero  ira, passione, indica il culmine del piacere sessuale, la massima espressione di quest’ultimo. William Masters e Virginia Johnson (1967) sono i pionieri di ricerche in campo sessuale ad aver osservato e descritto l‘atto sessuale nell’uomo e nella donna. Dagli studi di Masters e Johnson e di Helen Singer Kaplan, è emerso che  la risposta agli stimoli sessuali segue un continuum che si suddivide in 5 stadi: desiderio, eccitazione, plateau, orgasmo e risoluzione. Pur trattandosi di fasi condivise in uomini e donne, presentano reazioni diverse.

  • Fase del desiderio, caratterizzata dalla presenza di desiderio sessuale e fantasie erotiche.
  • Fase di eccitamento, si instaura a seguito di uno stimolo somatico o psichico che porta ad un aumento della spinta sessuale, necessaria ad innescare le altre fasi. Questa fase e l’ultima richiedono maggior tempo rispetto alle altre, perchè, ad esempio, in questa fase se lo stimolo non è sufficientemente adeguato, la tensione sessuale, per raggiungere il suo picco, può richiedere maggior tempo oppure estinguersi.
  • A seguito di una efficace stimolazione sessuale, dalla fase si eccitamento si passa a quella di plateau, nella quale viene raggiunto il livello massimo di piacere sessuale per accedere all’orgasmo. Però questo avviene solo a seguito di uno stimolo efficace.
  • Nella fase di orgasmo, che dura in genere pochi secondi,viene scaricata tutta la tensione sessuale. Nello specifico, al termine della fase di plateau nel terzo esterno della vagina (la prima parte del canale vaginale virtualmente divisa in tre parti) si crea quella che tecnicamente è definita “platform orgasmica”, una zona che stirandosi e tendendosi, grazie all’aiuto di fasce muscolari, crea contrazioni o spasmi involontari – Orgasmo- (Da osservazioni di laboratorio si stima una durata totale di 20 secondi con contrazioni da 5 a 8 una ogni 0.8 secondi).
  • Dopo la scarica sessuale, si accede alla fase di risoluzione; mediante la perdita della tensione sessuale, si assiste ad un processo inverso che porta l’individuo allo stato di non stimolazione.

Nella varie fasi del piacere sessuale in entrambi i sessi si assiste a reazioni genitali ed extragenitali. In un prossimo articolo ci soffermeremo ad analizzare tutte le cinque fasi di risposta sessuale; ora mi limiterò alla fase orgasmica e di risoluzione.

Negli uomini, l’eiaculazione decreta il raggiungimento della fase orgasmica, determinata da contrazioni del pene e degli organi secondari che sviluppano senso di eiaculazione. Analogamente, nella donna si hanno contrazioni della platform orgasmica a livello vaginale con contrazioni dell’utero.

La domanda “quali orgasmi e quanti?”, in verità, riguarda più le donne che gli uomini. Perchè?

In un precedente articolo  sono stati sfatati alcuni miti in materia sessuale e tra questi è stato menzionato il dubbio “Sei orgasmica o clitoridea?”. Studi del passato hanno indotto al pensiero comune secondo cui esista un orgasmo vaginale ed uno clitorideo. Nel tempo, però, varie ricerche hanno dimostrato il contrario: esiste un solo tipo di orgasmo, a cambiare è la stimolazione che produce eccitazione e piacere. Nello specifico,  “il clitoride rappresenta il punto focale di ricezione degli stimoli sessuali esterni e nello stesso tempo il punto finale … come organo recettore viene stimolato in modo indiretto o secondario durante il coito, in conseguenza dello stiramento del prepuzio delle piccole labbra operato dal pene.” (W.H. Masters, V.E Johnson, 1967). Dunque, parliamo di una stimolazione diretta o indiretta del clitoride che avviene con o senza coito (penetrazione).  

“… La risposta fisiologica dell’orgasmo è una sola, a differenza delle innumerevoli sensazioni emotivo-corporee di tipo orgasmico vissute dalla donna durante la stimolazione diretta e indiretta del clitoride e/o l’attività sessuale di tipo coitale (vaginale o anale).” (I.Consolo, 2017)

E l’orgasmo anale? Questo tipo di orgasmo, raramente menzionato ma fonte di curiosità non solo negli uomini, si genera dalla stimolazione della spugna perineale che è un tessuto erettile molto innervato, situato tra l’ano e la vagina. Questo tipo di orgasmo può essere raggiunto in due modi: tramite solo penetrazione anale o la contemporanea penetrazione anale e stimolazione clitoridea. I tabù legati al piacere anale sono tanti, in aggiunta alla paura di provare dolore: per tale ragione è importante osservare alcuni accorgimenti quali l’utilizzo di un lubrificante, un cuscino sotto il ventre, pulizia accurata, stimolazione della zona anale mediante il contatto orale -rimming- . 

Per quanto riguarda la numerosità orgasmica, dobbiamo osservare cosa avviene nella fase di risoluzione. Nell’uomo, a differenza della donna, si instaura un periodo refrattario che perdura per qualche minuto (questo, aumenta con l’età). In questo lasso di tempo, il ritorno del pene ad una fase di non stimolazione avviene in due stadi:  una rapida perdita di vasocongestione o un ritorno più graduale soprattutto se l’erezione è stata mantenuta a lungo nelle prime due fasi del ciclo sessuale. Lo scroto torna al suo normale aspetto rugoso e si ha l’abbassamento dei testicoli. Nella donna, il clitoride nel giro di pochi secondi torna alla sua normale posizione, la vagina acquista il suo normale colore e si ha risoluzione della vasocongestione della platform orgasmica creatasi nella fase di plateau, l’utero torna nella normale posizione, le grandi e le piccole labbra ripristino il normale colorito e le dimensioni di stato di riposo. La donna però non avendo il periodo refrattario, a giuste stimolazioni, se lo desidera, sarebbe in grado di raggiungere subito un nuovo orgasmo (orgasmi multipli).

Concludendo, la fase del desiderio riveste un ruolo altamente importante perchè è l’innesco dal quale si generano le fasi successive. Però, domande sbagliate portano molte persone a sentirsi carenti o mancanti di un particolare piacere che diventa Il Piacere. La scarsa conoscenza di se stessi e i limiti imposti dalla società alimentano importanti dubbi in materia sessuale tanto da generare colpe e responsabilità sullo scarso desiderio o mancato raggiungimento dell’orgasmo (diverse sono le donne che si chiedono: “Come sento di aver raggiunto l’orgasmo?!“).

guzel-salon-dekorasyonu-minimalist-tahmini-teslimat-zamanac2b1-of-guzel-salon-dekorasyonu.jpgIn queste considerazioni manca del tutto la dimensione relazionale e soggettiva. La sessualità maschile e femminile è un universo talmente ampio quanto estremamente soggettivo. Una corretta intimità è dettata da un insieme di fattori che creano un vortice che culmina nella massima espressione del piacere, intimità creata da stimoli sensoriali interni ed esterni (fantasie, sogni, immagini), ormonali e, non da ultimi, personali e culturali.

 

Dott.ssa Teresa Marrone  

 

 

 “Mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri.”

– ALDA MERINI-

 

 

N.B. Immagini prese dal web

 

Bibliografia

Consolo, I. (2017). Il Piacere femminile. Firenze: Giunti Editore.

Masters,W. H., Johnson, V. E. (1967). L’atto sessuale nell’uomo e nella donna. Milano: Feltrinelli.

 

Sitografia

https://iissweb.it/articoli/orgasmo-femminile/

http://www.benessere.com/sessuologia/arg00/orgasmo_2.htm

“Vestibolite vulvare e vulvodinia: quando il benessere sessuale della donna va in frantumi”

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  • Che cos’è la  vestibolite vulvare? 

La vestibolite vulvare è un’infiammazione multifattoriale e multisistemica della mucosa del vestibolo vaginale, ossia dei tessuti posti all’entrata della vagina e compresi fra il clitoride, la faccia mediale delle piccole labbra, la zona che circonda l’uretra e la parte esterna dell’imene (o dei suoi residui). Essa tende a cronicizzarsi, se non viene diagnosticata in tempo e se non viene sottoposta a un trattamento multidisciplinare sul piano medico, riabilitativo e psicosessuale (Graziottin, 2008).

  • Quando si trasforma in vulvodinia?

Quando il dolore vulvare diventa cronico, spontaneo o provocato, e si mantiene anche dopo la risoluzione del quadro infiammatorio, si parla di vulvodinia e di dolore neuropatico, che si genera nelle vie e nei centri del dolore, diventando malattia a se stante (Graziottin, 2008).

Il dolore vulvare cronico colpisce prevalentemente il 15% – 18% delle donne, giovanissime ed in età fertile, ma a volte colpisce anche donne in menopausa, causando alterazioni molto gravi della qualità della vita, con ricadute drammatiche soprattutto sulla sfera sessuale, e può diventare invalidante a livello di vita quotidiana (Elfio, 2016).

  • Quali sono  i sintomi principali lamentati dalle donne che ne sono colpite?

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L’eritema, di varia entità, della mucosa della vulva posta all’interno delle piccole labbra e intorno al bordo esterno dell’imene: guardandosi con uno specchio si può notare bene questo arrossamento, più intenso proprio nella parte del vestibolo vaginale;

Il bruciore e il dolore alla pressione, specie alle ore 5 e alle ore 7, se si immagina l’entrata vaginale come il quadrante di un orologio. Questo sintomo è molto importante e spiega l’importanza che il ginecologo, durante la visita, tenga sempre presente la “mappa” del dolore lamentato dalla paziente;

Il dolore acuto ai rapporti (dispareunia) e a ogni altro tipo di penetrazione anche superficiale (preliminari sessuali, visita ginecologica, inserimento del tampone assorbente per la protezione mestruale).

vulvodinia-vulva-violetab-spilliNei casi più avanzati si hanno sintomi caratterizzati da percezione come di “punture di spillo”, scariche elettriche sul clitoride e in area vulvare, ovvero tutti sintomi neuropatici, a cui si associa la contrattura della muscolatura pelvica verso l’ano, il perineo, o peso soprapubico o nei visceri, in uretra e vescica, a stretto contatto con questa muscolatura ipertonica, determinando anche talora stimolo alla minzione frequente o difficoltà di evacuazione (defecazione ostruita o stipsi). Per alcune di queste donne se la vulvodinia non è riconosciuta si cronicizza fino a rendere difficile sedersi su superfici dure o camminare (Elfio, 2016).

  • Quali sono le cause da cui origina la vestibolite vulvare prima di cronicizzarsi ed evolvere in vulvodinia?

L’infiammazione del vestibolo vaginale può essere attivata da agenti infettivi, immunitari, chimici, meccanici, ormonali e persino nervosi.  E’ importante capire che cosa provochi il dolore e individuarne con precisione i fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento sul piano biologico, psicosessuale e relazionale, perché solo così è possibile mettere a punto una terapia efficace.

Graziottin (2008) riporta che i tre fattori fondamentali che possono causare la vestibolite vulvare sono:

  1. l’iperattivazione del mastocita, che viene innescata dai seguenti fattori:

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  1. l’ipertono del muscolo elevatore dell’ano, che fisiologicamente attiva la contrazione difensiva di tutto il pavimento pelvico, in quanto dolente,in risposta all’infiammazione, per proteggere i tessuti da ulteriore trauma e dolore. La contrazione difensiva dell’elevatore ha cause di ordine biologico (scatenate da fattori urlogici, ginecologici o procotologici) e psicosessuale (dolore da penetrazione e/o genitopelvico).

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  1. l’iperattività del sistema del dolore, sia a livello periferico che a livello centrale è indotta dall’infiammazione cronica.
  • E’ possibile che anche il partner possa contribuire all’insorgere del disturbo?

E’ triste da dirsi, ma purtroppo si!

Il partner, innanzitutto, può essere portatore di germi (Papillomavirus, ceppi di Candida aggressivi o resistenti alle terapie, e altri batteri), che come abbiamo visto sono la prima causa scatenante l’iperattivazione del mastocita.
In secondo luogo, può soffrire di infiammazioni genitali: è possibile che un’infiammazione maschile comporti un passaggio di sostanze chimiche irritanti dall’uomo alla donna. Si tratta di un’ipotesi da considerare soprattutto quando la donna nota che, con l’uso del profilattico, l’infiammazione non si ripete più. Le infiammazioni maschili possono riguardare il glande (balanite), l’uretra (uretrite) e la prostata (prostatite). Dato che l’infezione prostatica comporta il passaggio di molecole infiammatorie e/o di germi nel liquido seminale, è possibile che in tali condizioni il liquido seminale possa risultare irritante per la mucosa vaginale e in particolare del vestibolo, specialmente se già infiammata.

  • Ci sono possibilità di cura e guarigione per queste patologie? 

L’omissione diagnostica porta con sé un pesante ritardo terapeutico che in media, nella vestibolite vulvare, è di 4 anni e 8 mesi: un fatto tanto più grave se si pensa che la diagnosi precoce è indispensabile per evitare il cronicizzarsi dei disturbi. Questa malattia può quindi essere curata e guarita. La guarigione richiede in media 6-9 mesi di cura. Il tempo di terapia può essere molto più lungo in caso di vulvodinia severa, dopo anni di dolore neuropatico perché la malattia non è stata diagnosticata e curata in tempo. In tal caso la componente antalgica della terapia diventa predominante (Graziottin, 2008).

  • Quali sono gli specialisti cui rivolgersi per risolvere questi disagi? 

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Vincere la vulvodinia è una sfida che richiede un approccio multidisciplinare, che impegna in prima linea i medici ginecologi e urologi, ma anche i neurologi, i fisioterapisti dedicati alla riabilitazione del pavimento pervico,  ma anche gli  psicologi, gli psicoterapeuti e i sessuologi (Elfio, 2016).

  • Quali le linee terapeutiche da seguire?

La terapia è efficace e risolutiva quando cura tutti i fattori che possono scatenare la malattia, pertanto deve essere messa a punto e personalizzata in base ai fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento, alla gravità e alla durata dei sintomi e all’esame clinico. L’interdisciplinarietà può aiutare molto a rileggere in chiave multisistemica processi altrimenti difficilmente spiegabili (Graziottin, 2008).

Le linee terapeutiche includono:

  • la riduzione dei fattori “agonisti” che, causando infiammazione tissutale, mantengono l’iperattività del mastocita; dunque è di fondamentale importanza la prevenzione delle recidive di infezioni vaginali; l’astensione dalla penetrazione finché non sia guarita l’infiammazione vestibolare, per evitare i microtraumi della mucosa; il cambiamento degli stili di vita inappropriati; la correzione della stipsi.
  • la riduzione diretta dell’iperattività del mastocita attraverso farmaci sostanze anti-infiammatorie da applicare sul vestibolo vaginale; 
  • il rilassamento dei muscoli perivaginali tesi con automassaggio e stretching; con biofeedback di rilassamento, una tecnica con cui la donna, impara a comandare correttamente il muscolo elevatore; con fisioterapia per la riabilitazione del pavimento pelvico;
  • la modulazione del dolore.

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Considerando che la vulvodinia rende complicata l’attività sessuale, fino a produrre tutta una serie di disagi assai invalidanti per la donna, determinando spesso una sindrome depressiva importante per la difficoltà di condurre una serena vita intima e di relazione, è necessaria anche una terapia antidepressiva di modulazione farmacologica, associata a psicoterapia,  essenziale per migliorare la compliance con la paziente e favorire la sua guarigione. Infine, una volta eliminato il dolore, è di fondamentale importanza per la donna intraprendere un’adeguata terapia sessuologica per ritrovare la piena normalità della risposta sessuale: desiderio, lubrificazione, orgasmo e, importantissimo, il piacere dell’intimità.

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

 

Bibliografia e Sitografia

 

Elfio, M. G., (2016) Vulvodinia e dolore neuropatico: esperti a confronto sul nemico subdolo delle donne (www.insanitas.it)

Gentili, C. (2018) Vulvodinia: quali sono i sintomi e come si cura (www.paginemediche.it)

Graziottin, A. (2008) Vestibolite vulvare e vulvodinia (www.fondazionegraziottin.org)

  1. Dalle cause alla diagnosi: l’iperattivazione del mastocita.
  2. Dalle cause alla diagnosi: l’ipertono muscolare e l’iperattivazione del sistema del dolore.
  3. La terapia

 

 

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Coppetta mestruale: dubbi e curiosità

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Ha fatto tanto discutere negli ultimi giorni la notizia secondo la quale gli assorbenti femminili siano tassati con l’iva al 22% perché non considerati beni di prima necessità, ma beni di lusso come le automobili, i gioielli e  l’abbigliamento, di contro invece l’iva sarebbe impostata al 10% per prodotti come il tartufo o le merendine (ricordiamo che per la categoria dei giochi tipo lotto e scommesse invece l’iva è esente). Eppure in media, 21.000.000 di donne in Italia li utilizza per almeno 40 anni di vita, per 4-5 giorni al mese. (fonte:https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/iva-assorbenti-in-italia/f12ec14a-424d-11e8-9398-f8876b79369b-va.shtml?refresh_ce-cp )

Siamo certe che qualsiasi donna abbia letto la notizia, abbia avuto non poche perplessità in merito a considerare un oggetto di utilizzo così fondamentale , un bene di lusso… ma cogliamo questa occasione per introdurre un argomento ancora pregno di dubbi e incertezze, che si prospetta essere una validissima alternativa agli assorbenti usa e getta che tutte conosciamo. Stiamo parlando della coppetta mestruale, ovvero una tazzina in silicone medicale, che non ha funzione assorbente del liquido mestruale, bensì di “raccolta” dello stesso, direttamente dal canale vaginale. A differenza dei tamponi, che sono appunto, assorbenti, la coppetta viene posizionata dentro la vagina e letteralmente “raccoglie” le perdite di sangue mestruale, per poi essere svuotata e reinserita nuovamente. Si presenta quindi come una soluzione altamente ecologica,anche economica, poiché la coppetta  lavata e sterilizzata ad ogni utilizzo, ha una durata di vita fino a 10 anni.best_menstrual_cups_singapore_-_how_to_choose_the_right_menstrual_period_cup_3

Seppur ancora poco diffusa, la coppetta mestruale ha origini antiche, le prime brevettate negli USA risalgono ai primi anni del 1900 ed erano prodotte in lattice, che però come sappiamo, può provocare in alcuni soggetti reazioni allergiche. Dal 21° secolo invece, fu introdotto il materiale che viene utilizzato anche nel settore medico, altamente igienico, resistente all’usura e compatibile con l’uso umano, ovvero il silicone medicale.  Oltre a non contenere sostanze chimiche per sbiancare e sterilizzare i materiali degli assorbenti usa e getta, la coppetta risulta anche più igienica poiché essendo interna non pone la pelle a contatto con l’umido o con materiali sintetici dei comuni assorbenti esterni che possono creare irritazioni, per questo, chi utilizza la coppetta ne esalta il fattore di comodità e maggior senso di freschezza durante l’utilizzo. Ma vediamo quali sono le domande maggiormente diffuse sulla coppetta mestruale:

  • Quanti tipi di coppetta esistono e come scegliere quella adatta a noi?

In commercio vi sono diverse tipologie di coppette per dimensione ed elasticità. La differenziazione più diffusa solitamente è tra una taglia più grande (per le donne che hanno avuto parti naturali o che hanno superato i 30-35 anni, poiché per loro è diversa la tonicità del pavimento pelvico, che quindi richiederà un tipo di coppetta maggiormente tonica) o una taglia più piccola per le nullipare che quindi potranno optare per una coppetta leggermente più piccola e flessibile. Ma vi sono aziende che invitano le loro acquirenti a misurare la tonicità del pavimento pelvico per scegliere tra diversi tipi di taglia della coppetta, tuttavia questo tipo di valutazione può risultare un po’ ostico per tutte le donne che non hanno molta dimestichezza con il proprio apparato genitale.

  • Come faccio ad inserirla in vagina? Mi sembra enorme!

Ricordiamo che la vagina è un organo elastico con delle capacità di estensione straordinarie: è capace di adattarsi e contenere peni di diverse dimensioni, inoltre, la consistenza della coppetta è flessibile.

  • Come si usa? E’ davvero igienica? Ogni quanto va cambiata?

Il meccanismo di inserimento è spiegato nel dettaglio su molti siti di vendita della coppetta, sui blog e sulle istruzioni della coppetta stessa. Dopo averla fatta bollire prima dell’uso, viene ripiegata ed inserita molto bassa in vagina, adoperando qualche accortezza per posizionarla correttamente. Naturalmente sarà necessaria un po’ di pratica prima di acquisire la corretta dimestichezza nel metterla e toglierla, ogni donna ha bisogno del proprio tempo e di fare qualche tentativo.

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Un ulteriore vantaggio della coppetta rispetto agli assorbenti è sicuramente il tempo di utilizzo durante il ciclo, poiché la capienza della tazzina varia (a seconda del ciclo) da 4 a 8 ore, durante le quali non vi è alcuna necessità di cambio e quindi viene meno anche l’incombenza di cambiarsi in luoghi pubblici o doversi per forza ricordare gli assorbenti di scorta. In caso di permanenze molto lunghe fuori casa, l’unica accortezza è lavarsi a fondo le mani e non appoggiare la coppetta sulle superfici dei bagni pubblici. Prima di reinserirla si potrà sciacquare con una bottiglia di acqua personale o con delle salviette imbevute (ricordiamo che l’ambiente vaginale non è un ambiente sterile al 100% ed anzi ha ottime capacità autopulenti, siamo state una vita con la pelle a contatto col sangue mestruale, ora non è che dobbiamo sterilizzare come nelle sale operatorie!!!). Inoltre, l’assorbente esterno, essendo cambiato molto spesso durante la giornata, non ci da la corretta percezione della quantità di flusso che abbiamo, quindi con la coppetta avremo un ulteriore informazioni su noi stesse. La capienza media è di 30 ml, una volta capito in quale momento della giornata dobbiamo svuotarla, basta versare il contenuto nel WC, sciacquarla e reinserirla.

Quindi tra i vantaggi annoverati alla coppetta mestruale vi è certamente il contributo a conoscere meglio il proprio corpo, a esplorarsi ed osservarsi per acquisire sempre più manualità nell’utilizzo della coppetta.

  • Si può fare sport/andare al mare?

Assolutamente sì, ed anzi si possono vivere esperienze di comfort maggiore che con il tampone interno.

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  • Quali sono gli svantaggi della coppetta?

Sicuramente come utilizzo non è automatico ed anzi, specialmente alle prime armi può risultare macchinoso l’inserimento e l’estrazione della coppetta, a causa del meccanismo di sottovuoto che si crea tra la coppetta e le pareti della vagina, tuttavia è soltanto una questione di pratica ed esercizio.

Se non posizionata correttamente, possono verificarsi delle perdite che indicano che non si è creato l’effetto sottovuoto. Sicuramente la fretta non è amica della coppetta.

Tuttavia, dalle opinioni delle donne restie a provare questo metodo alternativo agli assorbenti classici, vi è il disgusto di inserire le mani in vagina ed entrare a contatto col proprio sangue mestruale. Questo modo di pensare è probabilmente la conseguenza del pregiudizio che da secoli ha accompagnato il ciclo mestruale delle donne, ancora oggi argomento tabù di cui parlare sottovoce  (ne abbiamo parlato qui), ed è figlio di una cultura che scoraggia le bambine e le donne all’autoesplorazione del proprio corpo, attività invece che viene considerata “normale” per i maschi.

Cosa ne pensate dell’iva al 22% sugli assorbenti?

Avete mai pensato di usare la coppetta mestruale? Quali sono i dubbi che vi impediscono questo passaggio?

Scriveteci i vostri dubbi, le vostre opinioni e se volete saperne di più sull’argomento!

 

Dott.ssa Sara Longari

Sitografia:

https://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/19826-coppetta-mestruale

http://segretididonne.com/quanto-sono-importanti-le-dimensione-della-vagina-in-un-rapporto-sessuale/

Quanti centimetri misura la virilità maschile?

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Da sempre intorno all’ universo maschile regna sovrana l’importanza esagerata nei confronti del proprio pene. Parlo di esagerazione volendo sottolineare l’estremismo che porta uomini e donne a costruire false convinzioni di dubbia provenienza con le quali confrontarsi. In questo articolo cercherò di fare chiarezza su due principali interrogativi:

  • Perché la lunghezza del pene è da sempre ritenuta sinonimo di virilità maschile?
  • Le misure a letto contano o no?

IL PENE. L’organo sessuale maschile, fallo o pene, rispetto a quello femminile, vagina, è maggiormente sviluppato all’esterno, motivo per cui nasce spontaneo l’interesse maggiore per l’organo, dovendo mostrare qualcosa a qualcuno. Non esistono le dimensioni del pene perfetto e questo è avvalorato dalla storia e dalle rappresentazioni che ne derivano. Nei diversi periodi storici,  il pene è stato raffigurato nelle sue più svariate forme e dimensioni, con l’obiettivo di far passare determinati messaggi riguardanti il genere maschile. Ne “Le Nuvole” di Aristofane si cita quanto segue:

“Se farai come ti dico io avrai sempre un torace muscoloso, la pelle splendida, larghe spalle, lingua corta, chiappe sode e un pisellino piccolo. Se, invece, segui il moderno andazzo, avrai la carnagione malaticcia, spalle strette, un torace da nulla, lingua di bue, cosce scarne e un pisello enorme.”

Ciò dimostra che per greci, al contrario di quanto si pensa, un pene grosso non era né bello né sinonimo di virilità, convinti del fatto che in un pene lungo lo sperma potesse avere la possibilità di raffreddarsi diminuendo il suo potere di procreazione (ovviamente la scienza dimostra che così non è!). Per tale ragione, essi preferivano un pene piccolo.

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Inoltre, come afferma il professore di antichità classiche Andrew Lear “I greci associavano il pene piccolo e non eretto alla moderazione, una delle virtù principali del loro ideale di mascolinità” tale per cui un pene grande corrispondeva ad uno scarso controllo degli impulsi, in netto contrasto con l’ideale dell’uomo greco razionale, intellettuale e rispettabile. Questo canone di bellezza ed eleganza è sostenuto anche dal famoso David di Michelangelo che nella sua perfezione, per alcuni, presenta un “difetto estetico”. Oltre a rappresentare una caratteristica reale di un pene a riposo, sottolinea ancora una volta un ideale diverso dall’attuale.

Del tutto differente è la posizione dei romani per i quali da sempre il pene raffigura il potere legato non solo alla forza maschile ma anche al potere procreativo, tanto da considerare una raffigurazione di un pene eretto un buon metodo contro l’invidia. Interessante è la storia di Priapo, divinità romana, diventato simbolo di virilità estrema da cui deriva il nome della patologia chiamata Priapismo. Proprio come Priamo dall’enorme fallo che poteva penetrare uomini e donne affermando il suo potere incontrastato, chi è affetto da priapismo presenta erezione anche per molte ore, senza volerlo, nonostante l’avvenuta eiaculazione (il sangue non defluisce dai corpi cavernosi del pene). Per qualcuno potrebbe trattarsi di un evento interessante, ma non lo è per nulla perché a lungo andare questa difficoltà può intaccare i corpi cavernosi e la corretta funzionalità del pene.

LUNGHEZZA NON E’ SINONIMO DI SODDISFAZIONE. Dalle righe precedenti abbiamo potuto apprendere che sin dall’antichità si tende ad associare il pene a caratteristiche quali virilità, forza e potere; dunque, da questa prospettiva, si potrebbe affermare che le dimensioni del pene contano! Secondo questo ragionamento, più un pene è lungo, più è virile e forte, più soddisfa sessualmente il/la sua partner. Davvero è così?! L’approfondimento scientifico ci suggerisce che la vagina è un organo elastico e distensibile (permette il passaggio di un bambino durante il parto!) in grado di adattarsi a qualsiasi dimensione. “Le pareti sono elastiche e si adattano normalmente a ciò con cui entra in contatto, tale aspetto anatomico permette alla vagina di non perdere mai il contatto con il pene durante il coito, quindi, 12 cm o 16 cm non sembrano avere poi questa diversità se associati alla funzionalità dell’atto sessuale.” (F. Quattrini, 2017)     

Da questo punto di vista, tralasciando l’aspetto preferenziale che è soggettivo, possiamo affermare che nella sua funzione sessuale un pene di 12 cm è uguale ad uno di 16. Il dilemma dimensione viene vissuto da tutti i ragazzi in fase di crescita: la sindrome da spogliatoio, le goliardie tra amici e giochi del tipo “chi fa la pipì più lontano” sono tutte situazioni all’interno delle quali nasce la sfida del membro maschile con annesse ingiurie e derisione del mal capitato con qualche centimetro in meno rispetto al gruppo lì presente. Non tutti, però, sanno che ci sono diversi modi di guardare un pene: è importante distinguere un pene visto in stato di flaccidità da uno osservato in stato di erezione (potete capire chiaramente che le dimensioni cambiano nettamente!).

lente-ingrandimento-pene“Capita spesso anche a uomini non patologici di affliggersi a causa del continuo confronto con altri. In questo caso, però, le preoccupazioni relative al proprio pene scaturiscono per lo più da un’errata percezione dovuta all’osservazione dei propri genitali da una prospettiva, per così dire, “scomoda” ovvero dall’alto verso il basso. Il risultato sarà una valutazione scorretta, soprattutto se si paragona quanto osservato su di sé con quanto visto su altri. In questi casi esercizi come l’osservarsi allo specchio per cogliere la propria fisicità da una differente prospettiva, magari provando a decentrarsi immaginando di osservare il corpo di un altro, possono essere di grande aiuto” (Quattrini, 2017).

Una persona curiosa è una persona che cercherà risposte e spesso le cerca nei contesti sbagliati: in fase adolescenziale, si cercano risposte ai cambiamenti fisici in corso; la scarsa informazione e prevenzione in materia sessuale aumenta i casi di primo approccio con la sessualità mediante la visione di filmati porno. Nasce quasi spontaneo il confronto tra il proprio organo genitale e quello dell’attore. Premettendo che gli attori porno vengono selezionati anche e soprattutto per la loro possenza e virilità, da diversi studi (Wylie e Eardley, 2007) emerge una grande variabilità nelle dimensioni del pene che, generalmente, presenta una lunghezza di 8-10 cm a riposo e 12-16 cm in erezione, in quest’ultimo caso la circonferenza è in media di 12 cm (la misurazione si effettua dal pube fino alla punta del glande). Più in generale, possiamo affermare che si definisce normale un pene eretto che oscilla tra i 12 cm e i 16 cm, macro, invece, un pene che in erezione va al di sopra dei 16 cm. Diversa è la condizione del micropene, un pene che in erezione è al di sotto dei 7 cm, in cui ci possono essere reali difficoltà durante la fase penetrativa del rapporto sessuale.

Questi luoghi comuni, purtroppo, aumentano ansie e timori negli uomini che sempre più spesso richiedono interventi chirurgici di allungamento o ingrossamento del pene (falloplastica). E’ importante fare un’ accurata diagnosi differenziale tra un problema anatomico per cui l’intervento chirurgico risulta indispensabile e la Dismorfofobia o Disturbo di dismorfismo corporeo, che, invece, è una preoccupazione esagerata per un difetto corporeo che risulta essere assente o minimo, percependo il presunto difetto come ingigantito rispetto al dato di realtà, avendone così una percezione distorta (Colombo & Robone, 2004). Nello specifico, l’ansia per il pene piccolo o “sindrome del pene piccolo” è stata descritta in letteratura in uomini che non si sentono soddisfatti, o sono eccessivamente preoccupati per la dimensione del pene, che ritengono (erroneamente) al di sotto della media (Wylie e Eardley, 2007). Ovviamente, si tratta di una percezione errata e non reale e oggettiva del pene che, in caso di intervento chirurgico, comporterebbe insuccesso perché non si tratta di un intervento legato alla corretta funzionalità del pene e soprattutto non vengono accuratamente prese in carico ansie e timori legati alla dismorfofobia peniena, che richiedono trattamento specifico dello specialista psicologo e sessuologo.

Concludendo, in materia sessuale ci sono tanti falsi miti di cui si è fermamente convinti e come direbbe Albert Einstein, “ E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.” Partendo dall’idea che pene grande non è sinonimo di potenza sessuale e nemmeno di godimento assicurato, è importante definire e sottolineare elementi che spesso vengono ignorati. Bisogna ammettere che una importante lunghezza e circonferenza vengono maggiormente apprezzate (elemento soggettivo) ma lunghezze fuori dalla media, in molte persone, provocano fastidio e dolore nonché tensione. Inoltre, è vero che un pene piccolo non permettere determinate posizioni e rischia un minore contatto continuo con la vagina, ma tanti hanno totalmente dimenticato l’importanza del clitoride che è il fulcro del piacere sessuale e può essere stimolato in tantissimi modi, direttamente o indirettamente. Per cui, prima di avviare confronti con lo specchio o con gli amici, prima ancora di fare autodiagnosi, è fondamentale rispolverare dimensioni legate alla sessualità in senso ampio, non solo penetrativa. Ancora una volta appare evidente l’importanza di una corretta educazione sessuale legata ad approfondimenti anatomici ed emozionali.

Dott.ssa Teresa Marrone

NB: Immagini prese dal web

BIBLIOGRAFIA

Colombo, P. P., Robone, C. (2004). Terapia farmacologica del Disturbo di Dismorfismo corporeo. Rivista di psichiatria.

Quattrini, F. (2017). Il piacere maschile.  Firenze: Giunti Editore.

Wylie,  K.R., Eardley, I. (2007). Penile size and the “small penis syndrome”. BJUI.

SITOGRAFIA

https://qz.com/689617/why-do-greek-statues-have-such-small-penises/?utm_source=parBBC

http://www.artediessere.net/la-sacralita-del-simbolo-fallico-di-tiziana-ciavardini/

Il Dolore come esperienza di Piacere erotico – sessuale estremo: il BDSM

La sessualità rappresenta l’insieme degli aspetti psicologici, sociali e culturali di un essere umano caratterizzata dall’espressione di fantasie, immaginazione, preferenze ed agiti dell’eros (Quattrini, 2015).

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Nel precedente articolo abbiamo introdotto le definizioni di Normalità, Trasgressione e Parafilia descritte da Quattrini (2015), il quale ha rimarcato l’importanza di individuare l’esperienza erotico – sessuale in un continuum che a differenti livelli può allontanare molti degli stereotipi socio-culturali che purtroppo vanno a rafforzare una “cultura ignorante” in favore di una promozione del benessere di tutti e per tutti. La seguente illustrazione rappresenta al meglio il continuum succitato:continuumSpecificamente, il primo step è rappresentato dalla normatività sessuale, intesa come aderenza ed appartenenza ad una specifica cultura e/o società, che spesso limita l’individuo nella vera espressione di sé. Il secondo step raffigura l’insieme dei comportamenti che si discostano dalla normatività socialmente condivisa, ovvero l’individuo decide di svincolarsi dagli stereotipi per riappropriarsi della propria personale espressione erotico – sessuale del piacere proprio e del/la partner, allo scopo di ottenere una gratificazione personale condivisibile con l’altro diverso da sé, che va oltre il discorso della procreatività. Dunque il primo passaggio naturale del continuum normativo – trasgressivo rappresenta l’esperienza dell’abbattimento dei tabù sessuali, confermato dalla apertura a nuove modalità di espressione erotico – sessuale che rappresentano diversi e significativi gradi di trasgressione, quali: l’utilizzo di sex toys; lo scambio dei ruoli sessuali; pratiche BDSM; poliamore e scambismo (Quattrini, 2015). Superato il confine della trasgressione si entra nell’esperienza parafilica, che è caratterizzata da una preferenza di un comportamento alquanto insolito che determina un’eccitazione sessuale, ma che comunque viene vissuto con serenità sia dall’individuo che dal/la partner. Viceversa, quando il comportamento parafilico mette in evidenza un particolare stato di distress e l’individuo manifesta conseguenze di disagio dal punto di vista sociale, lavorativo ed affettivo – relazionale, si entra nel vivo di un Disturbo Parafilico. Da ultimo, quando il comportamento sessuale atipico viene utilizzato dall’individuo con il fine ultimo di fare del male all’altro diverso da sé e dal quale non si ricava nessuna eccitazione e piacere erotico – sessuale, l’individuo rientra nei Sex Offender (Quattrini, 2015), pertanto gli ultimi due livelli del continuum necessitano dell’intervento clinico – terapeutico.

images (2)Il BDSM rappresenta una pratica erotico – sessuale estrema che si colloca nella dimensione trasgressivo – parafilica del continuum succitato, svincolata da controindicazioni e pericoli (Quattrini, 2015a).

L’acronimo BDSM raccoglie in sé una serie di significati specifici:

  • la B di Bondage, indica letteralmente “legame” sia di tipo fisico (l’utilizzo di corde, lacci, nodi) sia di emotivo – affettivo, ovvero uno dei partner accetta di farsi fare dall’altro tutto ciò che egli desidera.
  • La D di Domination, si riferisce al piacere di lasciarsi guidare nelle proprie esperienze, emozioni e sensazioni dalla volontà del partner che controlla l’esperienza erotico – sessuale. Ma la D indica anche Disciplina, ovvero il/la partner dominante impone le regole al/la partner sottomesso/a, che implicano una punizione nel momento in cui vengono disattese.
  • la S di Sottomissione, ma anche schiavitù e sadismo. In quest’ottica un partner si abbandona al piacere, donando sé stesso, lasciando che ogni sensazione e piacere siano guidate dall’altro. Le ragioni della sottomissione spaziano dal narcisismo (il partner sottomesso assume il ruolo di protagonista, tutto gira intorno a sé stesso); alla disinibizione (godersi in pieno la propria sessualità); alla deresponsabilizzazione; alla riappropriazione esperienziale; all’autoaffermazione (Ayzad, 2015).
  • La M di Masochismo si riferisce alle persone che hanno imparato a sperimentare attraverso la propria sensorialità, e all’interno di una situazione erotica, quegli intensi stimoli provocati da una sensazione di dolore, apprezzandoli positivamente.

Come evidenziato da Quattrini (2015), all’interno della coppia apertamente dominante/sottomessa è importante identificare il piacere come espressione del sentire: specificamente il Dom prova piacere non tanto nel far soffrire il partner, quanto nella conferma di poter attivare in se stesso e nell’altro, esperienze e  comportamenti di una sensorialità erotica, una dimostrazione di “possesso” assoluto. Il Sub, allo stesso tempo, non vive la sottomissione come emozione pura del dolore, bensì come facoltà concessagli di “sentire” il controllo del partner dominante, che si manifesta attraverso sensazioni difficili da ritrovare nella quotidianità o nell’esperienza sessuale convenzionale / normativa.

images (3)Ayzad (2015) ha descritto le regole fondamentali del BDSM basate sul rispetto; sull’educazione; sull’equilibrio; sul piacere e sul divertimento, allontanando gli individui da possibili pericoli. Tali regole sono basate su due principi: SSC (Sane, Safe and Consensual) e RACK (Risk – Aware Consesual Kink). Il primo rappresenta i concetti di Sano (evitare ogni danno di tipo fisico e psicologico al partner) Sicuro (evitare e prevenire ogni fattore di rischio tramite la conoscenza di sé stessi e del partner, ma anche avere chiari l’ambiente e il contesto di gioco, gli strumenti e la tecnica del gioco stesso) e Consensuale (conoscenza dei desideri e dei limiti propri e del partner). Il secondo fa riferimento alla consapevolezza dei partner circa il rischio che decidono di assumersi, in piena consensualità, durante le pratiche sessuali non convenzionali (RACK, letteralmente tradotto da Ayzad come “giochino erotico con i rischi di cui si è informati).

Gli elementi fondamentali sui quali il BDSM si erge sono i seguenti:

  1. Non esclusività: l’eros estremo è un bel gioco con cui arricchire il proprio repertorio sessuale, e che può benissimo essere praticato solo occasionalmente;
  2. Fluidità: i ruoli possibili non sono solo due, si può essere dominanti, sottomessi o switch, cioè passare serenamente da un ruolo all’altro a seconda del partner o dell’estro del momento.
  3. Rispetto: della persona con cui si entra in contatto, dei suoi sentimenti ed emozioni, della sua privacy e di tutto il resto;
  4. Comunicazione: elemento fondamentale in tutte le fasi del gioco: prima, per esplorare insieme le proprie fantasie; durante per stabilire un contatto ancora più profondo e stimolare l’eccitazione; dopo, per rivivere insieme l’esperienza e dirsi cosa è piaciuto di più e cosa meno in modo da rendere la prossima sessione ancora più bella;
  5. Negoziazione: si tratta di chiacchierare con l’altra persona e raccontarsi sinceramente quali fantasie erotiche si vorrebbero realizzare, quali sono le paure, i limiti e quali gli elementi indispensabili per divertirsi.
  6. Safeword: rappresenta un gesto e/o una parola che può essere utilizzata per porre fine al gioco appena le cose cominciano a diventare sgradevoli o non ci si sta più divertendo.

2016_01_21-BDSM-Brain-ILL-DQ_16-9-header1402640119Durante i percorsi di educazione sessuale per adulti, spesso, l’interrogativo che viene rivolto ai cultori della materia da parte di neofiti o del pubblico in generale, che faticano a comprendere quanto una situazione dolorosa possa essere considerata piacevole, risulta essere il seguente: “Dolore e piacere sono diametralmente opposti? Come si spiega tutto questo?” Il legame tra piacere e dolore è profondamente radicato nella nostra biologia. Da un punto di vista neuroanatomico, le aree cerebrali (sistema mesocorticolimbico) legate al piacere e quelle legate al dolore sono contigue ed interconnesse. Specificamente in una situazione di dolore, il sistema nervoso centrale rilascia endorfine (proteine ​​che agiscono per bloccare il dolore e funzionano in modo simile agli oppiacei come la morfina per indurre sensazioni di euforia) ed adrenalina, di conseguenza aumentando la frequenza cardiaca aumenta in maniera direttamente proporzionale la sensazione di eccitazione e di appagamento psicosessuale.

Tra le tante, quali sono le pratiche BDSM più diffuse?

0D39E58Lo spanking (sculacciata) viene praticato sulle natiche scoperte ed è vissuto dai partner come espressione di un’eccitante rappresentazione di dominazione e sottomissione tollerata socialmente soltanto all’interno dell’esperienza erotico – sessuale (Quattrini, 2015). Può essere eseguito dal Dom usando le mani nude o specifici strumenti che ricordano la “punizione” come slapper (impugnatura a cui è attaccata una paletta di pelle morbida o cuoio) o paddle (paletta rigida di differenti materiali utilizzata per segnare le natiche).

31741Il bondage si base su una serie di costrizioni fisiche realizzate con delle legature utilizzando corde, nastri, corsetti, bavagli, cappucci che vanno ad impedire la libertà fisica del movimento, del guardare, del parlare e dell’ascoltare.

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Il tickling è l’arte erotica di fare il solletico, una forma di tortura in cui l’individuo immobilizzato subisce una serie di stimolazioni delicate ma irritanti, al fine di aumentare la percezione delle sensazioni corporee e del piacere.

tramplingIl trampling è una delle pratiche più amate dai cultori dello schiacciamento, o comunque delle sensazioni forti, dolorose, estreme. Consiste nello schiacciamento dei genitali da parte della/del partner, a piedi nudi o calzando particolari tipi di scarpe; l’eccitazione è raggiunta dalla combinazione di dolore e umiliazione.

Concludendo, Quattrini (2015) sostiene che le pratiche BDSM pur rimanendo ancora di nicchia non sono poi così rare all’interno delle coppie, indipendentemente dall’orientamento sessuale. In particolar modo il BDSM va considerato semplicemente un interesse erotico sessuale associato ad una subcultura, che non evidenzia aspetti di tipo psicopatologico bensì la sessualità è vissuta senza particolari difficoltà, in altre parole è un’espressione del piacere erotico – sessuale, che seppur estrema, nulla ha che vedere con i comportamenti o Disturbi Parafilici. All’interno della comunità BDSM è possibile incontrare differenti personalità, che nel rispetto di se stesse e degli altri promuovono una cultura della diversità, una sessualità atipica e non convenzionale.

 

Dott.ssa Consiglia – Liliana Zagaria

Bibliografia

Ayzad. (2014). BDSM. Guida per esploratori dell’erotismo estremo. Roma: Alberto Castelvecchi.

Ayzad. (2015). I love BDSM. Guida per principianti ai giochi erotici di bondage, dominazione e sottomissione. Roma: 80144 Edizioni.

Quattrini, F. (2015). Parafilie e Devianza. Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico. Firenze: Giunti.

Quattrini, F. (2015a). “Introduzione”. In Ayzad, I love BDSM. Guida per principianti ai giochi erotici di bondage, dominazione e sottomissione. (p. 4-9). Roma: 80144 Edizioni.

 

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I mille volti della sessualità: perchè diverso è uguale a perverso?

 

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fonte: deabyday.tv

Normalità, trasgressione e parafilia

Quando si parla di Eros, è facile perdere il confine tra ciò che è accettato e concepito come “normale”, poiché tipico, e ciò che invece (differendo dalla norma) è trasgressivo.  Ovviamente non possiamo  sapere quali siano le effettive condotte sessuali delle persone poiché è un aspetto strettamente intimo e privato, tuttavia un’ infrequenza statistica contraddistingue certe condotte come “atipiche” senza giudizio morale di sorta (Graziottin, 2004).

Ben altro discorso è  propagandare al “deviato e perverso” ciò che non è considerato “tipico” da una cultura o da un popolo.  Il concetto di normalità quindi è del tutto relativo ed ancorato, in realtà, al contesto storico e culturale : basti pensare ad alcune tradizioni, alcune pratiche o alcuni stati di famiglia che il secolo scorso  erano considerati del tutto “normali”, come ad esempio il fatto che le donne non potessero lavorare o guidare, ma fossero solo gli uomini ad assolvere questi compiti. Oppure ancora, in alcune culture è considerato normale punire un reato come l’omicidio, con lo stesso identico reato (pena di morte), oppure come in alcune popolazioni l’abbigliamento tipico preveda solo oggetti derivati dalle piante, per coprire i genitali, mentre per noi sarebbe impensabile andare in giro nudi (oltre che un reato punibile per legge), o per alcune culture sia la norma avere più di una moglie; gli esempi potrebbero continuare all’infinito, cambiando semplicemente provincia.  Quindi non esiste una “normalità universale”, ma piuttosto una normalità giuridica (ossia ciò che si discosta dalla regola è considerato “deviante), una normalità biologica (ciò che non è considerato sano, è “patologico”) ed una normalità statistica (che riguarda i dati che differiscono dal valore “medio” nella distribuzione gaussiana), tutto il resto è evanescente, soggettivo, dipendente dal contesto. Tuttavia in materia di sessualità maschile e femminile, tutto ciò che è considerato atipico viene definito come trasgressivo, deviante o addirittura “perverso” (ricordiamo che circolano tuttora dei siti divulgativi di stampo cattolico che associano la Pedofilia all’omosessualità, dichiarandola appunto come perversione).

Questo tipo di stereotipo è stato supportato fino alla fine degli anni ’70 anche dalla classificazione dei disturbi mentali del DSM II in cui vi era il concetto di Deviazione sessuale, in cui era compresa l’omosessualità, seguita da feticismo, pedofilia, travestitismo, esibizionismo, voyeurismo, sadismo e masochismo. I “devianti sessuali” erano coloro con un interesse sessuale verso “oggetti altri” rispetto a persone di sesso opposto, oppure direzionato ad atti sessuali non necessariamente legati al coito. Solo nel 3° DSM compare il termine “Parafilia” che riguarda una preferenza a scopo eccitatorio di oggetti non umani, oppure attività sessuali che comprendono la simulazione di sofferenza e umiliazione e una ripetuta attività sessuale con partner non consenzienti. Tuttavia, nell’ultima edizione del manuale, DSM 5, alle parafilie viene dedicato un capitolo a se stante e si differenziano dal Disturbo Parafilico. La parafilia quindi riguarda un “intenso e persistente” interesse sessuale per particolari attività che non prevedono esclusivamente la stimolazione genitale o i preliminari sessuali con partner umani maturi e consenzienti, tale tendenza può rivelarsi anche solo preferenziale, non necessariamente intensa, e perciò non necessita di intervento clinico. Diversa è la condizione di Disturbo parafilico, che comprende anche un’esperienza di disagio che accompagna i vissuti sessuali e che può arrivare fino ad arrecare danni a sé e agli altri. All’interno del colloquio clinico è necessario stabilire precisamente il limite tra parafilia e disturbo parafilico, ed in supporto di questa esigenza vi sono appositi strumenti standardizzati, oltre che l’approfondimento di fantasie, desideri e comportamenti parafilici . Spesso il concetto di perversione viene esteso a tutte quelle persone che utilizzano la sessualità non a fini di piacere erotico, ma per provocare dolore e sofferenza nell’altro, utilizzando la vittima per reiterare un vissuto doloroso mai elaborato, ma queste persone vengono definite più precisamente “sex-offender”(diverso quindi dalle pratiche sadomasochiste dove il fine ultimo è comunque il piacere), per dirla con le parole di Stoller (1975) si tratta di un meccanismo di erotizzazione dell’odio.

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Fuori da questo campo più strettamente clinico, vi è tutto un mondo che riguarda semplicemente la dimensione ludica ed interessante del piacere erotico-sessuale: tutto ciò, quindi manifesta  la personale sperimentazione scevra da tabù e stereotipi autoimposti e non, nella quale gli individui possono ritrovare quella dimensione di gioco in cui lasciarsi andare al piacere senza controllo razionale, questo spazio è la trasgressione.01297

Tutte le persone hanno fantasie erotiche, che spesso tengono nascoste perché le considerano bizzarre o perché temono che condividendole, gli altri possano considerarli “perversi”, semplicemente perché, come già detto, si discostano dall’idea tipica che hanno della sessualità. Ma l’esperienza trasgressiva, la realizzazione dei desideri erotici  può donare una sessualità diversa, interessante e sanatrice di una routine di coppia fatta solo di automatismi.  Come afferma il Dr. Quattrini, le trasgressioni possono essere rappresentate da qualsiasi esperienza nuova e diversa: modalità di espressione erotico-sessuali, l’utilizzo di sex-toys, scambio di ruoli sessuali o fare un’esperienza di scambio di coppia, sperimentare alcuni livelli di BDSM (bondage-dominazione-sadismo-masochismo) o semplicemente un’esperienza erotica fuori dalle classiche mura domestiche. La coppia tende ad addentrarsi fin da subito nelle dinamiche delle relazioni amorose, perdendo spesso la dimensione della scoperta, della sperimentazione, della trasgressione. Ma nonostante nel profondo ci sia un calo del desiderio e della ricerca di piacere erotico, si tende a dissimulare i bisogni e le fantasie, per favorire la quiete, non mettersi in discussione, non uscire dalla zona di comfort. Nella sessualità, spesso, monotonie e stereotipi giocano un ruolo fondamentale e risultano invalidanti per la funzionalità sessuale, molto più che le problematiche organiche. Imparare a giocare insieme, riscoprendo i desideri e attivando le fantasie erotiche, aiuta la coppia a non cadere in certe trappole (Quattrini,2013).

Date queste premesse iniziali, rimandiamo ad un prossimo articolo l’approfondimento degli ambiti che sono stati appena accennati in questa panoramica.  Ci occuperemo quindi nel dettaglio di : disturbi parafilici, BDSM e trasgressione.

Bibliografia:

Leilblum S. R. , Raymond C. R.. Principi e pratica di terapia sessuale. Ed italiana a cura di A. Graziottin. Cic edizioni internazionali. 2004, Roma

Quattrini F., Non smettere di giocare. TEA Milano, 2013

Quattrini F., Parafilie e devianza. Giunti, Firenze 2015

Dott.ssa SARA LONGARI

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Quanto sappiamo in materia si sessualità? #MitiECredenzeDaSfatare

Quando si parla di sessualità, in molti casi, si assiste ad un continuo braccio di ferro su chi sia il più forte o il più colto in materia. Tra una battuta e una risata c’è chi sfodera le proprie armi di“stallone”/”panterona” e chi, invece, si affida ai miti tramandanti di generazione in generazione.

Ma … tutto questo, rispecchia davvero la realtà? Quanto sappiamo veramente in materia di sessualità?

Di seguito, dieci miti e false credenze da sfatare!!!

1- LE DIMENSIONI DEL PENE CONTANO

Nell’immaginario maschile questa affermazione è vera. Sin dall’antichità, si tende ad associare il pene a caratteristiche quali virilità, forza e potere; dunque, da questa prospettiva, si potrebbe affermare che le dimensioni del pene contano! Però, l’approfondimento scientifico ci suggerisce che la vagina è un organo elastico e distensibile (permette il passaggio di un bambino durante il parto!) in grado di adattarsi a qualsiasi dimensione. “Le pareti sono elastiche e si adattano normalmente a ciò con cui entra in contatto, tale aspetto anatomico permette alla vagina di non perdere mai il contatto con il pene durante il coito, quindi, 12 cm o 16 cm non sembrano avere poi questa diversità se associati alla funzionalità dell’atto sessuale.” (F. Quattrini, 2017)

2- IN MEDIA IL PENE E’ LUNGO 18 CM

Questa è una credenza collegata alla precedente. Innanzitutto è importante fare una distinzione tra un pene visto in stato di flaccidità ed uno osservato in stato di erezione (le dimensioni cambiano nettamente!). Non di rado, il primo approccio con la sessualità avviene mediante la visione di filmati porno; nasce quasi spontaneo il confronto tra il proprio organo genitale e quello dell’attore. Premettendo che gli attori porno vengono selezionati anche e soprattutto per la loro possenza e virilità, da diversi studi (Wylie e Eardley, 2007) emerge una grande variabilità nelle dimensioni del pene che, generalmente, presenta una lunghezza di 8-10 cm a riposo e 12-16 cm in erezione, in quest’ultimo caso la circonferenza è in media di 12 cm (la misurazione si effettua dal pube fino alla punta del glande). Più in generale, possiamo affermare che si definisce normale un pene eretto che oscilla tra i 12 cm e i 16 cm, macro, invece, un pene che in erezione va al di sopra dei 16 cm. Diversa è la condizione del micropene, un pene che in erezione è al di sotto dei 7 cm, in cui ci possono essere reali difficoltà  durante la fase penetrativa del rapporto sessuale.

3- GLI UOMINI TRADISCONO PIU’ DELLE DONNE

Un tempo questa affermazione poteva essere ritenuta veritiera e in linea con la celebre frase tramandata negli anni “l’uomo è cacciatore”. Oggi lo scenario è cambiato: la percentuale di tradimento negli uomini e nelle donne è stata quasi pareggiata; la differenza è presente, invece, nel modo: nello specifico sembrerebbe che gli uomini tradiscono più velocemente perché partono da un aspetto prettamente fisico al contrario delle donne che, invece, sentono il bisogno di sentirsi sedotte e corteggiate anche in una relazione solo di carattere sessuale, dunque senza investimento sentimentale.

4- LA PILLOLA PROTEGGE DA GRAVIDANZE INDESIDERATE E MST

Al seguente articolo ho illustrato quali sono le varie tipologie di contraccettivi. La pillola, rientra nella contraccezione ormonale ed è il metodo contraccettivo più conosciuto dalle donne: è in grado di regolare l’attività legata all’apparato genitale e prevenire gravidanze. L’effetto preventivo, lo si ha solo seguendo con una certa regolarità l’assunzione giornaliera della pillola, prevista in genere per un ciclo di tre settimane con la sospensione di una. Prima di avviare la contraccezione ormonale è importante consultare lo specialista. La pillola, però, non protegge dalle malattie sessualmente trasmissibili: l’unico contraccettivo in grado di evitare il contagio della maggior parte delle MST è il preservativo, anche nella variante femminile.

5- CON LE MESTRUAZIONI NON RIMANGO INCINTA

Sicuramente non è frequente ma nemmeno impossibile. La variabilità è legata al processo di ovulazione che generalmente avviene tra il decimo e il quattordicesimo giorno di un ciclo regolare; sulla data precisa, però, non è possibile fare calcoli esatti perché una serie di fattori quali stress, stile di vita, eccitazione, alimentazione, possono anticipare o ritardare l’ovulazione. Da non sottovalutare anche la durata di vita degli spermatozoi: questi vivono fino a 5 giorni nel condotto vaginale, a differenza dell’ovulo che, una volta rilasciato, può essere fecondato fino a 24 ore dopo.

6- LE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI SI TRASMETTONO SOLO CON LA PENETRAZIONE

Le malattie sessualmente trasmissibili (MST), descritte nel nel seguente articolo , sono malattie trasmesse da una persona all’altra principalmente per contatto sessuale vaginale, anale e orale colpendo organi genitali, vie urinarie, bocca e gola. Il contagio può avvenire anche attraverso oggetti usati durante il rapporto. Sono causate principalmente da germi, batteri, virus, piccoli parassiti o funghi che possono trovarsi nello sperma, nelle secrezioni vaginali e uretrali, nel sangue e sulla pelle. Alcune, inoltre, possono anche essere trasmette al feto durante la gravidanza o al neonato mediante l’allattamento.

7- DOPO I SESSANT’ANNI NON SI FA SESSO

Questa idea stereotipata sembra essere legata, a mio avviso, più ad una visione soggettiva dell’anziano che al piacere di quest’ultimo in sè per sé. Innanzitutto mi preme sottolineare che l’età media per reputare una persona anziana si è nettamente alzata rispetto al passato e questo porta con sé una serie di cambiamenti legati non solo alle aspettative di vita ma anche all’immagine di sé. Oggi la cosiddetta fascia della terza età nutre aspettative ed interessi molto importanti che spesso vengono soddisfatti in luoghi di incontro all’interno dei quali si creano maggiori possibilità di conoscenza che, nella maggior parte dei casi, si tramuta in “semplice” piacere dello stare insieme e farsi compagnia. Parliamo di uno stare insieme diverso, più maturo, che non si limita all’atto puramente sessuale.    “Anche se con il passare degli anni si va affievolendo la spinta biologica legata alla riproduzione e ad altre aspettative più personali, permane, e in alcuni casi addirittura si rafforza, il bisogno di relazione, affetto, tenerezza, riconoscimento e rassicurazione.”(I. Consolo, 2017)

8- TU SEI VAGINALE O CLITORIDEA?

Studi del passato hanno indotto al pensiero comune secondo due esiste un orgasmo vaginale ed uno clitorideo. Nel tempo,però, varie ricerche hanno dimostrato il contrario: esiste un solo tipo di orgasmo, a cambiare è la stimolazione che produce eccitazione e piacere. Nello specifico,  “il clitoride rappresenta il punto focale di ricezione degli stimoli sessuali esterni e nello stesso tempo il punto finale … come organo recettore viene stimolato in modo indiretto o secondario durante il coito, in conseguenza dello stiramento del prepuzio delle piccole labbra operato dal pene.” (W.H. Masters, V.E Johnson, 1967). Dunque, parliamo di una stimolazione diretta o indiretta del clitoride che avviene con o senza coito (penetrazione).             “… La risposta fisiologica dell’orgasmo è una sola, a differenza delle innumerevoli sensazioni emotivo-corporee di tipo orgasmico vissute dalla donna durante la stimolazione diretta e indiretta del clitoride e/o l’attività sessuale di tipo coitale (vaginale o anale).” (I.Consolo, 2017)

9- UN UOMO E’ SEMPRE PRONTO A FARE SESSO

L’inganno di questa affermazione risiede nello stereotipo sbagliato dell’uomo come forza, potere e potenza, ragion per cui risulta difficile pensare che un uomo, di fronte ad una richiesta di sessualità, possa, in quanto umano, non accettare. E questo, non è sinonimo di debolezza, bensì manifestazione di un mondo fatto di emotività e di accettazione di bisogni che, senza timori, devono essere espressi e condivisi. E’ molto strano dover rimarcare l’ovvio, ma stereotipi di questo genere rischiano di intaccare l’autostima e la sessualità in generale per quello che da sempre si è erroneamente abituati a pensare.

10- LE DONNE NON SI MASTURBANO

Questo è un mito e allo stesso tempo un tabù da sfatare. Un tempo era prerogativa maschile, oggi per fortuna la visione è cambiata e sempre più donne praticano regolarmente l’autoerotismo che, tra i tanti benefici, migliora la vita sessuale, aiuta a vivere serenamente il contatto con il proprio corpo, riduce stress e tensioni, porta numerosi benefici all’apparato genitale. Ma soprattutto e non da ultimo, rende le donne più sicure di sé e di quello che desiderano: non si può affidare il proprio piacere ad un’altra persona senza prima conoscere se stesse. L’autoerotismo permette di entrare in contatto con la parte più intima di sé e riuscire a comunicare con maggiore serenità i desideri legati al piacere, dunque “ dona sicurezza alla donna e la libera da numerosi timori che prima di un incontro sessuale a volte nutre. La rende più fiduciosa e autonoma dal partner per raggiungere l’orgasmo e, se praticato con regolarità, fa in modo che la donna abbia le redini nelle sue relazioni sessuali indipendentemente dal fatto che il partner sia esperto o meno.” (I. Consolo, 2017)

Queste sono solo alcune delle numerose domande a cui rispondere, tanti sono i miti da sfatare. E tu lettore/lettrice, hai qualche domanda da pormi?  Non esitare, libera la curiosità! 

Dott.ssa Teresa Marrone

BIBLIOGRAFIA

Quattrini, F. (2017). Il piacere maschile.  Firenze: Giunti Editore.

Wylie,  K.R., Eardley, I. (2007). Penile size and the “small penis syndrome”. BJUI.

Consolo, I. (2017). Il Piacere femminile. Firenze: Giunti Editore.

Masters, W., Johnson, V. (1697). L’atto sessuale nell’uomo e nella donna. Milano: Feltrinelli.

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